Gender Bender, arrivato alla 15ma edizione, è sicuramente il Festival gay più innovativo d’Europa (e forse del mondo). Ideato da Daniele Del Pozzo e prodotto ogni anno da Il Cassero LGBT Center di Bologna si definisce come “il festival internazionale che presenta al pubblico italiano gli immaginari prodotti dalla cultura contemporanea legati alle nuove rappresentazioni del corpo, delle identità di genere e di orientamento sessuale”, spazia tra proiezioni cinematografiche, spettacoli di danza e teatro, performance, mostre e installazioni di arti visive, incontri e convegni di letteratura, concerti e live set di musicisti e dj, party notturni.
Riportiamo di seguito (dal sito Gender Bender.it) solo l’ampio programma del settore cinema. Per tutte le altre sezioni potete consultare il sito ufficiale.
After Louie
(USA/2017) di Vincent Gagliostro (100’) V.O. sott.
Cinema Lumière
25/10/2017 h: 22:00
04/11/2017 h: 20:00
Direttamente dal London LGBT Film Festival arriva un film che esplora le contraddizioni della comunità gay newyorkese: da una parte la generazione che si è battuta per i diritti ed è stata decimata dall’Aids, dall’altra quella dei più giovani, che sembra vivere un presente di apatia ed edonismo, mostrando indifferenza per le battaglie del passato. Ma quando il maturo e disilluso Sam incontra il giovane Braeden, i reciproci pregiudizi verranno messi in discussione.
Il regista del film,Vincent Gagliostro, dopo una carriera come art director nella moda e nella bellezza ha diretto video musicali, realizzato installazioni video e cortometraggi che sono stati presentati in vari festival internazionali. Nel 1987 è stato uno dei fondatori di ACT UP, organizzazione internazionale nata con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla pandemia dell’Aids e sulle condizioni di salute dei malati. Sam, il protagonista di After Louie interpretato da Alan Cumming, è un “veterano” della comunità gay, un ex attivista della prima ora proprio come Gagliostro, un tormentato artista in piena crisi creativa, mentre Braeden (Zachary Booth) è un giovane distaccato e schietto, che vive una relazione aperta con un malato di Hiv e che inizia a frequentare Sam non disdegnando di essere pagato per le sue prestazioni sessuali.
Sarà proprio questo incontro intergenerazionale a svegliare Sam dal suo torpore e a ridare nuova linfa al suo talento artistico.
Rebels On Pointe
(USA/2017) di Bobbi Jo Hart (90’) V. O. sott. PRIMA NAZIONALE – DOC
Cinema Lumière
26/10/2017 h: 20:15
01/11/2017 h: 22:00
I backstage, la storia e i protagonisti del celebre Les Ballets Trockadero de Monte Carlo, la compagnia tutta maschile di ballerini en travesti fondata 40 anni fa a New York sull’onda dei moti di Stonewall, che parodiando il compassato balletto classico ha rivoluzionato il mondo della danza e della cultura.
Il documentario di Bobbi Jo Hart alterna immagini d’archivio a performance live tratte dalle tournée in Nord America, Europa e Giappone, senza dimenticare le interviste e le storie toccanti dei componenti della compagnia: dal cubano Carlos Hopuy, sposato con il collega italiano Paolo Cervellera e primo ballerino maschio del suo Paese a ballare sulle punte, a Chase Johnsey, che durante le riprese del documentario sposa il ballerino spagnolo Carlos Renedo.
“Non avendo nessuna esperienza di balletti, ho girato questo documentario dal punto di vista di un bambino curioso, con un grande rispetto per la passione e la dedizione della compagnia e per la loro incredibile storia” (Bobbi Jo Hart).
Bobby Jo Hart è una documentarista americano-canadese con oltre 20 anni di premiata carriera alle spalle. I suoi documentari raccontano persone e vite fuori dall’ordinario, alle prese con sogni, amori, sconfitte e successi, cadute e risalite, regalandoci un ritratto intenso e sfaccettato dell’umanità. Tra i suoi ultimi lavori: She Got Game (2003), I Am Not A Rockstar (2012).
Signature Move
(USA/2017) di Jennifer Reeder (80’) V.O. sott.
