Il Direttore Giovanni Minerba e lo scrittore Alessandro Golinelli presentano la 31ma edizione del TGLFF

I FILM DEL CONCORSO LUNGOMETRAGGI

Dal sito ufficiale del Torino Gay & Lesbian Film Festival

Dal 4 al 9 maggio 2016 a Torino, nella città in cui è nato, presso la Multisala Cinema Massimo del Museo Nazionale del Cinema si svolgerà la 31a edizione del TGLFF – Torino Gay & Lesbian Film Festival, consolidatosi negli anni come un punto di riferimento irrinunciabile per il panorama cinematografico nazionale e internazionale. Come ha dichiarato il direttore Giovanni Minerba, «Il claim di quest’anno, Infiniti sensi, precise direzioni, sintetizza il lavoro di ricerca svolto in trentuno anni di festival».

Il Direttore Giovanni Minerba e lo scrittore Alessandro Golinelli presentano la 31ma edizione del TGLFF

PRECISE DIREZIONI di Giovanni Minerba

Buio in sala, luce sullo schermo, filo rosso per entrare nel 31° Torino Gay & Lesbian Film Festival, la finzione che si mescola alla realtà nel raccontarla, riannodarla, ricostruirla. Questo Festival continua a essere un luogo aperto e disponibile allo scambio, al confronto, al rispetto, per aiutare a creare una società più giusta, più libera, più moderna, più attenta. Ma pur se molte cose cambiano, l’Italia continua a essere lontana dalla piena attuazione del dettato costituzionale che sancisce la pari dignità sociale di tutti i propri cittadini.
Continuo a chiedermi per quanto ancora dobbiamo soltanto tenere a mente e non vedere concretamente realizzato e attuato quanto disse il Presidente Obama nel suo discorso di insediamento: «La nostra missione non sarà completa fin quando i nostri fratelli e sorelle, gay, lesbiche, trans, non saranno trattati come chiunque altro davanti alla legge». Noi portiamo verso il nostro pubblico un amore lungo anni, un amore che ha osato finalmente dire il suo nome, e che oggi chiede di essere riconosciuto, tutelato, legittimato e protetto come tale, come qualunque altro amore.
Pur conoscendo volti e nomi degli antagonisti (e dei protagonisti!), restano gli stimoli a continuare, senza soste né sconti, a proporre la magia del Cinema. Perché le proposte sono state sempre generate dal cuore, dalla sapienza, dalla ricerca, anche dall’occasionalità, ma soprattutto dallo spirito del confronto, possibilmente costruttivo.
Noi non facciamo altro che continuare semplicemente a essere noi stessi, reagiamo imperterriti, eternamente ostinati a fare il nostro mestiere, perché c’è qualcosa che non riusciranno a toglierci mai: il pubblico. Siete voi, la vostra stima, il vostro affetto, il pensiero a Ottavio, a guidare le nostre scelte, a comporre il codice e il filo artistico che legano fra loro ogni titolo programmato e a far sì che si compia la magia dello schermo.
Per una volta ancora, siano questi film a continuare a cambiarci la vita.
Nei ringraziamenti non rituali è bene ricordare che non saremmo qui senza il determinante appoggio e contributo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, della Regione Piemonte, della Città di Torino e della Fondazione CRT, i pochi ma coraggiosi sponsor e partner, senza la vigile e decisiva presenza del Museo Nazionale del Cinema. Buon Festival!

A PARTIRE DA STONEWALL di Alessandro Golinelli

Può capitare di risvegliarsi una mattina e di trovarsi all’improvviso cambiati, cresciuti, adulti. È ciò che è successo al trentunenne TGLFF perché anche il cinema a tematica gay e la società occidentale, compresa quella italiana, sono maturati. Non si diventa adulti all’improvviso, però, come ci ricorda il film Stonewall di Roland Emmerich, non a caso titolo di apertura del festival, ci sono voluti anni di lotte. Ma ora, il cinema gay non può più solo raccontare di amori impossibili o nascosti, o di battaglie per la parità dei diritti. L’interrogativo non è più se svelarsi al mondo, ma cosa significa amarsi, come si costruisce un amore, senza più la scusa di una società che lo ostacola, che lo rende impossibile appunto, come è sempre stato. È questa la domanda che sottende numerose pellicole quest’anno, specie in concorso, come Kater, il film austriaco già vincitore del Teddy 2016 alla Berlinale, dove un gesto insensato interno alla coppia impone un lungo calvario a un legame felice e perfettamente inserito nella società; come Stuff, dove la crisi in una coppia lesbica con due figlie nasce per i soliti motivi: stanchezza, routine, tentazioni, e non per pressioni esterne. O come Those People, che intreccia le vite di tre rampolli dell’alta borghesia newyorchese dove i pregiudizi sociali vengono resuscitati a sostegno dei propri. È il tema di fondo, l’amore nel mondo post Stonewall, di Théo e Hugo dans le même bateau di Olivier Ducastel e Jacques Martineau, una riflessione sulla responsabilità, la sincerità, la fisicità, dopo una notte di sesso libero e non protetto, in un’epoca post Aids, consapevole. O anche di Beautiful Something, una pellicola della sezione Extra, dove quattro giovani gay di Philadelphia non possono incolpare la società per la loro infelicità, per la difficoltà a trovare la quadratura tra le varie combinazioni di sesso e amore. E senza dubbio la liberazione sessuale è al centro delle lezioni del professore di filosofia, che coinvolge un discepolo nella ricerca del pansessualismo, nel film del raffinato regista taiwanese Scud, Utopians, dove rispunta l’utopia di un sesso senza confini e definizioni dopo anni passati a costruire identità, o precise direzioni, come dice il claim del festival, pur influenzate da infiniti sensi, anche inesplorati.
La direzione che ci indicano però altri due film in concorso è forse la più sorprendente, il ribaltamento di fronti: l’omosessuale non è più soggetto debole della storia, come nel mondo pre Stonewall, anche nelle situazioni nelle quali era sempre costretto ad esserlo. Come nell’amore impossibile tra gay e etero. Invece Wo willst du hin, Habibi?, mette in scena un gay liberato, addirittura musulmano, che tesse con leggerezza e disincanto la tela della seduzione nei confronti di un bad boy, fino all’happy end, per nulla scontato. O come nel rapporto col padre, dove era spesso il figlio gay a perdere, mentre Viva ci racconta di una giovane drag queen a L’Avana capace di amare il padre, ex pugile violento e omofobo, sino all’ultimo istante, sino a riconquistarlo con sensibilità, determinazione, forza.

