Aggiornamento 1/2/2016
Tra i vincitori del 32mo Sundance troviamo “First Girl I Loved” che guadagna il Premio del Pubblico; “As You Are” ottiene il Premio Speciale della Giuria (U.S. Dramatic); Joe Seo, il protagonista di “Spa Night“, vince come miglior attore (U.S. Dramatic)
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Il Sundance Film Festival è il primo festival cinematografico importante dell’anno e come sempre, sin dalla sua fondazione nel 1978 per opera di Robert Redford, ci regala le anteprime di molti nuovi film con riferimenti LGBT. Il festival, primo al mondo per il cinema indipendente, è seguito da oltre 50 mila cinefili e ogni anno seleziona circa 200 film da una lista di oltre 12 mila titoli. Il festival non ha le cerimonie del tappeto rosso e ad ogni film viene data la stessa rilevanza, ospitandone sul palco autori ed attori.
Quest’anno nel concorso principale troviamo diversi titoli di nostro interesse come “Goat” di Andrew Neel sul tema della bullismo e del nonnisno; “Lovesong” di So Yong Kim sulla storia di un’amicizia femminile che diventa amore ma che ha paura ad abbandonare le strade già tracciate; “Other People” di Chris Kelly è l’intima e combattuta storia di un omosessuale che ritorna a casa dopo molto tempo e vi ritrova gli stessi problemi che l’avevano fatto fuggire, e si chiede dove abbia sbagliato; “Spa Night” di Andrew Ahn è la bellissima storia di un adolescente che si trova a lavorare in una sauna tradizionale dove però si consumano incontri gay e deve confrontarsi con le sue inclinazioni e con una famiglia all’antica; “Tallulah” di Sian Heder, già sceneggiatrice della bella serie “Orange is the New Black“, ci racconta le vicende di tre donne che per caso si trovano a condividere lo stesso pccolo figlio, con protagonista la dichiarata e bravissima Ellen Page. Nelle altre sezioni molto atteso il doc “Kiki” di Sara Jordenö sulle vite quotidiane dei giovani gay e trans afroamericani e latini di New York in competizione sulle passarelle; “First Girl I Loved” di Kerem Sanga storia di un’adolescente sicura di sé e del suo orientamento che deve superare i primi turbamenti dell’amore; attesissimo il nuovo lavoro di Ira Sachs, “Little Men“, già autore del bellissimo “Love Is Strange“, che questa volta abbandona gli anziani per dedicarsi a due giovanissimi ragazzini alle prese con una faida tra le rispettive famiglie coinvolte nel processo di imborghesimento di un quartiere popolare; molto interesse anche per il doc “Mapplethorpe: Look at the Pictures” di Fenton Bailey e Randy Barbato che ci guida all’origine delle fotografie che hanno scandalizzato mezzo mondo e che hanno ancora molto da dire.
Di seguito i principali titoli con tematiche LGBT.
SEZIONE U.S. DRAMATIC COMPETITION
Goat
regia: Andrew Neel
anno: 2015
sezione: U.S. Dramatic
paese: U.S.A.
Durata: 102 min
Prodotto tra gli altri dal gayfriendly James Franco e dalla dichiarata Christine Vachon, il film, diretto da Andrew Neel è un adattamento dal bestseller di memorie di Brad Land.
Vittima di un terribile pestaggio che che lo ha lasciato fisicamente ferito e psicologicamente distrutto, un ragazzo di 19 anni, Brad, deve far fronte ad una polizia locale indisponente, genitori che non vogliono parlare dell’incidente (così lo chiamano loro) e un fratello cavalcato dai sensi di colpa ma incapace di adattarsi alla situazione, convinto che il fratello non sarà mai nuovamente normale. Quando il fratello si iscrive all’università ed entra nella confraternita, Brad, teme di essere lasciato indietro per sempre e per evitare questo lo segue. Quello che accadrà lì, in nome della “fratellanza”, col presunto obiettivo di formare veri uomini, tra nonnismo, fiumi di birra, rippe che durano l’intera notte, uso delle armi, tutte iniziative tese a formare un guscio protettivo per mascherare le rispettive insicurezze, porterà Brad ad uno straziante allontanamento dal fratello. Naturalmente non mancherà la tragedia… Ottima rappresentazione degli aspetti brutali e violenti di certa mascolinità e di una cultura maschilista che si nasconde sotto la superficie di una società solo apparentemente controllata.
Lovesong
regia: So Yong Kim
anno: 2016
sezione: U.S. Dramatic
paese: U.S.A.
