In questi giorni le cronache ci hanno riportato notizie di nuovi casi di omofobia e di suicidi causati dal bullismo nel nostro paese. Questo sabato il TGLFF festival ci ha proposto ben tre opere italiane, diversissime tra loro, che parlano di questi argomenti: il film di Veronica Pivetti Né Giulietta né Romeo, Bullied to Death di Giovanni Coda e Una giornata particolare di Ettore Scola.
Alle 10, è stato proiettato, Né Giulietta né Romeo, film d’esordio alla regia di Veronica Pivetti. Si tratta di una commedia molto divertente, che però tratta in modo molto corretto temi serissimi come appunto il bullismo, l’omofobia, il coming out, il difficile rapporto a tutte le età tra genitori e figli, i danni della psicanalisi male applicata, attraverso il racconto dei problemi di un sedicenne che si scopre innamorato di un compagno di classe, e delle peripezie di mamma e nonna che vogliono aiutarlo, mentre il papà psicanalista affermato predica bene, ma razzola male ed è del tutto assente.
Dopo la proiezione c’ è stato un interessante e anche divertente dibattito sui temi trattati dal film, a cui hanno partecipato Veronica Pivetti, Giovanni Minerba, Giovanna Gra (autrice del soggetto del film), Alessandro Lombardo, presidente dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte e Alessandro Battaglia, coordinatore Torino Pride. Il film che in sala è stato molto applaudito, è risultato commercialmente un fiasco, questo perché è stato fatto uscire in sole 17 copie in tutta Italia. E’ probabile che il film abbia subìto una forma di boicottaggio strisciante da parte dei soliti occulti omofobi, probabilmente proprio perché aveva le potenzialità di raggiungere una grande fetta di pubblico, che magari di solito non si interessa dei diritti degli omosessuali, ma ama la commedia.
Nel pomeriggio è stato proiettato in anteprima assoluta Bullied to Death di Giovanni Coda. Il film prende spunto dalla lettura di veri scritti (lettere, messaggi sui social media.. ) di vittime del bullismo, dell’omofobia e della transfobia: giovani gay, lesbiche e trans uccisi o indotti al suicidio in diverse parti del mondo. Tra le varie storie ne spiccano due, due suicidi, un ragazzo trans che da sempre voleva cambiare sesso ma che è stato osteggiato in tutti modi dalla famiglia e isolato dai compagni sino al suicidio ed un quattordicenne americano, Jamey, suicidatosi nel settembre del 2011 dopo i ripetuti atti di bullismo a scuola e sul web. La narrazione del film si svolge durante un’arco di 24 ore, per poi saltare al 17 maggio del 2071 a sessant’anni dalla morte di Jamey, dove si immagina che siano vivi e anziani Jamey e la trans ora diventata una vera donna. Come il precedente, Il Rosa nudo, che trattava dei campi di sterminio, anche in questo film, il racconto e il messaggio vengono inseriti in un’opera d’arte multimediale, che coniuga magistralmente musica e immagini dal forte impatto emotivo e poetico. Un film duro, difficile, ma che non lascia insensibili. Il film è una co-produzione Italo-Americana, ed è interpretato in lingua inglese.
In contemporanea a Bullied to Death c’è stata la proiezione della versione restaurata di ‘Una giornata particolare‘ di Ettore Scola. Uno dei primi film italiani a parlare di un omosessuale in modo rispettoso. Ha presentato il film Silvia Scola, figlia di Ettore, insieme ad Alessandro Golinelli. Silvia ci ha raccontato che due anni fa Scola ricevette a Venezia un premio LGBT , un leone con l’arcobaleno con su scritto ‘A Ettore Scola Principe degli omosessuali’, che ritirò Silvia a nome del padre. Ma il premio le venne subito rubato e suo padre ci rimase molto male perché quello era stato uno dei premi che aveva più gradito. Ettore Scola era molto fiero della reazione positiva al suo film da parte della comunità omosessuale. Silvia ha anche ricordato di come Marcello Mastroianni fosse grato a Scola per quel ruolo di omosessuale.