Cinema Lumière
26/10/2017 h: 22:00
Zaynab fa l’avvocato a Chicago, è pakistana, lesbica e musulmana e, come se non bastasse, appassionata di wrestling: un po’ troppo per sua madre Parveen, che all’oscuro di tutto passa le sue giornate chiusa in casa a guardare telenovelas pakistane, sognando che sua figlia si trovi un fidanzato e si faccia una famiglia. L’incontro tra Zaynab e Alma, messicana, complicherà ulteriormente le cose e costringerà Zaynab a fare i conti con la sua doppia vita.
Girato in appena 18 giorni, Signature Move è un film che parla di donne, scritto e diretto da donne e ambientato in una Chicago periferica e multietnica, poco vista sul grande schermo. Fawzia Mirza, che interpreta Zaynab, ha anche scritto il film con Lisa Donato e oltre ad aver esercitato come avvocato, è lesbica, pakistana e musulmana proprio come la protagonista del film e da sempre si batte per i diritti LGBT.
Jennifer Reeder dirige un film che parla di amore, ma anche di emancipazione: “Sebbene le donne mussulmane siano dipinte come persone che devono essere salvate, qui nessuno deve essere salvato” ha dichiarato la regista. “Queste donne, come chiunque altro, stanno solo cercando di capire tutto… in questo caso con l’aiuto di un po’ di wrestling”.
In piena era Trump, Signature Move è un omaggio al cuore multiculturale dell’America e alla sua tradizione di accoglienza e rispetto delle diversità: etniche, sessuali, generazionali.
Hello Again
(USA/2017) di Tom Gustafson (105’) V.O. sott.
Cinema Lumière
27/10/2017 h: 22:00
Trasposizione cinematografica del musical cult di Michael John LaChiusa (oltre cento repliche tra il 1993 e il 1994 al Lincoln Center di New York), a sua volta tratto da Girotondo di Arthur Schnitzler: dieci personaggi che, a coppie, si incontrano in dieci scene diverse, dando vita ad altrettante schermaglie amorose ambientate ognuna in un decennio diverso del Novecento. Un’irresistibile cavalcata attraverso gli orientamenti sessuali e di genere, accompagnata da un’eclettica colonna sonora che ripercorre un secolo di stili e generi musicali.
Rispetto al dramma di Schnitzler, il film (come il musical) sposta l’azione a New York, a partire dal 1901 fino agli anni Novanta, e varia la composizione dei personaggi, esplorando diverse tipologie di esperienze amorose e sessuali con uno sguardo spesso da entomologo. La quasi totalità delle parti cantate è stata eseguita dal vivo durante le riprese del film, il che ha costituito una sfida notevole per gli attori e contribuito a rendere le scene ancora più vive e coinvolgenti. Una serie di elementi ricorrenti (location, frasi, costumi) fa da pendant tra le varie scene, creando un collante narrativo che tiene insieme le dieci vicende, come in un ciclo di affreschi sullo stesso tema.
Hello Again vede di nuovo il regista Tom Gustafson in tandem con lo sceneggiatore Cory Krueckeberg, dopo il musical Mariachi Gringo (2012) e Were The World Mine (2008).
Jesus Is Dead
(Patay na si Hesus, Filippine/2016) di Victor Villanueva (90’) V.O. sott. PRIMA EUROPEA
Cinema Lumière
28/10/2017 h: 20:00
Iyay (la bravissima Jaclyn Rose, premiata come miglior attrice al festival di Cannes 2016 per Ma’ Rosa) ha cresciuto da sola i suoi tre figli: l’immaturo e irrisolto Jay, Jude, ragazzo transgender in crisi sentimentale, e il giovane Bert, scatenato ballerino affetto da sindrome di Down che va matto per Britney Spears. Alla notizia della morte di Jesus, ex marito e padre dei ragazzi, la donna decide di partire alla volta del suo funerale a bordo di uno sgangherato minivan, portando con sé la sua riluttante famiglia.
Victor Villanueva dirige un road movie irriverente e iconoclasta, un Little Miss Sunshine in salsa filippina tratto da una sceneggiatura semibiografica di Fatrick Tabada: “proprio come nel film – racconta lo sceneggiatore – “quando mio padre morì aveva lasciato la mia famiglia da 13 anni. E come loro, anche noi siamo andati al suo funerale”.
La famiglia atipica di Jesus Is Dead è formata da soggetti che spesso non trovano spazio nei media mainstream, o che se presenti, sono rappresentati negativamente o ridicolizzati. Il film, pur muovendosi spesso su un registro comico, ci regala ritratti assolutamente credibili di persone mostrate in tutta la loro complessa e articolata umanità, e uno spaccato di una società – quella filippina odierna – molto più aperta e sfaccettata di quanto ci si aspetti.
