Partita quasi in sordina sul canale Fox di Sky (il 17 giugno 2016) la serie medical-crime “Rosewood” vanta negli USA un notevole successo di pubblico (5 milioni di spettatori per episodio), dovuto probabilmente alla magia degli interpreti protagonisti, il Dottor Beaumont Rosewood Jr., l’avvenente attore Morris Chestnut, e l’atrettanto affascinante poliziotta Annalise Villa (Jaina Lee Ortiz). Da parte della critica un’accoglienza non esaltante: il sito aggregatore Rotten Tomatoes, le assegna un misero 7%, basato su 44 recensioni. Il fatto di aver messo un protagonista nero al centro della serie è probabilmente dovuto al successo di serie come Scandal, Empire e Le regole del delitto perfetto. A sottolineare che in TV la diversità in questo momento paga. E anche la diversità di orientamento, perché al fianco dei protagonisti principali ci sono due simpatiche figure di giovani lesbiche, Tara (Anna Konkle) e Pippy (Gabrielle Dennis), che si stanno preparando al matrimonio. Le vediamo in ogni episodio, anche se per pochi minuti. Entrambe lavorano come assistenti di Rosewood nel laboratorio privato di analisi mediche sui cadaveri oggetto delle indagini della polizia (che paga saporitamente). Pippy è la sorella di Rosewood, ha un rapporto splendido sia col fratello che con la madre, sempre disposti a supportarla. Tara è la fidanzata bianca, leggermente sottomessa (visto che si trova circondata dai suoi padroni di lavoro), ma innamoratissima. La serie ci presenta un caso diverso in ogni episodio, mentre segue il filo conduttore della nascente relazione tra Rosewood e la bella detective Annalise, appena trasferitasi a Miami nel tentativo (riuscito) di dimenticare il tragico incidente che le ha portato via il marito, oltre ai preparativi matrimoniali di Tara e Pippy. A drammatizzare, si fa per dire, la serie il fatto che il nostro eroe protagonista, che sembra un apollo nero, è in realtà affetto da un disturbo cardiaco che potrebbe ucciderlo in ogni momento se non prendesse ogni giorno le sue medicine. La cosa però non altera l’euforia e l’impegno che Rosewood dimostra sia nel lavoro che nei rapporti interpersonali, sempre sprizzante gioia e serenità. Lo stile della serie, classificata come dramma, è in realtà più simile a quello delle comedy o sit-com, dove tutti si esprimono cercando sempre la battuta più intelligente, sagace o spiritosa, come se si aspettassero l’applauso (anche del pubblico). Probabilmente è questa la cosa più accattivante di questa serie medical poliziesca, di cui è già stata messa in cantiere una seconda stagione.
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