In un modo meno drammatico, anzi fin troppo ottimistico forse – uno dei meriti del cinema e del nostro festival è saper essere un passo avanti – il rapporto padre figlio viene ribaltato anche in ben quattro cortometraggi: Xavier, dove un padre capisce e sostiene le inclinazioni omosessuali del figlio ancora bambino, Nasser, dove una ragazzina musulmana che ama vestirsi da uomo riceve dal padre l’approvazione negatale dalla madre, Lost and Found, dove è il temuto genitore a togliere dai guai il figlio ricattato per i suoi gusti sessuali, e Crossroads, dove un ragazzo sottovaluta l’amore del padre dopo una reazione violenta. Il ribaltamento di scena, poi, è il tema anche di un film del Premio Queer, Girls Lost, dove un trio di ragazze tormentate dai bulli si trasforma in maschietti bevendo un nettare magico.

Ma il cinema gay si dimostra adulto perché è capace di guardare il passato con indulgenza, ammirazione, coma fa anche il festival con gli omaggi a Ettore Scola, con Una giornata particolare preceduto da un video dello sceneggiatore Maurizio Costanzo, David Bowie, geniale creatore di videoclip e attore, oltre che grande musicista, e la proiezione di Un Chant d’amour per ricordare Jean Genet e rendere omaggio a Gianni Rondolino.

Tra i film in concorso, Summertime racconta un amore non del tutto impossibile nell’epoca del femminismo degli anni ’70, in Francia, tra una giovane campagnola e una cittadina più matura. Holding the Man ci trascina in una storia d’amore che ha fatto scandalo nell’Australia degli anni Settanta, seguendo l’autobiografia di uno dei due protagonisti, con un occhio di ammirazione, perché riconosce che quel legame non si è lasciato corrompere dagli ostacoli della società. Come testimonia anche Remembering the Man, un quasi making-off del film, con testimonianze dei protagonisti reali. Anche California, un film del Premio Queer, si guarda indietro con la stessa indulgenza e ammirazione, raccontando l’iniziazione amorosa di due adolescenti negli anni Ottanta in un Brasile terrorizzato dai primi casi di Aids. E altrettanto teneramente, Big Father Small Father and Other Stories mette sotto la lente del disincanto le disavventure di tre giovani nel Vietnam anni ’90, alle prese con la miseria e la lotta per la sopravvivenza. Il Premio Queer, però, incentrato su nuovo cinema, giovani autori e protagonisti adolescenti, ripropone per forza di cose i temi classici della giovinezza, anche dello stesso cinema a tematica: come la confusione sessuale, le domande impossibili, la paura della propria diversità, il desiderio di approvazione e le pulsioni autodistruttive di Connor Jessup, protagonista traumatizzato ma determinato, di Closet Monster, o del gruppo di ragazzini sbandati del durissimo film spagnolo The Heroes of Evil. Turbamenti interiori, motivati dalla propria peculiarità e non principalmente dall’ambiente ostile. In ogni caso i giovani registi non rappresentano più gli omosessuali come i deboli del gruppo. Questi sono comunque più avanti dei genitori, come in Barash, dove una diciassettenne innamorata di una compagna di scuola mette in crisi con tenacia e coraggio le ipocrisie della società israeliana, ufficialmente liberata. O in O ninho, di Filipe Matzembacher e Marcio Reolon, dove il protagonista intraprende un coraggioso e sorprendente viaggio alla ricerca del fratello gay scomparso. Per inciso, anche molti cortometraggi propongono giovani coraggiosi: come il protagonista di Perpetual, che organizza la sua propria iniziazione, o come la ragazzina protagonista di Victor XX, capace di combattere i pregiudizi degli eterosessuali e delle lesbiche nei suoi confronti di transgender. O come il sedicenne abusato durante il college in Lost Years, il bambino che affronta il padre gay in Double Negative, il giovanissimo gay che sfida i bulli in un gioco pericolosissimo in En la azotea, e infine i ragazzi iracheni che gridano la loro omosessualità dai tetti di Bagdad in The Society.