Durata: 85 min
Quarto film della regista So Yong Kim, già premiata al Sundance per il suo film di debutto “In Between Days” e alla Berlinale per “Treeless Mountain”. Film diviso in due capitoli, ognuno dei quali ha operatore e costumista differenti, ambientato nei bellissimi paesaggi del Tennessee. Sarah (Riley Keough) è una giovane donna, trascurata dal marito spesso in viaggio per lavoro, che accudisce la piccola figlia quasi sempre sole nella loro casa. Quando arriva a trovarla una sua vecchia amica Mindy (Jena Malone), insieme decidono di concedersi una pausa imbarcandosi in un viaggio con dietro la piccola figlia. Durante il viaggio l’amicizia tra le due donne si trasforma in qualcosa di più intimo e profondo, esplode un’attrazione sentimentale, probabilmente da sempre covata sotto le ceneri. Sarah però rimane confusa e non sa decifrare la differenza tra il suo rapporto col marito e quello con Mindy. Mindy decide quindi d’interrompere il viaggio e tornare a casa. Tre anni dopo le due donne si reincontrano in occasione del matrimonio di Mindy e per Sarah sarà l’occasione di fare chiarezza sui propri sentimenti, ma potrebbe essere troppo tardi… Una poetica, ellittica, storia d’amore agrodolce, minimalista e pittoresca, dove i silenzi e gli sguardi raccontano più dei dialoghi, che ci racconta delle zone grigie che sottendono ad una relazione, fatta spesso di desideri inespressi. Bravissima Riley Keough a trasmetterci i turbamenti interiori di Sarah, una donna soffocata dal suo isolamento. Riley Keough è figlia d’arte, con genitori Lisa Marie Presley e il musicista Danny Keough, e nonni Elvis e Priscilla.
Other People
regia: Chris Kelly
anno: 2015
sezione: U.S. Dramatic
paese: U.S.A.
Durata: 97 min
Chris Kelly, uno degli sceneggiatori del fortunatissimo “Saturday Night Live”, firma la sua prima regia cinematografica con una storia, che dichiara essere molto autobiografica (sua madre è morta nel 2009), che ha per protagonista David (Jesse Plemons, “Fargo” serie 2, “Friday Night Lights” serie, “Il ponte delle spie”, “Bent” serie), un tormentato sceneggiatore di commedie che ha appena rotto col suo fidanzato e si trasferisce da New York City a Sacramento per assistere la madre malata. Si trova quindi a convivere, per la prima volta dopo dieci anni, anche col padre conservatore che non ha mai accettato la sua omosessualità, e le sorelle più giovani. Non si era mai sentito così estraneo nella casa della sua infanzia come ora. Mentre peggiora la malattia della madre David, che sta passando uno dei periodi peggiori della sua vita, deve fare i conti con se stesso, con gli altri, con le sue scelte e coi suoi comportamenti, cercando di capire se è sulla strada giusta… Il regista è bravissimo nel catturare l’intera gamma delle emozioni che possono verificarsi quotidianamente all’interno di una famiglia. Rileva squisiti dettagli anche nei momenti più banali, che donano al film umorismo e una visione personale e rara, suggerendo che anche i problemi quotidiani della gente comune, se interpretati con sufficiente consapevolezza ed empatia, possono farci emozionare quanto quelli grandi. Indimenticabili i momenti in cui Molly Shannon e Jesse Plemons, come madre e figlio, ridono piangendo di fronte alla morte. Un film che, come ha dichiarato John Cooper, il direttore del Sundance che ha selezionato il film per la serata d’apertura, “vi farà ridere, vi farà piangere, e vi farà anche arrabbiare un po’.
Spa Night
regia: Andrew Ahn
anno: 2015
sezione: U.S. Dramatic
paese: U.S.A.
