In libreria una biografia di Lord Byron che farà discutere

Scritta da Vincenzo Patanè fa luce sugli aspetti più intimi e segreti del grande poeta, tra i quali la sua bisessualità

Finalmente in libreria “L’estate di un ghiro. Il mito di Lord Byron attraverso la vita, i viaggi, gli amori, le opere” (editore Cicero, 22,00 euro) la grande fatica che il nostro stimatissimo e affezionato amico (per noi d’obbligo dedicargli questo ‘primo piano’), nonchè scrittore affermato (al suo attivo già nove titoli e diversi saggi su varie riviste e pubblicazioni), critico cinematografico e giornalista, ha elaborata in lunghi anni di appassionato lavoro. Nel suo breve curriculum sul sito culturagay.it scrive in proposito: “Qualcos’altro su di me al di fuori del lavoro? Adoro la fotografia – per la quale credo di avere un certo talento, tanto da vantare qualche pubblicazione – e il viaggiare. Per il resto, le mie giornate sono fatte di fumetti (amo in particolare la Legion of Super Heroes), di tutto ciò che riguarda le pompe di benzina (in particolare quelle Valvoline) e, più che mai, di Lord George Gordon Byron, il faro della mia vita, sul quale ho raccolto ogni tipo di materiale e che leggo e rileggo in continuazione, senza mai annoiarmi. Come dice Christopher Isherwood in Ottobre, mi piacerebbe da morire passare una serata con lui e scoprire con orgoglio di condividere qualcosa con lui…”

Sono molti i saggi e le biografie uscite in tutto il mondo sul poeta Byron ma nessuna fino ad oggi ha dedicato così tante pagine alla sua bisessualità, che anzi molti cercano ancora di ignorare. Nel grosso volume di Patanè (570 pagine complessive) ben 18 sottocapitoli sono dedicati all’omosessualità di Byron, rivolta quasi esclusivamente verso giovanissimi, ma non mancano allusioni anche a storie con adulti come quella col suo stalliere, poi valletto, che lo accompagnò per tutta vita, fino alla morte (ai funerali di Byron svenne dal dolore). Naturalmente il libro non si limita a questo aspetto, ma ci presenta e racconta il poeta sotto molteplici aspetti, come dice bene la seconda pagina di copertina che riportiamo di seguito. Più sotto alcuni estratti dalla presentazione del libro scritta da Masolino d’Amico.

DALLA SECONDA DI COPERTINA:

La prima biografia critica di Lord Byron in Italia completa di apparato critico anche di opere ancora inedite in italiano. A distanza di due secoli, l’amore che Lord Byron provò per l’Italia non è pienamente ricambiato: le traduzioni italiane delle sue opere sono rare così come i saggi su di lui. Eppure, attualmente il suo mito gode di ottima salute e in tutto il mondo sono moltissimi i byroniani sfegatati, tanto che si può dire che pochi personaggi, e non solo in ambito letterario, vantino un numero così alto di appassionati e di collezionisti.
Così ora entusiasma più che mai nella figura di Byron il difensore della libertà delle nazioni e degli uomini, in particolare i poveri e gli indifesi, l’amore e il rispetto per la natura e gli animali, la passione per il viaggiare immergendosi in nuove realtà, l’anticonformismo, il vitalismo erotico, l’aspra critica verso il cinismo dei potenti legati solo alla logica del profitto e dei proprî interessi personali.
In primis, il merito naturalmente è delle sue opere letterarie, ma i più rimangono conquistati dalla figura potente e dalla vita emozionante di un personaggio seducente come pochi grazie a qualità non comuni: l’energia vitale, il coraggio, il narcisismo, il mettersi continuamente in discussione, la forza di sfidare l’opinione pubblica e soprattutto la sua personalità schietta e mai incline all’ipocrisia, lacerata da contraddizioni talora stridenti ma anche incredibilmente umane.
Vincenzo Patanè ricostruisce la figura del grande scrittore inglese attraverso le opere, i diari e le lettere, molte delle quali inedite in Italia. Diviso in sedici capitoli, arricchiti da numerose note e appendici, L’estate di un ghiro. Il mito di Lord Byron attraverso la vita, i viaggi, gli amori, le opere è un saggio biografico non romanzato, ma puntuale e circostanziato. Un’appendice racconta le vicissitudini e i contenuti del Don Leon – un’opera anonima dell’Ottocento, mai tradotta in Italia, spacciata per un finto diario dello scrittore – estremamente intrigante per il suo carattere licenzioso (in passato è stata più volte censurata o addirittura distrutta per oscenità).
Ne risulta un profilo esauriente che affronta con profondità ogni aspetto della personalità dello scrittore – dall’entusiasmo ferino per la vita alla trasgressività, dall’esigenza di fuga verso l’esotico all’interesse per la vita mondana, dagli innumerevoli amori (femminili e maschili) alla lotta per l’indipendenza italiana e per quella greca, per la quale si sacrificò – nonché della società in cui visse, che si scandalizzò per i suoi comportamenti inaccettabili, per i quali lo esiliò, ma che pure fu conquistata dal suo straordinario fascino. Cosa che capita ancor oggi a tanti fra coloro i quali hanno la fortuna di incontrarlo sulla propria strada, anche perché Lord Byron “è talmente interessante e avvincente che è possibile appassionarsi alla sua vita quasi senza riferimento alla sua poesia. Certamente, l’uomo che ci appare nelle lettere e nei diari sarebbe memorabile e rilevante anche se non avesse mai scritto un solo verso. Sono pochi i poeti di cui si potrebbe dire altrettanto” (Alan Massie).