Nel cinema gay adulto, sulle direzioni prevalgono le sensazioni, perché gli autori, sollevati dal peso di dover raccontare l’emarginazione, sembrano avere minori limiti tematici, e il coraggio di porsi domande originali: così si chiede quanto l’essere omosessuali influenzi la nostra percezione dell’immigrazione, come nel film Die Geschwister dove un giovane gay ha a che fare con una strana coppia fratello/sorella di immigrati clandestini. O ci si chiede se essere lesbiche cambi la concezione del potere come nel sontuoso ritratto della regina Cristina di Svezia, The Girl King, di Mika Kaurismaki. Oppure, per citare ancora i cortometraggi, si ipotizza che l’Alzheimer ci permetta di rivivere il passato come avremmo desiderato, in Wayne; che un gay nel futuro, per le sue indecisioni, abbia modificato irrimediabilmente il passato, come in The Future Perfect; che un giovane che tenta il suicidio riceva un miracoloso aiuto in Trigger; o che un anziano possa sostituire l’amore della sua vita cercandolo in discoteca come in Mr. Sugar Daddy, o che, ancora, un ragazzino del Settecento si risvegli ai giorni nostri, come in Merletti e Borotalco, un corto italiano.

A riprova che anche la società italiana è cambiata basta la qualità dei prodotti cinematografici nazionali, che non è mai stata superiore a quest’anno, dai documentari La Tarantina, su un noto “femminiello” napoletano e Lina Mangiacapre: artista del femminismo. Segno di maturità del nostro cinema, raggiunto anche grazie al fatto che istituzioni come il Centro Sperimentale di Cinematografia hanno cominciato a produrre corti a tema da alcuni anni, con risultati sempre più convincenti come il già citato Merletti e Borotalco, Colla, suadente e poetica notte di iniziazione a Procida, o La Tana, su un incontro fortuito tra due ex amanti in villeggiatura e il documentario Al di là dello specchio. Ma anche gli indipendenti ottengono risultati, con il bel film sul bullismo Bullied to Death del pluripremiato Giovanni Coda, lo struggente corto in concorso, SkSonderkommando, su una storia gay nei lager nazisti, o Misteriosofica fine di una discesa agli inferi di Giuseppe Bucci.

Ma il mondo non è cambiato in meglio dappertutto. Gli omosessuali sono ancora messi a morte come ci ricorda l’intenso The Culprit, ambientato in Iran. Integralismo religioso e arretratezza culturale fanno sì che l’omosessualità sia illegale in molti paesi e in altri si possa comunque essere sottoposti ad abusi, anche nel mondo post Stonewall. Per questo il festival ha voluto mettere l’attenzione su alcune pellicole come Fair Haven, su un ragazzo reduce da una clinica per curare l’omosessualità, Oriented, su tre giovani gay palestinesi costretti a vivere in Israele, o Henry Gamble’s Birthday Party, dove una festa di compleanno diventa l’occasione per sfogare i propri pregiudizi e le proprie tensioni su un giovane ospite gay.

Ma il TGLFF è nato con uno spirito rivoluzionario, con la volontà di strappare un velo, dallo schermo e dal mondo. Così si è voluto puntare un riflettore sulla Tunisia, dove l’omosessualità è illegale e combattuta dall’integralismo religioso. Un paese dove oggi, però, si è acceso un dibattito; una società giovane, dove il movimento gay è alle prime armi, esattamente come accadeva da noi quando Giovanni Minerba e Ottavio Mai hanno creato il festival. Due cortometraggi ci daranno l’occasione di capire se la rivoluzione dei gelsomini sia completamente sbocciata, Face à la mer, un sorprendente coming out, un classico del cinema gay dei primi anni, e Boulitik, su altro tema immortale, l’ipocrisia. Lo stesso che affronta, con ironia e leggerezza, Baby Steps, il film che chiude il festival e che mette a nudo le falsità dei parenti di fronte a una coppia gay che vuole un figlio con l’utero in affitto. Non da noi, a Los Angeles…

L’IMMAGINE GUIDA

L’immagine guida di quest’anno rappresenta l’identità proteiforme, vulcanica, sensibile, di un Festival attento ad accogliere creatività e storie differenti, a proporre vite sottotraccia e provocazioni, a stimolare dibattiti e riflessioni. Sempre lungo una linea di coerenza etica e sociale, che ha contribuito e contribuisce a definire i valori della nostra contemporaneità. L’audacia ha in sé genio, potere, magia.

IL VERNISSAGE E IL FINISSAGE

La serata di apertura che si svolgerà il 4 maggio alle 20.30 prevede la proiezione in anteprima italiana di Stonewall di Roland Emmerich (USA, 2015). Il film scelto per il vernissage, diretto dal regista tedesco, è interpretato da Jeremy Irvine, Jonathan Rhys Meyers e Vladimir Alexis. La pellicola racconta la storia di Danny Winters, cacciato di casa perché gay, che si trasferisce a New York nel 1969 ed entra in contatto con la nascente scena LGBT del Greenwich Village.
 
La serata di chiusura (9 maggio, ore 20.30), durante la quale verranno annunciati ufficialmente i vincitori, prevede, la proiezione in première italiana  di Baby Steps di Barney Cheng (Usa/Taiwan, 2015), primo lungometraggio del regista, prodotto da Li-Kong Hsu, storico produttore di Ang Lee.

