Parte oggi, e si prolunga solo in tre giornate, dal 15 al 17 settembre, la 22ma rassegna “Garofano Verde“, dedicata al teatro omosessuale, e diretta dall’instancabile Rodolfo Di Giammarco che anche quest’anno, senza il sostegno di nessuno, nemmeno “di quell’amministrazione che si vanta di appoggiare i matrimoni gay”, e solo grazie alla disponibilità del Teatro India (del Teatro di Roma diretto da Antonio Calbi), è riuscito a mettere insieme tre spettacoli in divenire, due reading e un work in progress, prodotti e condotti da tre artisti, tre “atleti del cuore” come li definisce Giammarco, che sono Licia Lanera, Saverio La Ruina e Tindaro Granata (nella foto qui sotto).
Questa l’accorata ed appassionata presentazione del direttore Rodolfo di Giammarco:
Avevamo preso accordi col reporter danese Mads Nissen, autore della “foto dell’anno” per la giuria del World Press Photo, perché volevamo usare come manifesto l’immagine di quella pittorica, bergmaniana coppia di gay nella loro casa di San Pietroburgo ed eleggerla a icona dell’edizione 2015 della ventiduesima nostra rassegna “Garofano verde • scenari di teatro omosessuale”, ma non avevamo fatto i conti con l’assoluta mancanza di risorse decretata al nostro progetto culturale. Niente locandina, niente foto, ma un conciso segno di creatività ancora sì. Solo grazie, va detto, all’offerta del Teatro di Roma che ci ha messo a disposizione per tre sere il Teatro India, e solo grazie a tre artisti che hanno d’istinto accettato prospettive “amichevoli” di partecipazione. Finora, in più di due decenni, abbiamo lanciato spettacoli (di cui alcuni sconfinati anche all’estero), e ora ci limitiamo a suggerire e mettere in cantiere idee di lavori, approfondimenti teatrali sempre in tema col pensiero, col contenzioso, col fenomeno non detto o dibattuto dell’omosessualità.
Per un puro caso, a costituire il repertorio di questa sintetica edizione della rassegna sono tre tragedie. La tragedia della rappresentazione della diversità (accettiamo per esclusivo riflesso linguistico questo termine di distinzione improprio in una società di individui tutti di pari diritti e identità) che alligna ne “La donna nell’uomo” da Orgia di Pier Paolo Pasolini, dove la figura dell’Uomo è oggetto di metabolizzazione ad opera di Licia Lanera. La tragedia della dicibilità della diversità nel racconto scenico “Masculu e fìammina” di e con Saverio La Ruina, che ha concepito di dar voce a un omosessuale di provincia in dialogo con la madre morta, genitrice depositaria dell’orientamento di lui senza che mai una parola in merito si sia scambiata in vita. E la tragedia della normalizzazione della diversità cui fa cenno la trama di “Geppetto e Geppetto” di e con Tindaro Granata, prendendo a campione una coppia maschile dotata di figlio con tutte le verosimili incomprensioni tra i due padri (in particolare quello di esistenza più longeva) e il giovanotto cresciuto, finché il senso della famiglia spunta dopo il finale di partita.
Oltre alla gratitudine per questi atleti del cuore, io e quelli della Società per Attori, capitanata da Franco Clavari, dobbiamo esprimere riconoscenza al pubblico che ci segue e renderlo cosciente che stavolta avrà a che fare con assai motivati e sperimentali reading (è il caso degli interventi di Licia Lanera e Tindaro Granata) di materiali che ci auguriamo si traducano poi in spettacoli finiti, e con un work in progress di e con Saverio La Ruina che (proprio lui, costruttore meticoloso) ha avuto meno tempo a disposizione, e ha impostato una traccia più che una partitura, passibile anche qui, speriamo, di un seguito. Per il resto, lasciateci ancora dire che senza Antonio Calbi niente di ciò si sarebbe realizzato.
Rodolfo di Giammarco
IL PROGRAMMA
15 settembre 2015
reading
La donna nell’uomo
da Orgia di Pier Paolo Pasolini
a cura di Licia Lanera
La mia Orgia nega la sua definizione: non più tre, ma uno. Gli altri due non ci sono e rimane solo lui, UOMO, uno qualunque che muore per sua stessa mano. Uomo Diverso, incapace di stare al mondo e che riesce veramente a comunicare con l’altro solo attraverso il linguaggio del corpo, il più violento.
Ho accorpato le battute dell’UOMO facendone un unico ragionamento chirurgico e straziante su come è costretto ad affrontare la propria esistenza chi non riesce in nessun modo ad essere dalla parte del potere, ad accettare che la sua esistenza e l’altrui sia grigia, senza scelte e senza passioni.
Mi ha interessata in questo testo il fatto che l’aspetto sadomasochistico della coppia è pretesto per parlare del rapporto della diversità, esistenziale, con la storia e a questa tragedia esistenziale, si associa una riflessione sul linguaggio, cioè la negazione della lingua parlata in favore di quella del corpo.