Ritratto (Thomas Phillips), una delle tante illustrazioni del libro

DALLA INTRODUZIONE DI MASOLINO D’AMICO:

Parlare di Byron è un esercizio nel quale molti si sono cimentati e molti continuano a cimentarsi, i più privilegiando l’aspetto biografico, ovvero la straordinaria awentura di colui che da ragazzetto handicappato nonché parente trascurato di una nobile famiglia decaduta crebbe fino a diventare in pochi anni l’incarnazione vivente del mito romantico del poeta inquieto, ribelle, giramondo, afflitto da una malinconia esistenziale: atteggiamento in un secondo tempo ridimensionato dal vento di restaurazione che aveva preso a soffiare sull”Europa, ma da ultimo riciclatosi nientemeno che nella figura di un eroe, con tanto di morte gloriosa come combattente per l’indipendenza di una nazione oppressa. “Il mito di Lord Byron”: non è una esagerazione. Non per nulla Byron fu il primo scrittore della storia a colpire la fantasia del pubblico anche, e forse principalmente, come personaggio; e lo fece da vivo, antesignano in questo di una schiera di autori showmen (Wilde, D’Annunzio, Hemingway…) che il secolo seguente avrebbe visto infittirsi fino a rendere obsoleto il caso di un letterato famoso rifuggente dal contatto col pubblico – il desiderio di privacy mettiamo di un Salinger è oggi considerato dai media alla stregua di una patologia. A differenza dei suoi emuli tuttavia Byron non fu un esibizionista; anche la sua ruggente stagione mondana londinese, quando l’autore del Corsair era sulla bocca di tutti, fu breve. Per quanto stravagante, eccentrico, autoindulgente egli si mostrasse nella vita privata, il suo atteggiamento fondamentale fu sempre quello del viaggiatore ovvero del testimone, dell’uomo di passaggio, incuriosito dagli altri, forse, ancora più di quanto gli altri erano curiosi di lui. Curava la coreografia di se stesso, vedi le fantasiose divise con alamari e pennacchi che ordinava per sfoggiarle nei viaggi, ma poi era l’opposto di uno snob. Le sue innumerevoli amanti proletarie lo interessavano soprattutto come persone, e andava più che d’accordo coi loro mariti, dei quali ascoltava avidamente racconti e pettegolezzi. Gli esseri umani che raccontò sono sempre vivissimi, mentre nessuna delle infinite descrizioni che i suoi contemporanei ci hanno lasciato di lui è interamente soddisfacente, così come i suoi tanti ritratti lasciano sempre qualcosa a desiderare, o perlomeno non rendono appieno il fascino che a detta unanime dei testimoni oculari l’uomo esercitava con la sua sola presenza.
Per giustificare i mancamenti delle dame che vedevano Byron per la prima volta dobbiamo dunque sintonizzarci col gusto di quell’epoca. Altrettanto dovremo fare per apprezzare una produzione letteraria ai suoi tempi ammirata incondizionatamente…
Isolare aspetti di Byron – mettiamo, la vita, l’epistolario, la produzione drammatica – è relativamente facile, e comunque sempre remunerativo, perché da raccontare c’è parecchio. Più arduo, soprattutto nell’ambito di una tradizione e di una lingua diverse dai suoi, è rendere la complessità e le sfaccettature dell’individuo rapportando le circostanze biografiche agli scritti, che da quelli originarono ma che talvolta sembrano contraddirle. Crepuscolare, maledetto quanto si vuole, Byron aveva pur sempre allo stesso tempo un lato giocoso e autoironico che lo rende irresistibile. Nessuno può vivere sempre ad alta temperatura, dice in una lettera. E in un’altra al suo amico Thomas Moore, che aveva apprezzato un suo passo di Childe Harold:
Sono lieto che ti piaccia; è un buon pezzo vago di desolazione poetica, e il mio favo- rito. Ero quasi pazzo durante il tempo della sua composizione, fra metafisica, monta- gne, laghi, amore inestinguibile, pensieri ineffabili, e l’incubo dei miei misfatti. Molte volte mi sarei fatto saltare le cervella, se non fosse stato per il pensiero del piacere che ciò avrebbe dato a mia suocera; e perfino in quel caso, se avessi potuto esser certo di tornare a perseguitarla – ma non voglio trattenermi su queste quisquilie familiari. (28 gennaio 1817)

