Una scena dal film “Métamorphoses”
Se si volesse definire il suo film con l’aggettivo “queer”, perché per noi è davvero un film totalmente queer, lei lo prenderebbe come un complimento o come un insulto?
Chiamare “queer” “Métamorphoses” non lo ritengo un’offesa; non è neanche un complimento. Forse in un certo senso sì, lo è nel senso originale del termine “queer”, come definizione di un genere che si trasforma. Di certo è una storia bizzarra. In tal senso lo posso accettare e può anche farmi piacere.
Cosa l’ha spinta a riferirsi a un testo classico come “LE METAMORFOSI” di Ovidio?
Credo sia interessante tornare a guardare le opere del passato. In Francia, ma non solo, si sente spesso parlare di mancanza di fiducia dell’area del Mediterraneo. Si guarda orientandoci al nord dell’Europa. Scegliere di riprendere la memoria di una la cultura mediterranea è sicuramente importante oltre che affascinante. E’ più che stimolante, è vitale il flashback costante avanti-indietro tra passato-presente. E’ l’unico modo di capire cosa resta e cosa invece va perduto.
Per questo ha scelto come protagonista il personaggio di Europa, non solo una figura mitologica ma anche una metafora del contemporaneo?
Oggi l’Europa è un grande punto interrogativo condiviso da tutti i paesi; ci stiamo domandando e stiamo riflettendo se sia giusto che l’orientamento principale vada verso i paesi anglosassoni o non piuttosto verso quelli dell’area mediterranea.
E in che modo Ovidio può aiutare in questa riflessione?
Ovidio e tutta la classicità. Me ne sono accorto lavorando sul mito, che porta a dare ai singoli elementi significati molteplici. Prendiamo per esempio il concetto del corpo. In Francia c’è stato negli ultimi anni un acceso dibattito sul matrimonio possibile per tutti coloro che vogliono formalizzare davanti alla legge la loro situazione di coppia. Tutti ne hanno parlato: sessuologi, sociologi, religiosi, laici… I mio film è un contributo, una risposta a questo enorme dibattito. E’ entrato nella controversia anche il tema su ciò che la natura prevede come maschile e come femminile. Nel mio film faccio vedere come la domanda su cos’è un uomo o cos’è una donna, non è un tema di oggi; se ne sentiva parlare già 2000 anni fa, e anche prima. Ovidio e tutta la mitologia dicevano una cosa che mi ha molto fatto riflettere e che ripropongo nel mio lavoro, vale a dire che gli Dei non hanno una forma propria, ma ne assumono una precisa solo quando devono scendere sulla terra e palesarsi agli esseri umani. Mostrare pubblicamente che la cultura classica aveva trovato una risposta a questi temi già tanti secoli fa è una risposta alle posizioni reazionarie dell’ambiente conservatore, con corpi che rispondono ai nostri desideri autentici e non alle regole che si cerca loro di imporre.
Con questo film lei torna a un genere di narrazione a racconti intrecciati che non si vedeva dai tempi di Pasolini o (più di recente) di Borowczyk, comunque un genere assente dagli schermi da decenni. Come mai questa scelta?
Sono un grande ammiratore della trilogia pasoliniana e sono andato anche a ristudiarmela prima di iniziare a girare il mio film. Ma ho riguardato anche film come “KAOS” dei fratelli Taviani. Al di là del piacere del cinefilo, amo molto le storie discontinue, anche se non sono comuni nell’estetica cinematografica di oggi dove l’opera d’autore predilige una struttura narrativa continuativa. Amo molto le costruzioni antitetiche all’interno della stessa storia. “Métamorphoses” è un sistema dove le storie del film sono tutte l’una contro l’altra con il pericolo che lo spettatore “parteggi” per una storia piuttosto che per l’altra; per cui ho voluto che il film organizzi dall’interno la propria critica. Uso Europa come prima spettatrice per accompagnare il percorso che in sala deve fare lo spettatore nel seguire le diverse storie, così può passare da un’avventura sessuale di Juppiter alla tragedia di Orfeo o alle scorribande di Bacco senza che sia deluso della mancata conclusione immediata, nella logica o nella speranza che il finale arriverà in seguito.
Il personaggio di Europa, dunque, va visto come l’unico sguardo consapevole degli accadimenti? E se è così ha un valore metaforico della realtà politica contemporanea?