A Quiet Passion
(GB/2016) di Terence Davies (125’) V.O. sott.
Cinema Lumière
28/10/2017 h: 22:00
Una scommessa difficile, quella di girare un film su una poetessa che visse gran parte della sua esistenza autoreclusa in casa: ma il biopic di Terence Davies su Emily Dickinson è una scommessa vinta, che si muove in perfetto equilibrio tra dramma e inattesi momenti di humour. È Cynthia Nixon (Miranda di Sex and the City) a dare volto e voce alla poetessa, di cui A Quiet Passion racconta vita interiore, passioni, amori e ossessioni.
Davies scrisse la sceneggiatura del film pensando sin da subito a lei: “Il nostro produttore Sol (Solon Papadopoulos) prese una foto di Cynthia e sovraimpresse il suo volto sul dagherrotipo di Emily Dikinson. Era identica a lei. Sapevo di aver visto giusto” ha dichiarato. Nel cast del film figurano anche Emma Bell, nei panni di Emily da giovane, e Keith Carradine nel ruolo di suo padre.
Girato in Belgio, dove sono stati ricostruiti gli interni di casa Dickinson, e ad Amherst (il paese del Massachusetts dove la poetessa trascorse la sua esistenza) per gli esterni, il film è stato proiettato in anteprima mondiale alla Berlinale 2016. “Un capolavoro assoluto e folgorante” secondo The New Yorker.
Upon The Shadow
(Tunisia/2017) di Nada Mezni Hafaiedh (80’) V.O. sott. PRIMA NAZIONALE – DOC
Cinema Lumière
29/10/2017 h: 18:00
Nel 2013 la giovane blogger e attivista Amina Sboui scandalizzò la società tunisina postando su FB una sua foto a seno nudo con la scritta “Il mio corpo mi appartiene”. Dopo aver aderito al movimento femminista FEMEN, se ne dissociò accusandolo di islamofobia. Upon The Shadow ci offre uno sguardo intimo e diretto sulla vita quotidiana di Amina e su quella dei suoi amici della comunità LGBT, respinti dalle loro famiglie e dalla società (in Tunisia le relazioni omosessuali sono punite con tre anni di reclusione): il travestito Sandra, i gay Ramy e Ayoub, il gay travestito Atef.
La regista, Nada Mezni Hafaiedh, ha deciso di realizzare un documentario su Amina dopo averla contattata su Facebook: “Sono sempre stata affascinata da lei”, ha dichiarato. Ma una volta entrata in contatto con la comunità LGBT che gravita attorno ad Amina, ha deciso di allargare il suo sguardo su quelle storie che in Tunisia nessuno racconta.
Classe 1984, Nada Mezni Hafaied si è diplomata alla School of Cinema di Montreal e nel 2009 ha deciso di tornare nel suo Paese d’origine, la Tunisia. Qui ha girato il suo primo film, Hekayat Tounisia 2010 (Tunisians Stories), una mappa della società tunisina. In Upon the Shadow ha voluto raccontare quanto sia difficile condurre una vita sessualmente libera in una società omofobica come quella tunisina.
Pushing Dead
(USA/2016) di Tom E. Brown (110’) V.O. sott. PRIMA NAZIONALE
Cinema Lumière
29/10/2017 h: 20:00
Dan, squattrinato scrittore di San Francisco sieropositivo da 22 anni, per un disguido burocratico perde il diritto al sussidio per i farmaci che assume quotidianamente e si ritrova a fare i conti con le assurdità kafkiane del sistema sanitario americano. Dosando humour nero e dramma sentimentale, Pushing Dead allarga lo sguardo sulle complicazioni, le difficoltà e le fragilità delle relazioni umane. Nel cast, oltre a James Roday nei panni di Dan, anche Danny Glover (Arma letale, Il colore viola), che interpreta il proprietario di un nightclub cacciato di casa dalla moglie.
Tom E. Brown, pur essendo a sua volta positivo all’Hiv da anni, non ha voluto fare un film autobiografico, anche se la storia racconta in qualche modo il suo rapporto con l’Aids: “Ad un certo punto ho cominciato a vedere la cosa che c’era tra me e l’Aids come un matrimonio. Diventa una parte di te, fate pace, vi sposate, e andate avanti”. Ma nel suo raccontare le difficoltà di tutte le persone indigenti che negli Stati Uniti sono costrette a pagare migliaia di dollari per curarsi, Pushing Dead risulta drammaticamente universale e attuale, di fronte ai tentativi con cui l’attuale amministrazione sta cercando di smantellare la riforma sanitaria voluta da Obama. Premio del pubblico al Frameline 2016.
