“Extra Terrestres”
di Carla Cavina (Porto Rico-Venezuela 2017)
voto: 7,5/10
“Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”
(William Shakespeare)
Sì, siamo della stessa sostanza di cui son fatti i sogni. Ci è dato di vedere il mondo in un granello di sabbia, negli occhi abbiamo pianeti, stelle, galassie. Come quella che studiano Teresa e Daniela: Andromeda. La grande galassia a spirale più vicina alla nostra galassia, l’oggetto più lontano visibile all’occhio umano, dista circa 2,5 milioni di anni luce da noi, incredibile, vero?
Armistead Maupin ci ha parlato in questo 31° Festival Mix.
Attraverso i suoi racconti “Tales of the City”, è in scena, qui al festival, in un documentario sulla sua vita (vedi recensione sotto). Ha parlato di famiglia biologica e di famiglia logica. A volte la famiglia biologica ti rifiuta, allora te ne allontani e trovi intorno a te una famiglia logica, quella che ti accetta per quello che sei.
Quella che Teresa ha trovato è la sua famiglia logica. Da quella biologica si è staccata ben sette anni prima. È andata all’università, ha studiato astrofisica e non è più tornata indietro.
Lì si è innamorata, ha conosciuto Daniela, anche lei astrofisica, condividono la passione per il cielo, i pianeti, le stelle, le galassie, insieme vivono presso il telescopio nazionale italiano Galileo, isole Canarie.
È scappata dalla famiglia biologica, da “Pollos Mi Tierra”, l’azienda avicola di famiglia in Porto Rico. Cioè un’azienda di allevamento e macellazione di polli, animali da batteria, senz’anima. Nella quale suo padre si “spacca la schiena…per cosa?”, dice lui, “per controllarci tutte”, risponde lei. Padre conservatore, autoritario patriarca della famiglia Diaz, madre casalinga accondiscendente, felice di una finta felicità. Andrea, la sorella di Teresa, è la dote da far sposare a uno che ha studiato a Princeton, il quale avrà poi l’obbligo di portare avanti l’azienda di famiglia con il fratello di Teresa. Famiglia ligia alla tradizione, potremmo chiamarla, rigida.
Domanda: ma da dove è uscita Teresa? Amante delle stelle, vegetariana, lesbica, possibile che sia saltata fuori proprio da questa famiglia?
E Andreas? Il nipotino di Teresa, figlio della sorella. Bambino singolare, anch’egli curioso osservatore in erba di fenomeni astrofisici, annota le sue parole e schizza i suoi disegni su un taccuino, fa il conto dei giorni di permanenza dei polli prima della macellazione su una lavagna piena di formule, numeri, segni. Ha un talento innato per le scienze, vive spesso sotto al tavolo, lontano dagli occhi di tutti, “è un animaletto, non è un bambino!”, dice il nonno, e poi aggiunge “no, è un extraterrestre!”.
Teresa non ha mai approvato l’azienda di famiglia, questo è uno dei motivi della sua partenza. Ma è tornata. È tornata allo scopo di invitare la famiglia al suo matrimonio. Con Daniela.
Teresa. Assomiglia straordinariamente a una mia amica d’infanzia, il suo viso, il sorriso, la corporatura esile: la Gianna. La Gianna giocava con me, da bambine mettevamo in scena la nostra famiglia di bambole, giocavamo alla capanna, al dottore. Da adolescenti prendemmo le prime multe in motorino in due, sedute sulla stessa sella, in campeggio condividevamo lo shampoo, il dentifricio. Soltanto, la Gianna era etero. E in qualche parte di me ebbi la convinzione che le nostre strade si sarebbero separate.
Teresa ci prova, si disvela dapprima alla sorella, ma non trova il coraggio di rivelare la sua vera identità al resto della famiglia, soprattutto a quel padre maschilista che si muove a cavallo nella sua tenuta e non si toglie mai il cappello da cowboy. “Papà, eri il mio Clint Eastwood, fino a che non ho imparato a cavalcare come te”.
In un crescendo di colpi di scena, uno più divertente dell’altro, una serie di sabotaggi degli allevatori concorrenti rischia di mandare in fallimento l’azienda. Teresa decide così di aiutare il padre, si impegna appieno, tutto si sussegue velocemente, rischia di trascurare Daniela – con la quale comunica soltanto online – mostra le sue capacità al padre, forse cerca ancora la sua approvazione.
Ma nessuno nella famiglia di Teresa è quello che dice di essere, ognuno ha trovato il suo adattamento creativo per sopravvivere al regime autoritario del padre, il quale, perse le sue certezze sui famigliari tutte in un solo giorno, li ritiene tutti extraterrestri.
Intanto… colpo di coda: Daniela, ignara della situazione, stanca di aspettare Teresa a casa, a sorpresa decide di partire e andare in Porto Rico per incontrare la sua nuova famiglia…
Anteprima italiana qui al festival, “Extra Terrestres”, film di Carla Cavina, film sulla famiglia. “Ho fatto questo film non solo come lesbica, ma anche come figlia”, ci racconta la regista ospite in sala prima della proiezione.