I NUMERI

L’edizione di quest’anno avrà in programma 84 film, tra lungometraggi, cortometraggi e documentari, che sono rappresentativi della pluralità di voci proprie del cinema LGBT. Si contano ben 54 anteprime italiane, 2 anteprime europee e 9 anteprime mondiali. Le nazioni più rappresentate, con 18 film, sono gli USA e l’Italia, a cui è dedicata la sezione Km 0: gli italiani. Spiccano poi la Germania, con 8 titoli, il Regno Unito con 6, Canada e Francia, entrambi con 5 pellicole. Tra le altre, si segnalano opere dall’Iraq (in coproduzione con la Germania), dal Vietnam, da Taiwan e da Cuba. Un’attenzione particolare sarà riservata a India e Tunisia. Verranno assegnati 5 premi: il Premio Ottavio Mai, individuato da una giuria di 3 esperti composta dal direttore della sezione Panorama della Berlinale e creatore del Teddy Award, Wieland Speck, la cantante Paola Turci e l’attore Alessandro Borghi; il Premio Queer e il Premio al miglior cortometraggio, che potranno contare su due giurie composte dagli studenti del DAMS dell’Università degli Studi di Torino e dell’Agenzia formativa tuttoEuropa. Il pubblico assegnerà poi due riconoscimenti: il premio The Best Torino al miglior lungometraggio (scelto tra i titoli del Concorso lungometraggi e del Premio Queer) e il premio per il Miglior cortometraggio.

I FILM E GLI OMAGGI

Il 2016 è stato già segnato dalla scomparsa di importanti personalità artistiche e culturali, che hanno lasciato una grandissima eredità. Fra questi, durante il 31° TGLFF saranno ricordati: Gianni Rondolino, con la proiezione di Un chant d’amour di Jean Genet (Francia, 1950), opera da cui rimase impressionato dopo averla vista al 7° TGLFF; David Bowie, del quale sarà ripercorsa la vita artistica con una selezione dei suoi videoclip più significativi curata in collaborazione con il festival Seeyousound, e Ettore Scola, con Una giornata particolare (Italia, 1977) nella versione restaurata dalla CSC-Cineteca Nazionale presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata di Bologna (con la supervisione di Luciano Tovoli). Alla proiezione, che sarà preceduta da un videomessaggio di Maurizio Costanzo, sarà presente la figlia Silvia Scola.

Fiore all’occhiello della programmazione: Chemsex (Uk, 2015) di William Fairman e Max Gogarty. Il film racconta sedici storie legate a una pratica divenuta emergenza nella comunità gay londinese e non solo: il chemsex, una combinazione di sesso e droghe sintetiche, usate per far cadere le inibizioni in un contesto sessuale estremo. Saranno presenti il regista William Fairman e il medico David Stuart, fra i protagonisti del documentario.
Gli “infiniti sensi” di quest’anno si esprimeranno anche con una nutrita partecipazione di film italiani, a testimonianza della grande attività dei registi nostrani. Fa il suo ritorno al TGLFF il cagliaritano Giovanni Coda che, dopo aver partecipato, nel 2013, con Il rosa nudo (che ha ricevuto diversi riconoscimenti), porterà a Torino il suo nuovo lavoro Bullied to Death (Italia/Usa, 2016). Uno spazio del festival, poi, sarà dedicato interamente al Centro Sperimentale di Cinematografia con quattro titoli. Si tratta dei cortometraggi La tana di Lorenzo Caproni, Colla di Renato Muro e Merletti e borotalco di Riccardo Di Mario, Lilia Miceli, Anna Peronetto e Sara Tarquini, quest’ultimo prodotto dal Dipartimento animazione del CSC Piemonte. In programma anche il documentario Al di là dello specchio di Cecilia Grasso, che narra la storia delle Eyes Wilde Drag, gruppo di performer e attiviste che, dal 2007, realizza spettacoli e laboratori per diffondere l’arte legata al mondo delle drag king. Premiato come miglior documentario ai recenti Teddy Awards della Berlinale e presentato al Sundance 2016, Kiki di Sara Jordenö (Svezia/Usa, 2016) farà invece parte della selezione fuori concorso del 31° TGLFF. “Kiki” è un movimento di arti performative, diffuso a New York, che funge da collante per la comunità LGBT afroamericana. Al documentario, in veste di coautore, ha collaborato il ballerino e attivista Twiggy Pucci Garçon, da anni impegnato nell’organizzazione e nella promozione di eventi nel Bronx. Per sancire, una volta di più, il legame tra i Teddy Awards e il TGLFF, quest’anno sarà proiettato Welcome All Sexes: 30 Jahre Teddy Awards di Rosa von Praunheim, omaggio del regista alla manifestazione berlinese.

I TEMI

Le tematiche dei film, in concorso e fuori concorso, spazieranno dalla religione ai rapporti affettivi e sessuali, dal bullismo ai rapporti familiari che saranno ad esempio protagonisti del film Né Giulietta, né Romeo (Italia, 2015) di Veronica Pivetti che sarà presente al festival e protagonista di un dibattito organizzato con l’Ordine degli psicologi del Piemonte e il Coordinamento Torino Pride sabato 7 maggio alle 10.30. Alla religione, analizzata in una più ampia accezione di rapporto dei vari credo con la vita di tutti i giorni e con alcuni fenomeni sociali, sarà dedicata la sezione Liberaci dal male, composta da sei film e alcuni eventi speciali.