Degli altri film del pomeriggio, abbiamo assistito a Un Chant d’amour di Jean Genet, proiezione che ha voluto ricordare Gianni Rondolino, personaggio molto importante per questo festival. Giovanni Minerba ha ricordato che quando Rondolino vide per la prima volta il film durante la prima edizione di questo festival, ne rimase cosi entusiasta da convincere Giovanni e Ottavio Mai a proiettarlo tutte le sere della manifestazione.
Subito dopo abbiamo visto ‘Welcome All Sexes: 30 Jahre Teddy Awards‘ un omaggio di Rosa Von Praunheim ai 30 anni del Teddy Awards, rassegna di film a tematica LGBT all’interno della sezione Panorama del Festival del cinema di Berlino creata da Manfred Salzgeber e poi dopo la sua scomparsa condotto da Wieland Speck. Rosa Von Praunheim è quasi un simbolo del Teddy e nelle serate del festival spesso lo si vede aggirarsi con i suoi improbabili costumi. Il film è composto da alcune interviste ai vari protagonisti storici del festival condotte dallo stesso Rosa Von Praunheim e da molti spezzoni delle serate del festival lungo i trent’anni. Una cosa che salta all’occhio è l’efficienza, la forza e l’entusiasmo, di questo festival e dei suoi artefici. Wieland Speck attuale Direttore del Teddy, presente a questa edizione del TGLFF come giurato, ha ricordato di aver partecipato con il suo primo film ‘Westler‘ alla prima edizione del TGLFF , nel 1985. E di essere stato anche premiato. Questa esperienza gli fu di esempio quando poi, l’anno dopo, nacque il Teddy Awards.
Alle 15 presso la Fondazione Accorsi – Ometto si è tenuta una conferenza stampa dedicata al film Chemsex di William Fairman, presente il regista insieme a David Stuart, terapista che lavora in un centro medico che tratta questi problemi e tra i protagonisti del documentario. Il film, che si compone di sedici interviste, è una scioccante denuncia degli effetti devastanti delle nuove droghe sintetiche (dai nomi impossibili da pronunciare), che hanno sostituito estasy e cocaina e che stanno diffondendosi tra la comunità gay londinese e nel mondo. Queste nuove droghe, unite alla facilità con cui oggi è possibile organizzare party privati a base di sesso e droga usando le nuove applicazioni di incontri per telefonino tipo Grindr, insieme poi alla nuova ondata di diffusione dell’epidemia AIDS, hanno creato una miscela esplosiva. Dove è diffuso il Chemsex sono aumentati a dismisura i ricoveri al pronto soccorso, i casi di dipendenze e i casi di AIDS e di altre malattie sessualmente trasmissive. Giovanni Minerba ha ricordato che lui e i suoi collaboratori erano in dubbio se far proiettare o meno un film dal contenuto cosi forte, ma che hanno deciso per la necessità di trasmetterlo, dopo il recente terribile caso di cronaca nera a Roma, che ha avuto come scenario un party privato gay a base di chemsex.
Ultimamente i film che parlano di AIDS sono stati sempre meno numerosi, quest’anno a questo festival assistiamo ad una vistosa inversione di tendenza. Ieri sera avevamo assistito al film australiano ‘Holding the Man‘ di Neil Armfield che descriveva una struggente storia di amore ai tempi dell’AIDS, quando ancora questa malattia non lasciava speranze di vita. Questa sera il bellissimo ‘Thèo et Hugo dans le meme bateau‘ di Olivier Ducastel e Jacques Martineau, ci descrive una storia di amore e di AIDS altrettanto intensa, ma ambienta ai giorni nostri, con i tempi di oggi ( due ore in tutto, in tempo reale, tra il primo sguardo, la scopata, la prima crisi causata dalla notizia della sieropositività e la decisione di mettersi insieme). L’AIDS oggi è una malattia che si può affrontare e curare superando le tragedie, come una delle tante disgrazie che ci possono accadere nella vita. Una malattia che oggi non ci impedisce di sperare di avere ancora un futuro felice insieme al proprio compagno.