England Is Mine
(GB/2017) di Mark Gill (94’) V.O. sott.
Cinema Lumière
29/10/2017 h: 22:00
Struggimenti, insicurezze e sogni di gloria dell’introverso Steven Patrick Morrissey, prima di diventare il leader della rock band The Smiths. Steven adora Oscar Wilde e i New York Dolls, vorrebbe scappare dalla sua famiglia irlandese e dall’ambiente soffocante della working class, e mentre è costretto a lavorare in un oscuro ufficio delle imposte sogna di sfondare nel mondo della musica. England Is Mine racconta più di ogni altra cosa il desiderio disperato di esprimere se stessi per sentirsi vivi: “Come si esce da una città che sta cercando di farti apparire come tutti gli altri? Come puoi essere te stesso? Stai affogando in un mondo al quale senti di non appartenere, e come ogni persona che affoga, ti aggrappi alle cose che possono tenerti a galla” (Mark Gill).
Nel suo biopic non autorizzato sul giovane Morrissey, ambientato nella Manchester degli anni Settanta e Ottanta, in piena era Tatcher, Mark Gill mette in secondo piano ogni pretesa di “verità storica”, focalizzandosi sull’acerbo carisma del suo protagonista (interpretato da Jack Lowden, il pilota della RAF in Dunkirk) e regalandoci un ritratto d’artista (e di un’epoca) tanto personale quanto affascinante, alleggerito qua e là da momenti di humour.
Il film è coprodotto da Orian Williams, già produttore di Control, il biopic sul leader dei Joy Division Ian Curtis.
A Million Happy Nows
(USA/2016) di Albert Alarr (80’) V.O. sott. PRIMA NAZIONALE
Cinema Lumière
30/10/2017 h: 22:00
Dopo una ventennale carriera come protagonista di una soap opera, la veterana attrice Lainey Allen decide di non rinnovare il contratto che la lega alla produzione e ritirarsi a vivere con la sua partner e agente in California, in una casa affacciata sull’oceano. La loro relazione verrà messa a dura prova dai primi sintomi della malattia di Lainey.
Già interpreti, nella longeva soap Sentieri, di Olivia e Natalia – una delle coppie lesbiche più celebri della tv americana – Crystal Chappell e Jessica Leccia ricreano e omaggiano quell’alchimia sul grande schermo, per raccontare una struggente storia d’amore che non vuole arrendersi all’oblio.
A Million Happy Nows non è solo il racconto di come una coppia decide di affrontare la malattia che un giorno la separerà per sempre: “Volevo anche esplorare il modo in cui evolve la dinamica tra una donna che si lascia alle spalle la carriera nel momento di massimo successo e la donna che, dopo essere stata il suo saldo sostegno dietro le quinte, prende le redini del rapporto” spiega Marisa Calin, che ha scritto e prodotto il film.
Con questo film Crystal Chappell e Jessica Leccia hanno vinto il premio rispettivamente come attrice protagonista e attrice non protagonista al FilmOut Festival di San Diego.
Yes, We Fuck!
(Spagna/2015) di Antonio Centeno e Raúl de la Morena (60’) V.O. sott. – DOC
Cinema Lumière
01/11/2017 h: 18:00
Sesso e disabilità: un tema oggetto di una rimozione collettiva. Il corpo della persona con disabilità infatti è comunemente visto come oggetto di cure, e quasi mai come soggetto di desiderio sessuale. Ci voleva questo acclamato documentario spagnolo, che ha girato i festival di mezzo mondo portando a casa una serie di premi, per squarciare il velo di omertà e ipocrisia: sei storie vere per scoprire non solo quello che il sesso può dare alle persone con disabilità, ma anche ciò che le persone disabili possono dare alla sessualità di tutti.
Senza filtri o moralismi, esplicito ma rispettoso, il documentario racconta (e mostra) le esperienze sessuali di persone con disabilità funzionali; per alcuni di loro è la prima volta, altri raccontano le discriminazioni contro cui si sono dovuti battere, per tutti il sesso è un bisogno e un diritto come lo è per chiunque altro.