Durata: 93 min
Primo lungometraggio del giovane regista gay Andrew Ahn che aveva già affrontato il tema del coming out in famiglia nel cortometraggio “Dol”. Qui il tema si focalizza su un particolare ambiente, quelle delle terme dove spesso avvengono incontri di sesso gay. Il regista ha dichiarato che l’idea del film gli è venuta per caso quando ha sentito raccontare da un amico l’inontro sessuale che aveva fatto in una terme coreana, cosa che lo stupì perchè fin da piccolo andava alle terme col padre e mai si era immaginato che potessero accadervi queste cose. Ritornandovi in seguito da adulto ha potuto verificare che questo accadeva e che probabilmente era naturale. Può succedere facilmente quando ci si trova nudi uno di fronte all’altro in ambienti particolari, come ad esempio quello degli spogliatoi, basta solo avere l’intenzione di cercarlo. Ha quindi scoperto che esisteva un luogo dove gay e cultura coreana convivevano. Così è nato il personaggio del film, un adolescente coreano che attraverso una terme coreana scopre un mondo nuovo e una diversa identità. Per fare il film, dichiara sempre il regista, ha incontrato diverse difficoltà per accedere alle terme con la troupe in quanto sono ambienti che vengono considerati come fossero delle chiese, dei luoghi sacri e riservati. Ma era proprio questa difficoltà a spronare il regista nell’indagare su come due culture, quella coreana e quella delle relazioni gay, potessero coesistere nello stesso ambiente. David Cho è un giovane omosessuale velato che si trova in quella età di mezzo tra l’adolescenza e la virilità. Vive coi genitori, una famiglia molto affiatata e tradizionalista (i suoi genitori sono la prima genarazione d’immigrati), nel cuore del quartiere coreano a Los Angeles. David lavora presso il ristorante di famiglia, ma la clientela diminuisce sempre più e il locale è costretto alla chiusura. La madre, Soyoung, trova un lavoro come cameriera, ma il padre resta disoccupato e cade in una spirale di depressione. In casa le tensioni e le preoccupazioni crescono. David, per fare contenta la madre, finge di andare a scuola ma in realtà, per aiutare il sostentamento della famiglia, ha trovato un lavoro presso una terme coreana. In questo luogo scopre un mondo sotterraneo di sesso gay, che inizialmente lo spaventa ma che nello stesso tempo lo eccita. Si troverà a dover esplorare la propria sessualità mentre vede sbriciolarsi la vita familiare, a dover conciliare i propri desideri con le proprie speranze, i suoi sogni e le aspettative dei genitori. Bravissimo l’attore Joe Seo nel ruolo di David e nel farci comprendere il dramma dell’intimo risveglio sessuale. Ottimo debutto del regista e sceneggiatore Andrew Ahn che, come il suo personaggio principale, si trova sull’orlo di qualcosa di grande e assai promettente.
Tallulah
regia: Sian Heder
anno: 2015
sezione: U.S. Dramatic
paese: U.S.A.
Durata: 111 min
Opera prima (che però si avvale di un ottimo cast) di Sian Heder, sceneggiatrice di una delle migliori serie degli ultimi anni, “Orange is the New Black”. La storia si basa sulla percezione di Sian riguardo a donne che “probabilmente sanno di non poter aver mai dei figli e che perciò sono disposte a tutto pur di averne uno”, ispirandosi anche alla propria personale esperienza di quando lavorava come baby sitter per gli ospiti di un hotel a Los Angeles e le venne chiesto di accudire il bambino di una donna negligente che era venuta in hotel solo per avere una relazione extraconiugale. Sian ha detto che dopo quel fatto fuggi dall’hotel e pianse pensando che avrebbe dovuto salvare quel bambino. La giovane vagabonda Tallulah (l’attrice dichiarata Ellen Page), detta Lu, vive in un furgone ed è fiera della sua indipendenza e del suo vivere alla giornata. Questo tipo di vita è diventato però troppo faticoso per il suo fidanzato, Nico, che una notte, senza tante cerimonie la lascia. Un incontro casuale la porta a badare al bimbo di una madre benesante ma irresponsabile, cosa che la induce a sottrarle il bimbo e a farlo suo. Non sapendo però cosa fare, Lu si rivolge alla madre del suo ex fidanzato, Margo (Allison Janney), facendole credere di essere la nonna del bimbo. Le due donne, nonostante le differenze di età, classe e visione del mondo, formano una amabile e strana coppia, come fossero una nuova famiglia, nonostante i continui scontri sul concetto di maternità e altro. Margo comunque non è a conoscenza del fatto che la polizia è sempre alla ricerca del bimbo rapito. Le cose prenderanno una piega ancora più accattivante dopo che Lu dovrà restituire il bimbo alla madre e le tre donne inizieranno una bella esperienza di unione e comprensione reciproca…. Una deliziosa commedia drammatica, piena di calore e umanità, ricca di umorismo e riflessioni sulla imprevedibilità della vita. Il film è stato acquistato ancora prima della sua anteprima al Sundance 2016, dalla distribuzione Netflix che lo renderà disponibile online al più presto.
SEZIONE U.S. DOCUMENTARY COMPETITION
Author: The JT LeRoy Story
direttore: Jeff Feuerzeig
anno: 2016
sezione: U.S. Doc Comp
paese: U.S.A.