IL TGLFF ANCHE PER I BAMBINI

Per il Torino Gay & Lesbian Film Festival la cultura è un diritto: per questo motivo la programmazione ogni anno è pensata per poter abbracciare un pubblico il più vasto ed eterogeneo possibile. In quest’ottica e in controtendenza con un diffuso modo di pensare che considera i bambini e il mondo LGBT due mondi distanti e inconciliabili, il TGLFF, in collaborazione con Giovani Genitori e Famiglie Arcobaleno, ospita per il terzo anno consecutivo Cinema con bebè, iniziativa rivolta a tutte le famiglie con bambini. La mattina di domenica 8 maggio verrà proiettato il film d’animazione Il viaggio di Arlo di Peter Sohn, con una formula su misura per i più piccoli e per i loro genitori: volume ridotto, luci soffuse, fasciatoio, merenda, scalda biberon e passeggino parking.

Il Torino Gay & Lesbian Film Festival è amministrato dal 2005 dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e si svolge con il patrocinio del MiBACT – Direzione generale per il Cinema, della Regione Piemonte e del Comune di Torino.
Il Torino Gay & Lesbian Film Festival è online su: www.tglff.it

I FILM DEL CONCORSO LUNGOMETRAGGI

2016/05/05 ore 20:30
   Viva di Paddy Breathnach
  tendenza: GGG
tipologia: Drammatico – durata min.: 100
nazione: Irlanda/ Cuba
anno: 2015
Film presentato dall’Irlanda (regista e finanziamenti) e selezionato agli Oscar come miglior film straniero, che si svolge completamente in terra cubana, facendoci scoprire bellissimi angoli segreti e lontani dai percorsi turistici. Racconta la storia di Jesus (Héctor Medina) un giovanegay senza soldi, che vaga sovente per le vie dell’Havana e lavora presso un cabaret di drag come parrucchiere (prepara le parrucche) gestito dalla performer Mama (Luis Alberto García) . Jesus vive in uno squallido appartamento che spesso presta alla sua amica Cecila (Laura Alamán) così che possa dormire con uomini senza il controllo della sua famiglia. Mama è praticamente l’unica figura parentale per il solitario Jesus, che gli evita di guadagnarsi soldi prostituendosi sulla strada. Quando Jesus chiede di poter esibirsi anche lui sul palco (così da guadagnare qualche soldo in più), Mama è riuttante. Alla sua prima esibizione come drag queen Viva (nome d’arte rubato ad una rivista poggiata sul tavolo), Jesus si dimostra goffo, troppo maschile, con una brutta andatura e spalle troppo alte. Mama e un’altra collega decidono però di aiutarlo insegnandogli maggiore teatralità e sentimento nell’esibizione. Il pubblico, prevalentemente gay, è comunque da subito entusiasta e questo è quello che conta. Jesus sta iniziando ad assaporare il successo quando nota tra il pubblico un uomo che lo fissa con insistenza. Avvicinatolo gli regala una dolce carezza ma questo gli risponde con un pugno in faccia dicendogli con estremo disgusto “Io sono tuo padre”. Angel (Jorge Perugorría) è infatti il padre che Jesus non vede da 18 anni e che è appena uscito di prigione. Jesus decide però di non guardare al passato ma al futuro e accoglie Angel nella sua casa senza fare domande. Angel è un ex pugile perdutosi nell’alcool che vive nel ricordo dei suoi giorni di gloria. Naturalmente maschilista e omofobo non può sopportare un figlio gay che si traveste da donna, tenta quindi di impedirgli di esibirsi come drag queen, mentre Mama cerca di sostenerlo. Il rischio che Jesus debba tornare sulla strada per guadagnare qualche soldo è altissimo… I temi dell’accettazione, del perdono e del bisogno di legami famigliari si uniscono in un racconto delicato e sentimentale ma estremamente vivo ed accattivante, grazie anche a superbe performance e all’ottima musica che accompagna le esibizioni di Viva.
 
 

2016/05/05 ore 22:30
   Wo willst du hin, Habibi? di Tor Iben
  tendenza: GGG
tipologia: Drammatico – durata min.: 79
nazione: Germania
anno: 2015
Tor Iben è uno dei registi tedeschi che nei suoi film affronta con cognizione di causa il tema dell’omosessualità e dell’emarginazione, come testimoniano i suoi due titoli precedenti”The Passenger” (2011) e “Cibrâil” (2010). Succede anche in questo bel film, realizzato anch’esso grazie ad un progetto di crowfunding, che mette al centro un gay di origine turca (i suoi nonni immigrarono in Germania), Ibrahim (Cem Alkan) e un etero donnaiolo e criminale, Alexander (Martin Walde). Qui il tema dell’omosessualità non è più quello dell’accettazione, in quanto Ibrahim, chiamato Ibo, è sicuro di se stesso e di quello che vuole, nonostante una famiglia tradizionalista. Si è laureato con ottimi voti in amministrazione aziendale, riesce a risolvere i vari problemi che i genitori incontrano con le autorità tedesche, afferma con convinzione: “Io sono berlinese e voglio continuare a vivere in Germania”, ma non riesce a trovare un lavoro. Così deve accettare qualsiasi tipo di occupazione che gli permetta di guadagnare qualcosa, come ad esempio lavorare in un film porno. Il suo obiettivo resta quello dell’affermazione di se stesso, anche come gay, persona che come tutte ha diritto alla sua felicità. Incontra lo svedese Lars (Anton Korppi-Tommola) col quale ha un rapporto che rimane occasionale perchè Lars deve ritornare in patria. Incontra poi il ladruncolo Alexander, chiamato ‘Ali’, che è etero ma del quale s’innamora pazzamente. Ibo riesce a gestire molto bene questo difficile rapporto (che lo obbligherà anche ad un fantastico coming out). Quando Ali viene pestato da due malviventi e ricoverato in clinica con le ossa rotte scoprirà la forza della sua devozione verso Ali… Ottima la chimica tra i due protagonisti, bravissimo Cem Alkan a rivelarci il carattere furbo e intellligente, a volte anche divertente, del suo personaggio Ibo. Forse un po’ stereotipati alcuni famigliari di Ibo e magari poco credibili gli zii che lo sostengono con troppa convinzione, ma la rappresentazione di situazioni e ambienti ai margini della società è efficace e riesce ad unire tematiche differenti in un interessante quadro complessivo assai accattivante. Bravo il regista e gli sceneggatori ad inserire i toni della commedia in un film essenzialmente drammatico. Un film che si prepara a diventare un caposaldo del cinema queer europeo.
 