Nato dall’incontro tra Antonio Centeno, attivista per i diritti delle persone disabili, e Raúl de la Morena, documentarista, Yes, We Fuck! è stato realizzato grazie a una campagna di crowdfunding e fa parte di un progetto di sensibilizzazione più ampio, aperto ai contributi di tutti (www.yeswefuck.org).
Just Charlie
(GB/2017) di Rebekah Fortune (99’) V.O. sott.
Cinema Lumière
01/11/2017 h: 20:00
Charlie è una giovanissima promessa del calcio e suo padre stravede per lui. Ma il ragazzo vive prigioniero nel suo corpo di maschio e si sente a suo agio solo quando può indossare, di nascosto, gli abiti di sua sorella. Troverà un inaspettato aiuto nell’allenatore della sua squadra.
Just Charlie racconta il dramma di ogni adolescente costretto a scegliere tra l’assecondare le aspettative dei propri genitori e il bisogno di vivere essendo fino in fondo se stessi.“In quanto genitore, lo sforzo di permettere al tuo bambino di seguire i suoi sogni è in conflitto permanente con quello che pensi sia meglio per lui. Tutti pensiamo di fare quello che è giusto per i nostri ragazzi, ma a volte loro ci deludono e spesso noi li deludiamo” (Rebekah Fortune).
Just Charlie è il primo lungometraggio di Rebekah Fortune, a sua volta ispirato al suo primo cortometraggio Something Blue. Dopo aver esordito come attrice in teatro e in tv, dal 1997 al 2005 Fortune è stata regista di una compagnia teatrale con ottimi riscontri di critica e pubblico, portando in scena titoli come Macbeth, La tempesta, Broken Blossoms. Oltre a Something Blue ha diretto altri cortometraggi, tra cui Sex Love Other e Grown Up.
Holy Camp
(La Llamada, Spagna/2017) di Javier Calvo e Javier Ambrossi (106’), V.O. sott. PRIMA NAZIONALE
Cinema Lumière
02/11/2017 h: 20:00
04/11/2017 h: 22:00
Trasposizione cinematografica del musical spagnolo La Llamada, che ha spopolato nei Paesi latinoamericani, Holy Camp è la storia di María e Susana, due ribelli adolescenti amanti dell’electro latino che passano l’estate in un campeggio cattolico gestito dalla madre superiora Bernarda e da sorella Milagros, una giovane suora dalla vocazione incerta. Quando una delle due ragazze comincia ad avere rivelazioni mistiche piuttosto sui generis, la vita al campeggio prende una piega inaspettata.
Da piccolo musical underground in scena a Madrid, La Llamada ha visto di anno in anno crescere il consenso di pubblico e di critica, diventando un fenomeno di costume prima in tutta la Spagna e poi anche in Paesi come Messico, Argentina e Russia. Il film mantiene la freschezza e l’energia dell’opera teatrale (scritta dagli stessi Javier Calvo e Javier Ambrossi), grazie alla trascinante colonna sonora e all’irresistibile cast, in primis le due scatenate protagoniste Macarena García e Anna Castillo.
Una rutilante commedia musicale che mescola Whitney Houston, ritmi latini e canzoni di chiesa, con echi del primo corrosivo Pedro Almodóvar e rimandi al cinema camp di John Waters, per uno sfrenato inno alla libertà e al primo amore.
Santa & Andres
(Santa y Andrés, Cuba/Francia/Colombia/2016) di Carlos Lechuga (105’) V.O. sott.
Cinema Lumière
02/11/2017 h: 22:00
Cuba, 1983: Andrés è uno scrittore gay dissidente sulla lista nera del governo per i suoi “problemi ideologici”. Santa è una ragazza di campagna incaricata di tenerlo d’occhio e assicurarsi che non faccia dichiarazioni pubbliche in vista di un importante evento. I due scopriranno inaspettatamente di avere molte cose in comune.
Pur raccontando la storia privata dell’incontro tra due individui radicalmente diversi, Santa & Andres è un film politico, che getta una luce sulle dolorose divisioni che negli ultimi cinquant’anni hanno caratterizzato le famiglie e la società cubana in nome dell’ideologia.“Proprio come Santa, che cammina avanti e indietro portando con sé la sedia di legno su cui si siede per tenere sotto controllo Andrés, tutti i cubani portano con sé una sedia simile. Quella sedia rappresenta l’immenso peso che tutti portiamo sulle nostre spalle, il peso di dover etichettare noi stessi e gli altri, di dover parteggiare, di dover essere questo o quello”(Carlos Lechuga).
