La Giuria della Queer Palm 2017
Aggiornamento del 28/5/2017.
Vince la Queer Palm 2017:
“120 battements par minute” di Robin Campillo
Il film, presente nel concorso principale, è anche tra i favoriti per la Palma d’Oro.
La Giuria, presieduta da Travis Mathews, ha così motivato il premio: “Abbiamo scelto un film in cui tutti gli interpreti si sono impegnati al massimo in ruoli toccanti con grande coraggio. Senza mai cadere nel melodramma, il film ci immerge nelle pagine più buie della nostra storia recente, ricordandoci che siamo più forti quando uniamo le nostre energie, quando amiamo tutti un po’ di più, quando ci sosteniamo tutti un po’ di più, e, naturalmente, quando balliamo insieme un po’ di più“. Il film vince anche il Gran Premio della Giuria ufficiale di Cannes 2017, guidata da Pedro Almodovar. Campillo ritirando il premio, dopo una lunga stand ovation del pubblico, ha detto: “Ci tengo a dire che ho fatto il film insieme a tante persone che mi hanno sostenuto, sono contento che sia stata un’avventura collettiva perché racconta una storia collettiva. Voglio ringraziare tutta la troupe e anche i miei compagni dell’epoca. E’ un omaggio a chi è morto ma anche a chi è sopravvissuto avendo ancora molto coraggio ha messo la propria vita in pericolo per l’attivismo. A loro penso stasera”.
Il presidente della Giuria, Pedro Almodovar, che chiaramente tifava per 120 battiti al minuto (quando ne parla si commuove fino alle lacrime), ha dichiarato alla stampa: “Non avrei potuto apprezzarlo di più, dall’inizio alla fine, e anche dopo. Ma sono stato fedele al mio intento, il mio voto è valso come quelli di tutti gli altri. Indipendentemente dal fatto che io sostenga le istanze LGBT, il film ha raccontato un’ingiustizia ed è un omaggio a quegli eroi che hanno salvato molte vite».
Una scena dal corto “Island”
Tra i cortometraggi vince “Islands” di Yann Gonzalez: “Lo abbiamo scelto perché dotato di una grande sensualità. Un film che abbiamo sentito ricco e multiforme nella sua celebrazione del desiderio queer”
La “Queer Palm“, creata nel 2010 dal giornalista Franck Finance-Madureira, completa la sezione del premio queer dei tre più grandi festival cinematografici europei (Berlino, Venezia, Cannes). Il manifesto di questa edizione della Queer Palm, disegnato da Maud Lammens (riprende l’originale poster di “Tacchi a spillo” del 1991) è un omaggio a Pedro Almodovar, Presidente della Giuria del concorso principale di Cannes 2017.
Quest’anno la Giuria della Queer Palm è diretta da Travis Mathews, giovane regista della serie hot “In Their Room” arrivato al successo col film “Interior. Leather Bar” e del quale stiamo aspettando l’ultimo lavoro, “Discreet” (la storia di un uomo che scopre essere ancora vivo colui che lo abusò nell’infanzia). Gli altri membri della Giuria sono il giornalista Didier Roth-Bettoni, la regista Lidia Leber Terki (The Sex Toy Project, Paris la blanche), il regista e direttore del festival LGBT di Tel Aviv, Yair Hochner, e il responsabile della programmazione della sezione Panorama della Berlinale, Paz Lazaro.
Per la Queer Palm del lungometraggio sono stati selezionati sette titoli, tra i quali tre titoli molto attesi, quelli dei registi Robin Campillo, John Cameron Mitchell, e André Téchiné. A quest’ultimo il Festival dedica un omaggio speciale, in passato riservato solo ad altri due nomi, Martin Scorsese e Alain Delon.
Di seguito i sette lungometraggi in concorso per la Queer Palm 2017
“How to talk to girls at parties” di John Cameron Mitchell
John Cameron Mitchell, amatissimo dal pubblico LGBT per i dirompenti “Hedwig and the Angry Inch” e “Shortbus”, ci presenta una commedia romantica fantascientifica, una storia esotica ed insolita, ambientata negli anni ’70, alla periferia di Londra. In quegli anni, sotto l’incantesimo dei Sex Pistols, ogni adolescente nel Paese vuole essere un punk, tra cui il nostro eroe senza speranza Enn (Alex Sharp).
Enn è un giovane ragazzo timido che s’intruffola in un party underground insieme ad un amico assai più sveglio ed abile con l’altro sesso. Enn rimane affascinato da un gruppo di giovani donne misteriose, tra le quali Zan (Elle Fanning) che attira subito la sua attenzione (è amore a prima vista). Anche dopo che scopre che le ragazze sono delle aliene in gita turistica (una specie di rito di iniziazione), provenienti da un altro mondo, Enn non riesce a staccarsi dal pensiero della splendida Zan. A questo punto Enn chiede aiuto a Boadicea (Nicole Kidman) ed ai suoi seguaci al fine di salvare da morte certa la ragazza che ama. Quando i punk incorporano gli alieni, nulla sarà più come prima, sia per Enn che per l’universo di Zan… Il film prende spunto da un racconto di Neil Gaiman pubblicato nel 2006.