 

2016/05/06 ore 20:30
   Holding the Man di Neil Armfield
  tendenza: GGG
tipologia: Drammatico – durata min.: 124
nazione: Australia
anno: 2015
In una delle prime scene del film vediamo Timothy Conigrave (Ryan Corr) alle scuole superiori che mima Romeo e Giulietta, come se gli autori volessero farci capire subito il genere di storia che ci stanno raccontando: una passione proibita con conseguenze fatali. La storia è tratta dal libro autobiografico scritto da Timothy Conigrave, pubblicato nel 1995 (pochi mesi dopo la sua morte), che racconta del terribile periodo che afflisse la comunità gay tra i ’70 e ’90. Il libro, ristampato quattordici volte, ha vinto lo United Nations Human Rights Award, ed è entrato nella lista dei 100 migliori libri australiani. Nel 2006, trascritto da Tommy Murphy (qui sceneggiatore), è diventato una delle opere teatrali di maggior successo degli ultimi anni. Nel 1976, Tim frequenta una scuola privata maschile a Melbourne dove conosce, sul campo di calcio,John Caleo (Craig Stott). Il primo è un aspirante attore, il secondo una promessa del calcio,due ragazzi che sembrano avere poco in comune, ma che da subito percepiscono una fortissima attrazione. Saranno lo scandalo dei loro compagni di scuola, dei loro maestri, delle loro rispettive famiglie, ma niente riuscirà a separarli fino agli anni ottanta… Una storia d’amore intensissima, che non evita momenti difficili, come tradimenti e ripicche, ma che non si arresta mai. Nel 1985 riescono a trasferirsi a Sidney e si sentono al settimo cielo quando, improvvisa, arriva la diagnosi di HIV. Fino al 1990 i sintomi dell’Aids saranno relativamente lievi, ma il loro incredibile amore li supporta in ogni momento…Anche se i dialoghi hanno un’importanza rilevante, quello che sorregge veramente il film è la storia, raccontata cronologicamente, illuminata da una fotografia calda e da un montaggio avvincente e pieno di ritmo. I due protagonisti sono perfetti, autentici e istintivi, mirabili nell’esprimere la forza del sentimento che li unisce, sempre toccanti e profondi. Corr (forse poco credibile come immagine negli anni più giovani di Conigrave) conferisce al suo personaggio un’energia straordinaria, passionale, che contrasta con la sobrietà di Stott, e che contribuisce a rendere naturale e credibile la forte chimica che li unisce. Stupenda la colonna sonora rock che utilizza la musica di quegli anni, diventata ormai senza tempo, immortale, come la splendida storia racontata dal film.
 
 

2016/05/06 ore 22:30
   Belle saison, La di Catherine Corsini
  tendenza: LLL
tipologia: Drammatico – durata min.: 105
nazione: Francia
anno: 2015
Siamo nel 1971. Delphine, figlia di una famiglia contadini, ha sempre saputo di essere omosessuale, ed ha avuto qualche storia segreta. Adesso che il femminismo e la ‘rivoluzione’ avanzano, almeno a Parigi, decide di trasferirsi nella grande città, alla ricerca dell’indipendenza, sia famigliare che economica (magari organizzandosi per mettere in piedi una sua azienda, cosa difficile a quei tempi per una donna), e soprattutto della libertà sessuale. Qui incontra Carole, un’attivista dell’FML, movimento in lotta contro la supremazia del patriarcato, fidanzata con Manuel, che rimane però subito colpita e turbata da Delphine. Carole si ritiene infatti etero e non ha mai pensato di poter amare le donne. Ma l’attrazione tra le due donne è irresistibile ed esplode in breve tempo… Una storia d’amore che dovrà fare i conti con la realtà, un film definito il Brokeback Mountain lesbico, che si presenta diviso in due parti, nella prima ci viene mostrato l’ambiente dei movimenti di liberazione femminili (che alcuni danno come promotori della liberazione omosessuale) dove nasce e si sviluppa l’amore tra le due donne, solare e forte dello spirito di lotta e di solidarietà che le circonda, dove ognuno crede che tutto sia possibile. La regista, qui al suo quarot film su tematiche LGBT (Les Amoureux ,1994; La Nouvelle Eve, 1999; e La Répétition, 2001), utilizza dialoghi edificanti con situazioni a volte picaresche (come la liberazione di un amico gay internato in un manicomio), per restituirci l’eccitazione di quegli anni. Nella seconda parte abbiamo il ritorno alla terra dove Delphine dovrà decidere tra una vita predestina o l’ignoto incarnato dalla sua passione d’amore. Partecipiamo alla sua sofferenza, che ricade pesantemente su Carole, e genera intense emozioni. Il film viene presentato in Piazza Grande al festival di Locarno 2015.
 