Carlos Lechuga è nato a L’Avana. Dopo aver girato una serie di cortometraggi premiati in svariati festival internazionali, nel 2012 ha diretto Melaza, il suo primo lungometraggio. Santa & Andres è il suo secondo film.
Violently Happy
(Germania/2016) di Paola Calvo (92’) V.O. sott. PRIMA NAZIONALE – DOC
Cinema Lumière
03/11/2017 h: 20:00
Violently Happy racconta l’ultima creatura di Felix Ruckert, ex ballerino e coreografo tedesco che ha aperto le porte del suo studio/abitazione Schwelle 7 a Berlino, trasformandolo nella sede di una sorta di performance non stop, in cui un gruppo di persone ricerca una nuova consapevolezza di sé attraverso sessioni di BDSM, meditazione, danza, terapia collettiva in cui essere di volta in volta spettatori, protagonisti, ricercatori. Nei 500 mq di Schwelle 7 si pratica violenza controllata e consenziente e si sperimentano fantasie, e sessione dopo sessione i significati di relazione e modelli sessuali vengono messi in discussione, scomposti e ricomposti in forme sempre nuove.
“Per la maggior parte delle persone l’intimità è possibile soltanto in coppia” afferma Paola Calvo, regista del documentario. “Che cosa succede quando sono molte persone a partecipare a una situazione intima? E se la situazione si svolge su un palcoscenico? Si può ancora parlare di intimità? I protagonisti di questo film sono persone che cercano e trovano una trasformazione, trasformandosi esse stesse, mettendo alla prova i loro limiti e uscendo dalla loro comfort zone”.
Paola Calvo è nata a Caracas nel 1981. Ha compiuto gli studi prima a Madrid e poi a Berlino, dove ha studiato cinematografia alla DFFB (Accademia Tedesca di Film e Televisione). Nel 2012 ha codiretto con with Steffen Köhn A Tale of two Islands, installazione presentata al Berlinale Forum Expanded.
A seguire, conversazione con la regista Paola Calvo e il coreografo Felix Ruckert.
Beach Rats
(USA/2017) di Eliza Hittman (98’) V.O. sott. PRIMA NAZIONALE
Cinema Lumière
03/11/2017 h: 22:00
Il giovane e irrisolto Frankie cerca di evadere dalla soffocante atmosfera domestica uscendo con amici sbandati e chattando online con uomini più maturi. Incapace di riconoscere e assecondare i suoi desideri, intraprende una relazione con una ragazza, ma presto i nodi verranno al pettine e dovrà fare i conti con ciò che prova e ciò che davvero vuole.
Già nel precedente It Felt Like Love Eliza Hittman aveva raccontato la formazione sessuale dei giovani, focalizzando lo sguardo su una ragazza; in Beach Rats il racconto si sposta sull’universo maschile, in un contesto di forte conformismo e di visione tradizionale dei ruoli di genere. “Le mie esperienze dirette a contatto con l’omofobia hanno perseguitato la mia giovinezza”, spiega la regista, “e mi hanno stimolato a raccontare la storia di un personaggio che lotta con la propria sessualità”. Il film è ambientato in una parte di Brooklyn caratterizzata da una lunga storia di violenze contro afroamericani e gay, ma anche di crimine organizzato; Beach Rats parla anche del lato oscuro dei siti di incontri sessuali, spesso utilizzati per attirare persone ad appuntamenti che a volte si concludono con rapine e violenze. Beach Rats ha vinto il premio per la miglior regia al Sundance Film Festival 2017.
Eliza Hittman è stata inserita dal Filmmaker Magazine nella lista delle 25 New Faces of Indie Film.
What He Did
(Det han gjorde, Danimarca/2015) di Jonas Poher Rasmussen (62’) V.O. sott. PRIMA NAZIONALE – DOC
Cinema Lumière
05/11/2017 h: 18:00
Nel 1988 lo psicologo e scrittore danese Jens Michael Schau uccise in un attacco di gelosia il fidanzato e scrittore di successo Christian Kampmann, a cui era legato da 13 anni. Dopo sette anni di detenzione in un ospedale psichiatrico, Schau è tornato a casa, dove vive una vita reclusa. Il documentario di Rasmussen racconta la sua storia, mentre il Mungo Park Theatre lavora alla realizzazione di una performance sulla sua vita: tra prove teatrali e confessione privata, tutto ruota attorno alla domanda: come si continua a vivere avendo fatto qualcosa di imperdonabile?