Durata: 110 min
Nell’ottobre del 2005 un articolo del New York magazine mise in subbuglio il mondo letterario smascherando il “ragazzo prodigio” JT LeRoy, giovanissimo scrittore transgender, troppo timido per parlare in pubblico, la cui dura prosa descriveva la sua sordida infanzia ed il suo passato di droga, prostituzione e vagabondaggio. I suoi primi lavori avevano affascinato noti personaggi ed esperti a livello internazionale. Fu però scoperto che LeRoy in realtà non esisteva. Era stato inventato da Laura Albert, una quarantenne di San Francisco, punk rocker e operatrice telefonica di porno chat. ‘Author: The JT LeRoy Story’ ci trasporta nell’ affascinante e bizzarro mondo di Laura Albert, mostrandoci come lei per un decennio, come una novella Cyrano de Bergerac (che scriveva lettere d’amore all’amata, fingendosi un altro) abbia trasmesso al suo ‘avatar’ non solo parole, ma la vita stessa, La sua storia, al tempo stesso epica e divertente, ci immerge in un mondo scintillante fatto di concerti rock, di eventi di moda, del red carpet di Cannes, dove JT LeRoy appare come una misteriosa presenza. Mentre ci racconta questa straordinaria avventura, Laura Albert ci rivela anche l’intricata ragnatela tessuta dalle irrefrenabili forze creative presenti dentro di lei. L’invenzione della sua creatura, JT LeRoy, fa arrabbiare ancora molti; ma forse per Laura Albert l’aver incanalato la sua narrativa attraverso un’altra identità, è stato l’unico modo possibile di esprimere se stessa.
Kiki
regia: Sara Jordenö
anno: 2016
sezione: U.S. Doc Comp
paese: U.S.A./Sweden
durata: 100 min
25 anni dopo ‘Paris is Burning'(1991), ci rituffiamo nel feroce mondo delle competizioni a base di travestimenti, sfilate in passerella e capacità di stare in posa, tipiche delle ‘Kiki ballroom’ di New York, dove la concorrenza tra le diverse Houses (scuole di ballo) richiede capacità di leadership, preparazione scrupolosa, e prestazioni eccellenti.
La collaborazione tra il selezionatore del Kiki Ryan White in arte Twiggy Pucci Garçon, artista e attivista LGBT e la regista svedese Sara Jordenö, ha reso possibile l’accesso a questo mondo chiuso e alle vite quotidiane dei giovani LGBTQ afroamericani e latini di New York che partecipano a queste dure competizioni. L’approccio interno-esterno di Twiggy e Sara riesce a trasmetterci una sincera, fresca e vitale rappresentazione delle storie di vita di una comunità che chiede visibilità e reale potere politico. I giovani che oggi frequentano queste sale da ballo usano un motto che afferma “Non su di noi senza di noi”. E’ facile innamorarsi delle danze metropolitane del Kiki, mentre ci viene mostrata la struttura di tipo familiare delle Houses, basata su relazioni forti, che consentono ai suoi membri di avere una grande fiducia e resistenza alle avversità. L’attuale scena Kiki continua le tradizioni del passato, mentre spavaldamente affonda le sue radici nella politica, nello stile e nel linguaggio di oggi.
Suited
regia: Jason Benjamin
anno: 2016
sezione: U.S. Doc Comp
paese: U.S.A.
Durata: 78 min
Bindle & Keep è un’azienda di Brooklyn specializzata nella produzione di capi di abbigliamento su misura destinati alle persone che incarnano le più ampie diversità di genere. Bindle & Keep è diventata in breve tempo un punto di riferimento per le donne che amano vestire con abiti maschili, oppure per transgender e lesbiche che non trovano nella moda corrente capi che possano rappresentare al meglio la propria identità. ‘Suited’ segue i suoi personaggi, i clienti, nella loro ricerca di un’esperienza personalizzata all’interno degli spazi minimalisti della Bindle & Keep, I due stilisti Rae Tutera e Daniel Friedman utilizzano un approccio olistico nel loro lavoro, partendo dal racconto personale di ogni cliente, che diventa inseparabile dal processo di creazione di un vestito fatto su misura “unico nel suo genere”. Dal percorso emotivo di Derek mentre si prepara per il suo matrimonio, a Everett, uno studente di legge che vive in un ambiente conservatore, o Mel, che vuole semplicemente avere un bel look per la festa del suo 40° compleanno, il bisogno di avere un abbigliamento che ci si addica, assume significati profondì riguardo all’identità, al processo di crescita e al sentirsi bene con se stessi. Andando oltre i tessuti e le fodere di seta, ‘Suited’, nel descrivere le esperienze private ed emotive legate all’abbigliamento, getta un moderno sguardo alle identità di genere. Con cuore e ottimismo, il film documenta un cambiamento culturale che sta creando una nuova domanda e una nuova risposta per il diritto di ogni persona a poter uscire e girare nel mondo avendo fiducia in se stesso.