Attraverso queste parole io ritrovo la mia fatica di stare al mondo, la mia inadeguatezza, i miei burroni, le mie paure, le mie vittorie e le mie sconfitte. Ed ecco che le parole di UOMO diventano le mie parole che sono in questo gioco uomo e donna, vittima e carnefice, omicida e suicida.
In queste parole ho cercato lo specchio della mia esistenza fatta di contraddizioni: estrema vitalità e continua prossimità alla morte.
“Infatti cara, soffocato da tutta la vita che c’è nel mio corpo,
io sono preso dalla decisione di dar morte per morire”
Parto da qui, parto dalla lettura di queste immense parole, per ritrovarmi come donna e come artista.
Licia Lanera
16 settembre 2015
work in progress
Masculu e fìammina
di e con Saverio La Ruina
L’idea di base è che un uomo semplice parli con la madre. Una madre che non c’è più. Lui la va a trovare al cimitero. Si racconta a lei, le confida con pacatezza la sua omosessualità, l’esistenza intima che viveva e che vive.
Non l’ha mai fatto, prima. Certamente questa mamma ha intuito, ha assorbito, ha capito tutto in silenzio. Senza mai fare domande. Con infinito, amoroso rispetto. Arrivando solo a raccomandarsi, quando il figlio usciva la sera, con un tenero e protettivo “Statti attìantu”. Ora, per lui, scatta un tipico confessarsi del sud, al riparo dagli imbarazzi, dai timori di preoccupare. Forse con un piccolo indicibile dispiacere di non aver trovato prima, a tu per tu, l’occasione di aprirsi, di cercare appoggio, delicatezza.
E affiorano memorie e coscienze di momenti anche belli, nel figlio, a ripensare certi rapporti con uomini in grado di dare felicità, un benessere che però invariabilmente si rivelava effimero, perché le cose segrete nascondono mille complicazioni, destini non facili, rotture drammatiche.
Nei riguardi di quella madre, pur così affettuosa e misteriosamente comprensiva, si percepisce comunque qualche rammarico, qualche mancata armonia. Ma tutto è moderato, è fatalistico, è contemplativo.
In un meridione con la neve, tra le tombe, finalmente con la sensazione d’essere liberi di dire.
Saverio La Ruina
17 settembre 2015
reading
Geppetto e Geppetto
di e con Tindaro Granata
Tony e Luca stanno insieme da diversi anni: sono una famiglia.
Per essere una famiglia felice basta che due persone si amino.
Per essere una famiglia “davvero felice” c’è bisogno di portatori sani di gioia: i bambini.
Tony vuole diventare padre. Luca vuole aspettare. La madre di Tony vuole evitare che accada.
Franca (amica dei due) vuole capire come si può fare.
I due vanno in Canada, e come il primo papà single della storia di tutte le storie, Geppetto, “fanno”, “fabbricano”, “ costruiscono”, “creano” il loro piccolino.
Geppetto e Geppetto tornano in Italia con il loro figlio Matteo.
Matteo cresce con amore e amore e amore.
Passano trent’anni.
Il giorno del ventennale della morte di Tony, Matteo rivendica qualcosa al padre Luca, vomitandogli addosso tutto quello che gli ha causato crescere in una famiglia non “normale”.
Lo accusa di qualcosa che è mancato.
Luca si difende, ma qualsiasi cosa dica, agli occhi di Matteo, sbaglia.
I due si scontrano e si odiano e si ammazzano di botte e urlano e spaccano mobili e lasciano l’uno alla solitudine dell’altro.
È difficile essere figli di gay, ma è difficile anche essere padri di figli normali.
Un giorno Matteo andrà,
Geppetto ritornerà,
l’altro Geppetto perdonerà, come in una famiglia “normale”.
Questo spettacolo è stato scritto dopo aver incontrato, discorso e ragionato, nei bar vicino casa e alla Stazione Centrale di Milano, insieme a persone alle quali ho rubato pensieri, dubbi, certezze, paure, stereotipi, dolcezze, comprensioni, rabbia, tolleranza, disinformazione, odio e amore e tante frasi e tante parole.
Persone sul tram 15, dal Duomo allo Spazio Proxima Res e sul tram 5 che da casa mia porta alla Stazione Centrale. Persone per strada, in via Budua, in via Lancetti, in viale Zara. Persone al parco giochi di piazzale Istria dove le mamme e i papà portano i loro piccoli a giocare. Sul Frecciarossa Milano/Napoli, su quello Milano/Roma e infine parlando dalle 23.30 alle 03.05 con la signora Concetta Procopio, sul bus di ritorno da Castrovillari, il 2 giugno 2015.
Grazie.
Tindaro Granata
TEATRO INDIA – Lungotevere Vittorio Gassman (già lungotevere dei Papareschi)
INFO: 06.684000346
VENDITA ON LINE: WWW.TEATRODIROMA.NET
ORARIO SPETTACOLI: ORE 21.00
BIGLIETTI POSTO UNICO €10,00
Fonte: Amelia Realino, ufficio stampa Teatro di Roma