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“Nos années folles” di André Téchiné
André Téchiné è sicuramente uno dei maestri mondiali del cinema queer, acclamatissimo per opere come “L’età acerba”, “I testimoni”, “Quando hai 17 anni”, è stato sei volte in concorso a Cannes (dove ha vinto come miglior regista con “Rendez-vous” e quest’anno viene celebrato dal Festival, terzo personaggio a rivere questo onore dopo Martin Scorsese e Alain Delon), tre volte alla Berlinale e una volta a Venezia. Questo film, sceneggiato insieme a Cédric Anger, si basa su una storia vera, che racconta le vicende di Paul e Louise, negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale. Paul, dopo due anni di battaglie sul fronte bellico, decide di disertare travestendosi da donna. Diventa quindi Suzanne, e, aiutato dalla moglie Louise, conquista in poco tempo una celebrità nella Parigi libertina degli anni ’20 (gli anni folli). Nel 1925,dopo la proclamazione dell’amnistia per i disertori, Louis chiede a Suzanne di ridiventare Paul…
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“120 battements par minute” di Robin Campillo
Terzo lungometraggio dopo “Les Revenants” (dal quale è stata ricavata la famosa serie tv) ed “Eastern Boys” (drammatica e bellissima storia gay) dello sceneggiatore e regista francese di origine marocchina Robin Campillo. In questo film ci offre un affresco sulla Parigi degli anni ’90, prima che fosse trovata una tri-terapia per l’Aids. Il regista ha definito questo suo lavoro come “l’autoritratto intimo di un gruppo di attivisti di Act Up”, primo film di finzione, scritto insieme a Philippe Mangeot, ex presidente di Act Up, un’organizzazione che ha combattuto l’Aids dal suo emergere, lottando contro le società farmaceutiche che speculavano sulla mattia, contro i governi che latitavano sull’argomento e contro l’indifferenza generale. L’azione del film parte all’inizio degli anni ’90, dopo quasi un decennio di stragi dell’Aids, con l’arrivo di Nathan nel gruppo Act-Up di Parigi, dove rimane sconvolto dal radicalismo di Sean che consuma tutte le sue forze in atti di protesta e azione radicale, con iniziative shoc come le morti per strada a significare silenzio=morte, ecc…
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“Coby” di Christian Sonderegger
Nel villaggio di Chagrin Falls, nell’Ohio, la 21 enne Suzanna, cambia di genere e diventa un ragazzo, iniziando ad assumere il nome di Cody. Il film è una incisiva, tenera ed ironica storia che segue le vicende di un transgender e della sua famiglia in cerca di libertà, un viaggio intimo verso la virilità che ci mostra anche l’impegno delle persone e dell’ambiente che lo circondano.
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“They” di Anahita Ghazvinizadeh – USA | Qatar
A J è stato diagnosticato un disturbo dell’Identità di genere che va sotto il nome di “They”. Per questo è costretto ad assumere ormoni bloccanti che sospendano lo sviluppo in pubertà. Nei primi anni dell’adolescenza, aiutato dalla sorella maggiore Lauren e dal suo fidanzato Araz, J imparerà a conoscere la propria identità attraverso la crescita e l’esplorazione all’interno di precarie dinamiche familiari. Un bambino che si fa adulto, nella poetica definizione degli stati che separano l’infanzia dall’età adulta. Una riflessione sulla transizione, attraverso l’intuizione e le percezioni incoscienti dei bambini.
La regista Anahita Ghazvinizadeh spiega così il suo lavoro: “Ho cercato di mostrare un bambino che diventa adulto. Invece di definire gli stati di infanzia e dell’età adulta, rifletto sulla transizione. Il verbo “diventare” è lo stimolo per il mio lavoro. Il bambino in transizione o l’adulto che sta per diventare, con la loro forte intuizione, sensibilità e percezioni incoscienti, sono al centro della finzione. Cerco di immaginare i momenti che mettono in risalto il bisogno di autodeterminazione, quello che determina la personalità, che guida il pensiero e lo spirito nella crescita.”
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“Marlina the Murderer in Four Acts” di Mouly Surya – Indonesia
La 35enne Marlina è in lutto e lavora duramente tutto l’anno per risparmiare i soldi necessari per la cerimonia di sepoltura tradizionale del suo ultimo marito, che ora siede come una mummia nel salotto di casa. Il 50enne Markus bussa alla sua porta per informarla che la sua banda sta arrivando per derubarla. Infatti i ladri arrivano ma Marlina li avvelena e seduce Markus. Durante il rapporto sessuale, Marlina lo decapita e mette la testa insanguinata in un sacchetto di plastica. Dopo aver perso il leader Marcus, il 25enne Franz, suo favorito, prende il comando della banda e medita vendetta, ma prima di tutto vuole indietro la testa di Marcus in modo da poter dare una sepoltura integrale al cadavere. Alla fine Marlina si consegna alla polizia e trova pace e redenzione dietro le sbarre. Il regista indonesiano Mouly Surya, premiato al Festival Internazionale del Film di Rotterdam, ci presenta un originale dramma thriller centrato sulla tematica della vendetta. I riferimenti LGBT sono tutti da scoprire.
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“Nothingwood” di Sonia Kronlund
Un documentario che ruota intorno al regista afghano Salim Shaheen, molto famoso nel suo Paese ma praticamente sconosciuto all’estero. A un centinaio di chilometri da Kabul, Salim Shaheen si appresta a proiettare qualcuno dei suoi 110 film e ad iniziare le riprese dell’ 111mo. Questo viaggio, con la sua banda di attori, ognuno più eccentrico ed incontrollabile dell’altro, è l’occasione per conoscere questi amanti del cinema, creatori instancabili di film di serie Z in un Paese in guerra da oltre 30 anni. Salim ci racconta la sua storia e come ha potuto realizzare il suo sogno di una vita.
Presentato nella Quinzaine.
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In concorso ci sono anche sei cortometraggi, l’israeliano “Heritage“, il croato “Cherries“, il franco-portoghese “Mauvais Lapin“, il polacco “The best fireworks ever“, il nord americano “Moebius“, e “Les Iles” di Yann Gonzales, già autore di “Rencontres d’après-minuit”, un corto che si preannuncia molto hot.
I vincitori saranno annunciati il 27 maggio.