The SAINT of Dry Creek
regia: Julie Zammarchi
paese: U.S.A.
Cartone animato, 2015, 4 min.
Patrick Haggarty negli anni ’50 era un ragazzino che viveva in campagna, a Dry Creek, Washington. Oggi Pat ricorda il giorno in cui per la prima volta parlò con suo padre, un allevatore, del suo essere gay. In quell’ occasione si rese conto che suo padre lo conosceva molto meglio di quanto lui pensasse.
Uncle Howard
regia: Aaron Brookner
anno: 2016
sezione: U.S. Doc Comp
paese: U.S.A./United Kingdom
durata: 96 min
Quando il regista Howard Brookner perse la vita a causa dell’AIDS nel 1989, a soli 35 anni, aveva completato due documentari ed era in post-produzione il suo lungometraggio di fiction ‘I maledetti di Broadway’. Venticinque anni dopo, suo nipote Aaron si mette alla ricerca dei negativi, considerati perduti, del documentario ‘ Burroughs:The Movie’, acclamato ritratto, girato dallo zio Howard, del leggendario scrittore William S. Burroughs. Il ritrovamento del vasto archivio di Howard nel bunker di Burroughs, permette ad Aaron non solo di restaurare e far rivivere il film per le nuove generazioni, ma anche di aprire una vivace vetrina sulla cultura creativa di New York degli anni ’70 e ’80, e di porre le basi per una più ampia esplorazione dell’eredità culturale lasciata dal suo amato zio. Grazie anche ai contributi di amici di Howard, amanti, e collaboratori (come Jim Jarmusch) e al tesoretto di spezzoni, e video-diari ritrovati, Aaron riesce a costruire un vibrante tributo ad un uomo complesso e creativo, la cui vita è stata spezzata troppo presto, insieme a molte altre della sua generazione, ma che visse la sua breve vita al massimo.
SEZIONE NEXT
First Girl I Loved
regia: Kerem Sanga
anno: 2015
sezione: NEXT
paese: U.S.A.
Durata: 91 min
Anne è una ragazza 17-enne in gamba e decisa, che vive con la mamma single nei sobborghi di Los Angeles. Mentre assiste ad una partita di softball per conto del comitato annuario del liceo, ha un colpo di fulmine per Sasha, la bella stella della squadra. Le due ragazze si piacciono e diventano rapidamente intime. Ma quando Anne emozionata condivide la notizia della sua cotta per Sasha con il suo migliore amico, Cliff, lui rivela i suoi sentimenti per Anne e reagisce in un modo del tutto imprevisto.
Lo scrittore / regista Kerem Sanga ci racconta con freschezza una storia di passaggio all’età adulta utilizzando una struttura narrativa inconsueta: attraverso flashback e la descrizione del punto di vista di ogni personaggio, ci vengono via via rivelati i vari aspetti del triangolo amoroso composto da Anne, Cliff e Sasha. Il personaggio di Anna, perfettamente interpretato da Dylan Gelula, è quello di una adolescente che ispira simpatia, sicura di sé, anche se vulnerabile, per niente turbata dal suo orientamento sessuale. Raccontato con autenticità, umorismo e con un uso creativo dei social media, ‘First Girl I Loved’ ci offre una deliziosa prospettiva contemporanea sui primi nervosismi di una storia d’amore che nasce e sugli eterni tormenti dell’amore.
The Fits
regia: Anna Rose Holmer
anno: 2015
sezione: NEXT
paese: U.S.A./Italy
durata: 72 min
Toni, una ragazzina di 13 anni, cresciuta dai due fratelli maggiori. È una tomboy, un maschiaccio. Tutti i giorni si allena con suo fratello a pugilato in un centro ricreativo di Cincinnati. In quello stesso luogo si allena anche una squadra di ragazze nella drill dance (cheerleaders). Toni, osservando quelle coreografie di gruppo ne rimane inaspettatamente affascinata. Attratta dalla loro forza e grazia, decide di unirsi al gruppo. Toni si impegna instancabilmente negli allenamenti, fa amicizia con alcune delle ragazze, e si fa anche bucare le orecchie per adeguarsi alle altre. Ma fare parte di una squadra non significa essere pienamente accettati dal gruppo. Ad un certo punto le altre componenti di quel gruppo cosi affiatato, iniziano a sperimentare, una dopo l’altra, misteriosi attacchi nevrotici e svenimenti. L’unica a non esserne coinvolta è proprio Toni.