Brava Carla Cavina, ci hai ricordato che c’è un posto dove siamo accettati così come siamo: la nostra famiglia logica. A volte penso che sia quello che è accaduto a me, proprio a me. E non sono più tornata indietro.
Come ci ha insegnato Dante, guardate il cielo, guardate dentro, e tenete all’altro: “L’amor che move il sole e l’altre stelle”.
(Gloria Bellorini)
The Untold Tales of Armistead Maupin
di Jennifer M. Kroot
voto: 9/10
Ottimo documentario, uno dei migliori di questi ultimi anni, che miscela filmati d’archivio con interessantissimi interventi e soprattutto col racconto in prima persona dello scrittore Armistead Maupin che trasforma questo doc in una avvincente avventura umana, meglio di un film di fiction. Maupin è stato uno dei più importanti traghettatori di tanti omosessuali del secolo scorso verso una serena consapevolezza del proprio essere gay, del proprio ruolo nella società, della propria militanza e integrazione. I suoi racconti, i suoi romanzi, le sue sceneggiature, sono stati anche un ponte che per la prima volta tentava di unire due mondi, quello etero e quello gay che stava appena emergendo. I suoi personaggi sono indimenticabili e coprono praticamente un’arco quasi completo di tanta umanità. Quello che non conoscevamo, prima di aver visto questo doc, era la loro genesi, da dove fossero scaturiti, e quanto fossero collegati alla complessa vita del loro autore. Maupin nasce da una famiglia conservatrice e austera (soprattutto il padre) che lo educa a valori di assoluto rispetto della tradizione. Per assecondare il padre entra nella Marina diventando poi un collaboratore del senatore Jesse Helms, una delle personalità più omofobiche del tempo. Maupin si mette completamente a nudo, spiegandoci le motivazioni che lo portarono a quelle scelte, le sue paure, il desiderio di accontentare i genitori, il bisogno di sentirsi amato (la madre era assai più dolce e comprensiva, anche se non troppo apertamente). In seguito abbraccerà totalmente idee progressiste. Rimane vergine fino all’età di 26 anni e solo superati i 30 inizia ad uscire allo scoperto. Ci rivela che in quegli anni, dopo che era stato assunto all’Assaciated Press ed aveva iniziato la sua attività di scrittore, aveva avvicinato diversi personaggi gay velati, tra i quali Rock Hudson ed il suo amante. Abita a San Francisco, che stava diventando la capitale gay degli USA, se ne innamora, e, questa città, diventa uno dei protagonisti principali dei suoi racconti che inizia a pubblicare sul San Francisco Chronicle. Nel film ci spiega che tutti i personaggi di questi racconti provengono da persone reali che incontrava e inseriva in queste cronache settimanali di vita quotidiana (che nascevano praticamente da un diario quotidiano della sua vita). Memorabile la lettera che pubblica come scritta dal suo personaggio Micheal Tolliver, sul coming out ai genitori, testo che sapeva sarebbe stato subito letto da suo padre abbonato al quotidiano, come infatti avvenne. Fu questo il suo vero coming out, mentre la madre era purtroppo gravementa ammalata ed il padre ancora fortemente omofobo. Nel film questa lettera viene letta, in modo assai commovente, da diversi attori, tra i quali Olympia Dukakis, Laura Linney, Ian McKellan, Jonathan Groff, Margaret Cho, ecc., attori che ci raccontano anche il forte impatto che ebbe sulle loro vite l’opera di Maupin. La storia di Maupin e dei suoi due grandi amori (entrambi giovani e bellissimi) si mescola alla tragica storia dell’Aids, che fortunatamente lo lasciò immune ma gli portò via tantissimi amici, lasciandogli un deserto intorno. I suoi amici, dice, sono stati la sua vera famiglia, le persone che, all’opposto della famiglia naturale, gli hanno dato felicità e conforto. Oggi Maupin è una delle figure più amate e seguite dalla comunità gay (non solo americana) alla quale sta continuamente regalando, in giro per tutto il Paese, interventi e letture, sulla sua storia e dei suoi libri, oltre a partecipare (come star) ai vari Pride. Il prossimo autunno dovrebbe pubblicare un’attesissima biografia. Speriamo che presto sia anche possibile la realizzazione di una nuova stagione della serie ricavata dai Racconti di San Francisco, che avrà il titolo “Further Tales”. La serie, che da noi venne trasmessa dalla mitica e sfortunata Gay TV, è stata la prima a mostrare in primo piano baci gay e amplessi tra omosessuali nudi, sollevando una marea di critiche, che il film riporta fedelmente. Un bellissimo viaggio nel nostro passato, accompagnati da una delle nostre prime figure di riferimento, il Virgilio/Maupin di tanti gay di quegli anni. Un documentario imperdibile.