 

2016/05/07 ore 16:15
   Stuff di Suzanne Guacci
  tendenza: LLL
tipologia: Drammatico – durata min.: 98
nazione: USA
anno: 2015
Deb (Yvonne Jung) e Trish (Karen Silas) sono una coppia lesbica insieme da 14 anni. Hanno due splendide bambine. Deb ha scelto di fare la casalinga, rinunciando alla carriera, anche per dare maggiore libertà a Trish che, da capofamiglia, ha così potuto dedicarsi completamente alla realizzazione del suo studio dentistico. Tutto andava benissimo fino a cinque anni fa, quando è venuto a mancare il padre di Trish. Da allora Trish non fa che preoccuparsi della madre Ginger rimasta sola e sempre in attesa di costruire una lapide al marito (la compagnia di assicurazione non l’ha ancora risarcita). Ginger sembra inoltre custodire un segreto che potrebbe preoccupare Trish. Ma nonostante il dolore per la perdita del marito, Ginger non è affatto depressa e tutte le proccupazioni della figlia a suo riguardo potrebbero essere inutili. In questi ultimi anni Deb e Trish si sono allontanate una dall’altra ed ognuna si sente insoddisfatta della propria vita. Un giorno, per caso, Deb incontra la tatuata Jamie. E’ successo che Joey, il figlio di Jamie che frequenta la stessa scuola di Samantha, la figlia più giovane di Trish, ha colpito con un sasso quest’ultima. Jamie vuole rimediare all’incidente ed invita Deb e le sue figlie ad un incontro amichevole. Tra le due donne nasce subito una forte amicizia, ed iniziano a confidarsi le cose più intime. Jamie è una ex tossica che cerca di evitare in ogni modo il violento padre di Joey, Brian (Joseph A. Halsey), ancora preso dai suoi vizi. Deb è in un periodo senza sesso con la moglie sempre più distante. L’attrazione tra le due donne è quasi obbligata, nonostante la loro diversità. Siamo sull’orlo del disastro per la famiglia Trish? Cosa succederà quando tutto verrà a galla?… Ottimo cast e ottima sceneggiatura per un dramma che ci porta ad esplorare la storia intima di quattro donne. Nessuna di esse è completamente cattiva o completamente buona, ognuna sembra avere delle valide ragioni per quello che fa. Le due protagoniste si accorgono di non riuscire più a comunicare e si stanno chiedendo se stanno insieme solo per un dato di fatto. Anche se all’inizio il film ci frastorna con eccessivi dialoghi, poi riesce molto bene a farci entrare nella dinamica degli eventi. Uno dei pochissimi personaggi maschili del film, Brian, è anche l’unica figura stereotipata, chiaramente lontana dagli interessi della regista e sceneggiatrice Suzanne Guacci, qui al suo secondo lungometraggio.
 
 

2016/05/07 ore 20:30
   Paris 05:59 di Olivier Ducastel
  tendenza: GGG
tipologia: Drammatico – durata min.: 90
nazione: Francia
anno: 2016
Anteprima mondiale alla Berlinale 2016 che festeggia il 30mo Teddy Award con un ricco programma di film LGBT. Olivier Ducastel e Jacques Martineau sono due beniamini del pubblico gay che li ha già apprezzati per splendidi film come “Le avventure di Felix”, “Questa casa non è un albergo” e “L’arbre et la forêt”. Questa volta i due registi ci raccontano le vicende di una coppia gay, Théo e Hugo, che s’incontrano per la prima volta in un locale gay, dove fanno sesso hard senza protezioni, benchè uno dei due sia sieropositivo (sono i primiventi minuti bollenti del film). All’uscita dal locale i due restano insieme ed iniziano a girovagare nella Parigi notturna. Chiacchiera dopo chiacchiera i due giovani si accorgono che qualcosa d’importante ed inatteso li sta tenendo uniti. Per entrambi stiamo assistendo alla virulenza emotiva del primo amore.Inizia quindi per loro una nuova storia, ma emerge un grave problema che rischia di mandare tutto in frantumi… Film intrigante che affronta problemi ben conosciuti dal pubblico gay ma con originale vivacità e intensità, senza lesinare su scene al limite dell’hard.
 
 