In ‘The Fits’ c’è molto talento, compreso quello della protagonista Royalty Hightower nella parte della simpatica Toni. Ma alla regista Anna Rose Holmer, al suo primo lungometraggio, interessa soprattutto sviluppare una personale meditazione cinematografica sul movimento, il corpo, l’adolescenza e l’identità. Lavorando su storie reali di isteria di massa, la Holmer crea una sottile grammatica visiva per illustrare una storia di passaggio all’età adulta in termini di movimento e coreografia, invece di utilizzare strumenti drammaturgici convenzionali. Le atmosfere estetiche e il paesaggio acustico stabiliscono uno spazio psicologico ambiguo attraverso il quale Toni si muove, come se il suo viaggio attraverso il film fosse di per sé un danza.
Il progetto del film è stato premiato dalla Biennale College – Cinema (2014-2015) con un contributo di 150.000 euro.
Agnus Dei
regia: Anne Fontaine
anno: 2016
sezione: Premieres
paese: France/Poland
durata: 115 min
E’ dicembre del 1945 e la seconda guerra mondiale è finalmente finita. Matilde, un giovane medico francese della Croce Rossa, si ritrova a Varsavia per curare gli ultimi soldati francesi di ritorno dal fronte. Una notte, arriva nella clinica una suora, che prega Mathilde di seguirla al suo convento per una questione urgente. Quello che Mathilde vi trova è scioccante: una suora è in procinto di partorire e altre sono in attesa. Più Mathilde entra nel mondo terribilmente chiuso delle suore, più i segreti di quella comunità salgono in superficie. La vita moderna e la scienza si scontrano con la fede e la tradizione. Accettare le responsabilità della maternità o abbandonare i figli del peccato?. Le suore perseverano nei loro rigorosi rituali quotidiani, ma dentro le spesse pareti del convento, che ancora riecheggiando dei loro canti malinconici, una rivoluzione pericolosa è in agguato. Basato su eventi realmente accaduti, questo dramma emozionante vi farà stare seduti sul bordo della sedia per la curiosità di sapere come andrà a finire. La regista Anne Fontaine, già autrice di ‘Adore’ e ‘Coco avant Chanel’, da il meglio di sè quando ci trasporta in mondi intimi di donne che coraggiosamente attraversano dei confini invalicabili.
Little Men
regia: Ira Sachs
anno: 2016
sezione: Premieres
paese: U.S.A.
Durata: 85 min
Jake (Theo Taplitz) è un tredicenne, tranquillo e sensibile, frequenta le scuole medie e sogna di diventare un artista. Al funerale di suo nonno incontra l’ affabile e sfacciato Tony (Michael Barbieri). Pur essendo diversissimi i due ragazzini si piacciono subito e diventano amici. Questa loro bella amicizia rischia però di entrare in crisi per colpa di una accesa controversia nata tra i rispettivi genitori. I genitori di Jake, Brian(Greg Kinnear) un attore e Kathy (Jennifer Ehle ) una psicoterapeuta , tornati nella vecchia casa di Brooklyn, sono ora i proprietari del negozio di abbigliamento gestito da Leonor (Paulina Garcia), la madre single di Tony, e decidono di aumentarle l’affitto.
Little Men getta uno sguardo critico ma anche comprensivo sui pericoli della gentrification (il progressivo imborghesimento di un quartiere popolare). Ira Sachs, regista anche di ‘ Love Is Strange’ e ‘Forty Shades of Blue’ premiato al Sundance, accentua la naturale vivacità di Brooklyn e tira fuori il meglio dai suoi attori: Taplitz e Barbieri che recitano il loro rapporto di amicizia con una naturalezza e serietà da smentire la loro giovane età. Kinnear e Garcia danno spessore ai loro ruoli come i genitori impegnati in una faida, e Jennifer Ehle, Talia Balsam, e Alfred Molina completano il cast con meravigliosi ruoli di supporto. Si tratta di un ritorno trionfale al Festival per Sachs, autore di un film che non lascia mai che la sua abbondante amabilità interferisca con un ritratto onesto di un quartiere in rapida evoluzione.