(G. Mangiarotti)
Tom of Finland
di Dome Karukoski
voto: 8/10
Touko Valio Laaksonen (1920 – 1991) piu’ conosciuto come Tom of Finland è stato giustamente definito “il creatore di immagini pornografiche gay più influente al mondo” ed in effetti per diverse generazioni di gay, che oggi sono vicini alla vecchiaia, quelle immagini hanno rappresentato non solo un piacere per gli occhi o uno spunto erotico, ma anche un modello di paradiso immaginario a cui tutti noi volevamo appartenere. I suoi disegni nati illegali ora sono esposti in gallerie e musei di tutto il mondo. La Fondazione Tom of Finland, che Laaksonen fondò nel 1984, preserva e pubblicizza le sue opere. La Finlandia considera Laaksonen una gloria nazionale e gli ha recentemente dedicato un francobollo.
Ma la vita di questo importante artista era sino a pochi anni fa sconosciuta anche ai suoi ammiratori, tanto che in molti credevano si trattasse di un disegnatore americano. Abbiamo iniziato a conoscerlo nel 1991 con il bel documentario ‘Daddy and the Muscle Academy: The Life and Art of Tom of Finland’ del regista finlandese Ilppo Pohjola.
Tom of Finland ricostruisce alcuni dei momenti più importanti della vita di Touko Laaksonen, decidendo di partire da quando, allo scoppio della seconda guerra mondiale, viene arruolato, ventenne, nell’esercito finlandese per combattere i russi. Esperienza che violentemente imprime nel giovane le sue prime ossessioni erotiche. Nella prima scena, forse la più bella del film, una massa di giovani soldati, completamente nudi, corre festosa a lavarsi in un lago completamente ghiacciato sotto gli occhi interessati di un ufficiale. In guerra il giovane Laaksonen fa le sue prime esperienze sessuali con i commilitoni. Gli capita anche di uccidere un giovane paracadutista russo e questo lo turberà per tutta la vita.
Nel dopoguerra Laaksonen lavora per una un’agenzia pubblicitaria di Helsinki, e vive con la sorella Kaija, anch’essa buona disegnatrice. Di notte dà sfogo alle sue fantasie artistiche disegnando i suoi primi soldati, marinai, boscaioli e motociclisti vestiti di pelle, molto muscolosi e dotati. E intanto frequenta il porto, i locali ritrovo degli omosessuali, dove anche suona il piano e i parchi pubblici, rischiando costantemente di essere picchiato e incarcerato dalla polizia.
Nel 1953, Laaksonen trova l’amore della sua vita, non proprio un boscaiolo, ma un ballerino, Veli, al quale anche sua sorella era interessata. Veli morirà poi trent’anni dopo.
Anche grazie ad alcuni suoi viaggi in giro per l’Europa i suoi disegni iniziano ad essere apprezzati all’estero, anche se ovunque di trattava di materiale pornografico vietato. La svolta avviene quando inizia a pubblicare le sue immagini l’editore Doug di Los Angeles, che porta l’opera di Laaksonen al successo commerciale negli anni ’70 e ’80. Come è noto negli USA le prime pubblicazioni erotiche gay si mascheravano da riviste dedicate al culturismo (Physique Pictorial ) e i disegni di Tom of Finland rappresentavano una naturale evoluzione di questa tendenza. Sarà Doug a creare il nome Tom of Finland (prima i disegni erano firmati solo Tom). Quindi Laaksonen trascorre lunghi periodi in California, dove la comunità gay viveva un periodo di straordinaria euforia. Poi viene la crisi dell’AIDS e anche l’arte di Laaksonen ne risente, nei disegni compare il preservativo. Il film decide di fermarsi qualche anno prima della morte del protagonista, mostrandolo quando, in piena era Disco Music, ormai anziano viene festeggiato come un eroe dall’intera comunità gay.
Il regista quarantenne Dome Karukoski è forse il più noto regista finlandese contemporaneo, non è gay e ha già alle spalle sei film, tutti diventati successi di botteghino. Anche Tom of Finland è già un successo in Finlandia. Tom of Finland è interpretato nel film dall’attore finlandese Pekka Strang che appare all’inizio ventenne e alla fine settantenne, senza molti cambiamenti di espressione. Il film gode di una sceneggiatura brillante e ben curata e offre numerose ottime scene corali che rappresentano con grande attenzione i cambiamenti sociali che attraversano la vita del protagonista. Si tratta però comunque di un film biografico, che a volte sfiora la celebrazione, puntando su alcuni aspetti e tralasciandone altri. Qualcuno ad esempio ha fatto notare che non c’è traccia della produzione più pornografica, che pure ha creato la fama dell’autore. E nemmeno si fa cenno alla passione di Laaksonen per le divise naziste, che considerava le più sexy del mondo. Un film comunque da vedere.
(R. Mariella)