2016/05/08 ore 18:00
   Those People di Joey Kuhn
  tendenza: GGG
tipologia: Drammatico – durata min.: 89
nazione: USA
anno: 2015
Opera prima, in parte autobiografica (originata da una tesi di laurea), destinata ad un sicuro successo presso gli amanti del cinema a tematica. Soprattutto perchè, a differenza di tanti altri film, non parte e non arriva alle problematiche più abituali del cinema queer adolescenziale, come coming out ed accettazione, ma affronta le tematiche che aspettano ogni ventenne al passaggio verso l’età adulta. In questo caso riferite, quasi per caso, a personaggi gay. Giovani che devono elaborare la propria breve esperienza per acquisire la forza e la lucidità necessarie ad impostare la loro vita futura, come l’amore non corrisposto, sempre doloroso, ma ancora di più quando l’oggetto di tanto amore sembra ritornare sui suoi passi. Charly (Jonathan Gordon) è intimo amico, sin dalle scuole elementari, di Sebastian (Jason Ralph). Hanno diversi interessi in comune e le stesse passioni musicali (Gilbert e Sullivan).Charly è un pittore di ritratti che all’inizio del film sentiamo raccontare ai compagni della scuola artistica la storia della tartaruga amatissima dal suo padrone che per questo la ricopre di così tanti gioielli da farla soccombere per il troppo peso (scopriremo più tardi l’identità della tarturaga). E’ un ragazzo dal cuore d’oro, gay, cronicamente single. Da sempre più o meno segretamente innamorato di Sebastian. Quando li vediamo insieme che ascoltano il giradischi seduti sul pavimento fissandosi platonicamente negli occhi, percepiamo subito che c’è qualcosa di molto forte che li tiene uniti, anche se non fanno sesso, sprigionano sessualità ed attrazione da ogni poro (grazie anche all’ottima chimica tra i due protagonisti). Sebastian è il figlio ed erede di un banchiere corrotto che viene incarcerato, lasciandolo disperato e solo, in balia dei paparazzi. La ricchezza ed il successo erano state la sua stella polare, ed ora che tutto precipita, si sente solo e distrutto, è il momento in cui ha più bisogno di sostegno e vicinanza. Ma questo è anche il momento in cuiCharly incontra Tim (Haaz Sleiman), uno straniero, un pianista di concerto affascinante e aggressivo. Al quale si concede lasciando però sempre una gamba fuori dalla porta, quella che aspetta Sebastian…Film delizioso, di un regista promettente che sa unire dramma, riflessione, erotismo e speranza, passaggi obbligati per chi vuole adire all’età adulta.
 
 

2016/05/08 ore 20:30
   Kater di Klaus Händl
  tendenza: GGG
tipologia: Drammatico – durata min.: 114
nazione: Austria
anno: 2016
Si può riconquistare il paradiso dopo esserne stati cacciati? Questa potrebbe essere la sintesi di questo delizioso film del regista Handl Klaus (già attore in due film di Michael Haneke), vincitore del Teddy Award 2016. Stefan (Lukas Turtur) e Andreas (Philipp Hochmair) sono una coppia gay che vivono in una quasi incredibile armonia nella loro splendida casa nella verdeggiante periferia di Vienna in compagnia del loro gatto Moses. Stefan suona il corno francese nella Radio Symphony Orchestra di Vienna e Andreas è impiegato nell’amministrazione della stessa. Perfetto è anche il cameratismo con gli altri membri dell’orchestra, tra i quali il timido clarinettista Lorenz (Thomas Stipsits) che ha una relazione molto più riservata col fagottista russo Vladimir (Manuel Ripley). Stefan e Andreas sono innamoratissimi, li vediamo quasi sempre nudi in casa che accarezzano il loro gatto o i loro peni con infinito amore, raccolgono fragole o prugne dal loro giardino o funghi nel bosco. Un vero paradiso di armonia e felicità. Impossibile che duri a lungo. Un giorno infatti succede un imprevisto traumatizzante. Stefan è seduto al tavolo, nudo, che accarezza, come al solito, l’adorato Moses, che però fà una mossa improvvisa provocando una inattesa e violenta reazione di Stefan. Tutto precipita, anche se Stefan non riesce a spiegare o comprendere il suo gesto. Andreas è inorridito e non riesce più nemmeno a guardare Stefan in faccia. Da quel momento non li vediamo più girare nudi nella casa, la musica del film non sono più le note sexy di Ravel ma quelle del più complicato Schubert o dell’esasperato Janacek. Quell’incidente ha portato in superficie qualcosa che entrambi faticano ad accettare. Se ne aggiunge poi un’altro, come se anche la natura si rivoltasse contro, quando Stefan cade dalla scala mentre sta raccogliende prugne. A questo punto Andreas si sente obbligato ad interrompere il suo silenzio, a far crollare il muro che ha eretto con Stefan, e si tenta una riconciliazione. Ma sarà difficile e lunga, con il trauma che spesso riaffiora, e l’impossibilità per Andreas ad avere rapporti sessuali col compagno. Quando poi i vicini di casa portano a casa un adorabile nuovo gatto… Ottima la fotografia, sempre sottilmente abbinata agli stati d’animo e bravissimi gli interpreti. Forse un po’ lento e sdolcinato in alcuni momenti o troppo austero in altri (a rischi didattico) ma comunque godibile dall’inizio alla fine.
 
 

2016/05/08 ore 22:30
   Utopians (2015) di  Scud
  tendenza: GGG
tipologia: Drammatico – durata min.: 94
nazione: Hong Kong
anno: 2015
Scud è un regista che riesce ad unire estetica e profondità d’analisi con immagini essenziali e folgoranti. Ricordiamo i suoi bellissimi “Permanent Residence” e “Amphetamine” ai quali si aggiunge ora questo intrigante “Utopians” che prosegue nella personale indagine dell’autore su amore e pansessualismo. Hins è uno studente ventunenne al suo ultimo anno di scuola che si sente stranamente attratto dal suo professore di filosofia Ming, un uomo affascinante e dalle teorie molto aperte, soprattutto sull’emancipazione sessuale. Ming ha ufficialmente una compagna, che però non sembra soddisfare tutte le sue voglie. Per questo inizia a rivolgere tutte le sue attenzioni sullo studente Hins, che sempre più affascinato dall’uomo, non saprà resistergli. Siamo però ad Honk Hong, una città, ora parte integrante della Cina, dove il sesso tra professori e studenti è severamente proibito e controllato… Non mancano scene di nudi e di sesso, in una storia dall’impronta esotica che mescola elementi di fantasia a una coinvolgente narrativa lineare.
 
 


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