Love & Friendship
regia: Whit Stillman
anno: 2016
sezione: Premieres
paese: Ireland/France/Netherlands
durata: 94 min
Ambientato nel 1790, nei salotti opulenti dell’alta società inglese, ‘Love & Friendship’ si concentra sulle macchinazioni di una bellissima vedova, Lady Susan Vernon (Kate Beckinsale), che si trasferisce temporaneamente nella residenza in campagna dei suoi suoceri in attesa che cessino i pettegolezzi sulla sua vita personale circolati in società. Mentre è lì, l’intelligente, brillante e anche un po’ egoista Lady Vernon pianifica come trovare un marito adeguato per sua figlia Federica e anche naturalmente per sè stessa. Le viene in aiuto la sua vecchia amica Alicia (Chloë Sevigny), ma due giovani pretendenti, il bellissimo Reginald DeCourcy e il ricco Sir James Martin (Xavier Samuel e Tom Bennett) complicano di molto i suoi piani.
Adattando un racconto giovanile inedito di Jane Austen ‘Lady Susan’ (1871), Whit Stillman torna al Sundance Film Festival (dove era stata la prima volta nel 1990 con ‘Metropolitan’) al top della forma con la sua ultima commedia di costume. Kate Beckinsale eccelle nel suo ruolo deliziosamente ambiguo di Lady Vernon. Con i suoi squisiti dettagli d’epoca e una sceneggiatura piena di bei modi e dialoghi brillanti, ‘Love & Friendship’ è una rara e raffinata delizia..
SEZIONE DOCUMENTARY PREMIERES
Film Hawk
regia: JJ Garvine, Tai Parquet
anno: 2016
sezione: Doc Premieres
paese: U.S.A.
Durata: 80 min
Che cosa hanno in comune dei registi così diversi come Kevin Smith, Ed Burns, Rob Epstein e Barbara Hammer ? Un’arma segreta nota come Bob Hawk. Come veterano della scena cinematografica indipendente americana sin dai suoi esordi, l’esperto di cinema e consulente Bob Hawk è stato una regolare ed apprezzata presenza ai film festival e nei mercati cinematografici per oltre tre decenni. Hawk riconobbe le potenzialità di film innovativi prodotti in modo indipendente come ‘Clerks’ di Kevin Smith e ‘I fratelli McMullen’ di Edward Burns, quando nessun altro neanche sapeva come giudicarli, e portò questi film a conoscenza del Sundance Film Festival, lanciando in tal modo numerose carriere. Campione non celebrato di nuove voci, ha scoperto innovativi lavori cinematografici, ha coltivato nuovi talenti e ha incoraggiato fruttuose relazioni intermediando tra i vari festival cinematografici e la critica, sempre rimanendo lontano dai riflettori, fino ad ora. A 75 anni, Bob Hawk ripercorre la sua vita ancora oggi dedicata con passione al mondo del cinema indipendente, mostrandoci come il figlio gay ribelle di un predicatore abbia trovato la sua vocazione dietro le quinte dei film .
Mapplethorpe: Look at the Pictures
regia: Fenton Bailey, Randy Barbato
anno: 2015
sezione: Doc Premieres
paese: U.S.A.
Durata: 108 min
Uomini nudi in tuta fetish di lattice, primi piani di erezioni, oggetti spinti dentro il più intimo dei posti – queste sono le fotografie scattate da Robert Mapplethorpe, considerato da molti come il fotografo più controverso del ventesimo secolo. Apertamente gay, Mapplethorpe ha scattato immagini di sesso maschile, nudità e scene fetish spingendosi oltre i limiti tollerati dalla gente comune, con la conseguenza che il suo lavoro è ancora etichettato da alcuni come pornografia mascherata come arte. Ma meno al centro dell’attenzione ci sono anche i più sereni, ma ugualmente pionieristici e potenti, ritratti di fiori, sculture e forme umane perfettamente composte.
In ‘Mapplethorpe: Look at the Pictures’ di Randy Barbato e Fenton Bailey, siamo messi di fronte alle sue immagini e le esploriamo con l’aiuto di interviste senza veli ai suoi colleghi e amici più stretti e di ricchi dettagli e aneddoti su ciò che più ha guidato questo artista bello, nato in periferia, che ha così prepotentemente sovvertito le convenzioni della fotografia. Forse la cosa più interessante di questo film è vedere come il lavoro di Mapplethorpe ci appaia sorprendentemente ancora oggi fresco e in anticipo sui tempi. In un’epoca ormai incapace di scandalizzarsi, le immagini di Mapplethorpe ancora fanno alzare le sopracciglia e richiedono attenzione come poche fotografie hanno mai fatto.
Michael Jackson’s Journey From Motown to Off the Wall
Director: Spike Lee
anno: 2015
sezione: Doc Premieres
paese: U.S.A.