L’Europa oggi vive di una mancanza di metamorfosi. In tutti i paesi dell’Unione c’è una forte voglia di cambiamento, siamo in un momento di transizione e allo stesso tempo viviamo in un periodo d’attesa. E’ un momento in cui si mescolano cose molto differenti. C’è voglia di rivoluzione, ma non di rivolta, c’è qualcosa che deve assolutamente cambiare. Non sono un cineasta politico, anche se questo film in un certo modo è anche orientato in questo senso, ma più che altro la mia è stata una voglia di raccontare questa storia e il piacere personale di girare Mètamorphoses .
A un certo punto Giunone chiede a Juppiter “Come mai ti trovo sempre nudo?” . La stessa domanda la rivolgiamo a lei “Come mai tanti nudi integrali nel film?”
Ho chiesto il nudo sia ad attori giovani e belli che a persone comuni a cui abbiamo offerto di lavorare nel film. Non mi ritengo un cineasta voyeur, anche se tutti i registi sono per propria natura i primi voyeur dei loro film, ma il nudo è dovuto alla mia voglia di rappresentare un quadro della bellezza presente nell’oggi. Non è stato semplice ad ogni modo, perchè gran parte degli attori sono giovanissimi e il casting è stato fatto per le strade; ma la nudità ad ogni modo era essenziale nella rappresentazione di questo soggetto.
Anche il primo personaggio che apre il film è nudo: Diana che lei mostra come transessuale, figura portatrice dei due sessi. E’ da intendersi come chiave di accesso agli intenti dell’opera?
Come dicevo poco fa, nella mitologia classica gli Dei prendevano una forma umana solo nel momento di palesarsi sulla terra. Il primo di loro che gli spettatori vedono è una Diana che non sa ancora chi incontrerà , se un uomo o una donna, e dunque si prepara ad essere adeguata per l’incontro con ciascuno dei due. Vuole essere anche un simbolo di libertà di scelta, come del resto il senso di libertà percorre tutto il film.
Nell’intreccio delle varie storie il personaggio di Bacco ha un importanza rilevante. Non compare invece mai Apollo. Dobbiamo dare un significato a quest’assenza?
Bacco è un personaggio rappresentativo della voglia del disordine sociale contemporaneo di cui parlavo poco fa. Apollo nel film non c’è , e non è un caso. Non volevo portare in scena un dio idealizzato come esemplare della bellezza classica, il dio dei canoni e delle regole. Per me era invece più importante raccontare il personaggio di Bacco, dio e uomo delle contraddizioni, dolce e crudele contemporaneamente. Anche se nel film poi non si vede, Bacco potrebbe avere passioni sia per gli uomini che per le donne, ha un reale bisogno di carezze sia maschili che femminili.
Vogliamo spendere due parole sulla musica della colonna sonora? Una scelta che va da Mozart al pop francese degli anni 70. Perchè un gioco così camp ?
Non gestisco con competenza la terminologia che stiamo usando. Certo so cosa vuol dire camp , ma non me la sento di inoltrarmi in un terreno in cui so di non poter muovermi con sicurezza. Posso però dire che come cineasta mi piace tantissimo lavorare sull’impurità . Voglio che un preludio di Mozart serva al film come una canzonetta pop. Che nello spettatore vada a muovere le stesse corde emotive.
Una curiosa coincidenza porta lei qui al Lido negli stessi giorni in cui sono presenti anche Catherine Deneuve e Chiara Mastroianni, attrici che lei ha fatto cantare in suoi due precedenti film musicali (la prima in ‘Les bien-aimés’ e l altra in ‘Les chansons d’amour’ , N.d.R.). E c’è chi dice che le coincidenze abbiano sempre un significato. Lei ne vede uno?
E stata una sorpresa incontrarmi con loro un paio di sere fa nello stesso ristorante qui al Lido. Ci siamo visti da un tavolo all altro ed è stato moto divertente. Devo proprio raccontare che cosa è successo? Ebbene: no, non hanno cantato; e no, non mi hanno chiesto perchè non le ho chiamate a recitare nude in Mètamorphoses . Se invece devo essere veramente serio e rispondere al senso delle coincidenze, posso riferire che una riflessione mi è venuta alla mente, e cioè che io sono qui a Venezia con un film recitato da ottimi attori quasi sconosciuti, mentre Chiara e Catherine fanno parte di un Olimpo del cinema francese, altissimo e onnipotente. Però tutti noi facciamo parte del medesimo sistema industriale e artistico. Dove però sotto una serie A continuano ad esistere altre serie B,C,D. Ma a questo punto del ragionamento mi sono fermato perchè sentivo che mi sarei avventurato in un discorso marxista che non avrei saputo gestire. Non ho le capacità di raziocinio di un Dio!
(Intervista di Sandro Avanzo al Lido di Venezia)