“Non credo che qualcuno possa essere malvagio dalla nascita. Dobbiamo riconoscere che tutti noi abbiamo delle passioni. Dobbiamo capire che ciò che spinge qualcuno a compiere il male e a fare qualcosa di così terribile come uccidere un altro essere umano, è dentro ognuno di noi. Quando urliamo contro qualcuno o prendiamo a pugni il muro per la frustrazione, proviamo gli stessi sentimenti che alla fine possono portare alla tragedia, se ci si trova in una situazione disperata” (Jonas Poher Rasmussen).
Jonas Poher Rasmussen è un documentarista franco-danese. Nel 2008 è entrato a far parte del collettivo danese Super16. Il suo primo lungometraggio è Searching for Bill, del 2012, un mix tra documentario e film di finzione con il quale si è fatto notare nei circuito dei festival internazionali.
Lola Pater
(Francia/2017) di Nadir Moknèche (95’) V.O. sott.
Cinema Lumière
05/11/2017 h: 20:00
Alla morte di sua madre, il parigino Zino (Tewfik Jallab) decide di partire alla ricerca di suo padre Farid, che ha abbandonato la famiglia 25 anni prima. Ma nel frattempo Farid è diventato Lola (una straordinaria Fanny Ardant), insegna danza classica e vive con sua moglie.
Lola Pater evita gli abituali cliché cinematografici sulle persone transessuali, focalizzandosi sul rapporto tra genitore e figlio e affrontando con sensibilità i temi dell’identità, dei legami familiari e della ricerca delle proprie radici. Per il suo film il regista francoalgerino Nadir Moknèche si è ispirato alle storie delle persone transessuali conosciute a Parigi.
Per il cinema, che solitamente associa le persone transessuali a temi come l’omosessualità, la droga, la prostituzione, il cabaret, Lola è un personaggio atipico, ed è proprio la sua atipicità a renderla disturbante: “finché una persona transessuale conduce una vita marginale in un mondo separato, è accettata, anche adorata. Ma se prova a vivere una vita normale, figuriamoci la vita di un padre, allora diventa una spina nel fianco della società” (Nadir Moknèche).
Nadir Moknèche è nato a Parigi nel 1965. Tra i suoi film ci sono Viva Laldjérie (2004), Délice Paloma (2007) e Goodbye Morocco (2013). Lola Pater è stato presentato in anteprima al Festival di Locarno 2017.
Quest
(USA/2017) di Jonathan Olshefski (105’) V.O. sott. PRIMA NAZIONALE – DOC
Cinema Lumière
05/11/2017 h: 22:00
Per quasi un decennio la telecamera del documentarista Jonathan Olshefski ha seguito la vita del produttore di musica hip hop Christopher “Quest” Rainey, di sua moglie Christine e sua figlia PJ nel quartiere di North Philadelphia. Quest è il ritratto intimo e toccante di una famiglia afroamericana della working class, diventata un punto di riferimento per tutta la comunità in un contesto fatto di povertà, droga e violenza. I Rainey che nel corso degli anni si ritrovano ad affrontare ogni genere di difficoltà e di problemi, ma nonostante tutte le crisi che attraversano la loro è una toccante storia di amore, impegno, guarigione e speranza.
Quando Jonathan Olshefski incontra i Rainey, inizialmente pensa di realizzare un progetto fotografico sul doppio lavoro di produttore e di addetto alla consegna di giornali di Christopher. Ben presto però si rende conto che la storia da raccontare è quella, molto più ampia, della famiglia e della comunità in cui vive, e che la fotografia non sarebbe bastata a raccontare tutta la complessità di quella realtà. Nasce così l’idea del documentario, girato nell’arco di otto anni e presentato al Sundance Film Festival 2017.
“Il mio unico scopo è di dare agli spettatori la possibilità di entrare in contatto con queste persone davvero incredibili e di condividere l’amore che provo per loro. Questo è ciò che voglio che lo spettatore si porti via. Le voci di queste persone dovrebbero essere ascoltate” (Jonathan Olshefski).
Jonathan Olshefski è stato inserito dal Filmmaker Magazine nella lista delle 25 New Faces of Indie Film.