Durata: 93 min
Catapultato al successo del suo primo grosso progetto come solista, l’album ‘Off the Wall’, Michael Jackson è passato di colpo dalla condizione di piccola star all’essere considerato ‘The King of Pop’. Il film esplora questo suo album così fondamentale per la carriera di Jackson, attraverso rari filmati d’archivio e interviste a quelli che allora erano presenti e a coloro che hanno visto le loro vite cambiate da quella musica. Una mattina, in un salotto a Gary, Indiana si ruppe il televisore, lasciando una famiglia composta da tanti figli con niente da fare per passare il tempo, così i ragazzi iniziarono a cantare. Ben presto la famiglia si ritrovò ad esibirsi nei talent show e a vincere premi. Le loro prime quattro canzoni registrate scalarono le classifiche e lanciarono la carriera di uno dei più grandi artisti che il mondo abbia mai conosciuto. Il regista Spike Lee assembla una grande quantità di materiale d’archivio, interviste con familiari e altri artisti di quel periodo, insieme alle parole e alle immagini di Michael stesso, per creare una cronaca intelligente dei primi passi di una star verso la fama. Fornendo uno sguardo approfondito su di un capitolo della sua carriera che raramente viene esaminato, ‘Michael Jackson’s Journey from Motown to Off the Wall’ consente al pubblico di viaggiare con Michael, dai suoi inizi con l’etichetta Motown, sino al suo passaggio alla CBS, costellato di successi, e alla nascita del sodalizio con il leggendario produttore Quincy Jones. Ne emerge il racconto di come un ragazzo serio, appassionato e pieno di buona volontà sarebbe poi diventato “The King of Pop.”
Viva
regia: Paddy Breathnach
anno: 2015
sezione: Spotlight
paese: Ireland
durata: 100 min
Il veterano regista irlandese Paddy Breathnach con il suo ‘Viva’ trasporta il pubblico nel vibrante mondo della scena drag dell’Havana. Jesus è un ragazzo 18-enne che ha trascorso la maggior parte della sua giovane vita come parrucchiere. Spesso gli capita di dover pettinare parrucche per un club di drag queen lì vicino e intanto sogna di poter vivere il glamour di quel locale. Un giorno, per un colpo di fortuna, gli capita l’occasione di fare un provino, e cosi viene assunto nel club e inizia ad esibirsi col nome d’arte ‘Viva’. Il destino però è in agguato e una sera Jesus viene aggredito da uno sconosciuto. Si tratta di suo padre, un uomo violento appena uscito di prigione dopo 15 anni di carcere. I due si ritrovano a dover convivere sotto lo stesso tetto e dopo violenti scontri sono costretti a trovare una qualche forma di compromesso nonostante la distanza dei loro punti di vista. ‘Viva’ è una storia agrodolce colma di sentimenti di dolore, rimpianto e riconciliazione. Gli attori Jorge e Hector Medina Perugoría riempiono questa straziante storia d’amore di una ruvida umanità che oltrepassa i confini dello schermo. ‘Viva’ illumina con la compassione il cammino spesso devastante di famiglie segnate dall’abbandono.
SEZIONE INTERNATIONAL NARRATIVE SHORT FILMS
Peacock
regia: Ondrej Hudecek
paese: Czech Republic
Una storia d’amore queer ambientata nella pittoresca Boemia del 19° secolo ispirata alla vera storia di uno degli scrittori più importanti del Paese, con suspense, umorismo, violenza, speranza, nudità, sesso, e un lieto fine… quasi un lieto fine. Peacock si concentra su di un momento chiave della vita di un famoso drammaturgo del 19° secolo, Ladislav Stroupežnický, la sua prima storia d’amore, con il suo amico Jan Aleš, che ha cambiato per sempre la sua vita. Quando aveva 17 anni, Stroupežnický sparò accidentalmente ad un bracconiere, dopo di che, in un impeto di disperazione, cercò di uccidersi. Il colpo gli strappò la mandibola e il naso, il suo volto restò sfigurato per tutta la vita.
Partners
regia: Joey Ally
paese: U.S.A
Partners nella vita e nel lavoro Kate e Leigh condividono tutto, dal loro appartamento al bar che possiedono in comune. Quando un calo della loro vita sessuale li costringe a riconsiderare il loro rapporto, devono confrontarsi con quanto siano diventate intrecciate loro vite, con conclusioni divertenti.
Peace in the Valley
regia: Michael Palmieri
paese: U.S.A
Eureka Springs, Arkansas, ospita sia la più grande rappresentazione all’aperto della Passione negli Stati Uniti e una votazione importante sui diritti LGBT. Questo film segue gli abitanti della città che si preparano per un voto storico.
(traduzioni di R. Mariella)