Il libro di Vincenzo Patanè è un libro insolito e importante, perché fa il punto sul caso Byron riannodandone tutte – davvero tutte! -le fila con pazienza e competenza, e non senza umorismo. Quanto si è detto sopra molto sinteti camente non dà un’idea né della complessità, né dell’opportunità, e nemmeno dell’originalità di un’operazione simile. Raccontare Byron sembra facile, tutti lo hanno fatto, biografi e romanzieri – non passa quasi anno senza che esca qualche esercizio del genere, ovviamente bene accolto da un’editoria che sa di poter contare sul richiamo di un nome. Spiegare Byron è meno agevole. C’è il rischio di consegnarlo all’accademia, e di sentirlo classificare, una volta soppesata tutta la sua produzione sulla bilancia dell’esegesi, come un minore, il che sembra un’assurdità (un minore, Byron?!). Per venire a capo del fenomeno bisogna veramente prendere in considerazione un’infinità di cose… Ma l’erudizione può generare tedio, il che è un altro controsenso (tedioso, Byron?!).

Il metodo adottato da Patanè è onnicomprensivo ma allo stesso tempo, leggero. Si tratta, come si vedrà, di affrontare con ordine e divertimento tutti, o perlomeno quasi tutti, i Byron possibili; vale a dire, di passare in rassegna i rapporti del Nostro con le varie circostanze, tendenze, passioni, relazioni umane, paesaggi e via dicendo che furono per lui fondamentali. Si veda l’indice dei capitoli. Si comincia ovviamente con la nascita, l’adolescenza, le parentele, la situazione familiare; si continua con la formazione – l’autoeducazione di se stesso, l’invenzione del proprio personaggio. Quindi ci sono i viaggi; la celebrità; il periodo mondano; la fuga dall’Inghilterra; l’Italia, con la stagione dell’erotismo spinto fino al parossismo… Tutto questo naturalmente era ben noto, ma viene rielaborato con vivacità ed economia. Poi comincia la parte davvero innovativa del libro, vale a dire l’analisi dei singoli aspetti di Byron. Byron e il matrimonio; Byron e le figlie; Byron e i ragazzi (la sua bisessualità); Byron e la scrittura; Byron e il romanticismo; Byron e la satira; Byron e gli ideali della libertà, ecc., per finire tirando le somme sulla leggenda, e con la discussione di un famoso scritto postumo, probabilmente spurio ma non per questo meno interessante. Da questa scomposizione intelligente e informata emerge, senza prevaricazioni da parte di Patanè, che lascia parlare il materiale al posto suo, un ritratto più soddisfacente, davvero più soddisfacente, di quanti se ne conoscano in una sterminata bibliografia, non dico soltanto italiana, che d’ora in avanti non potrà permettersi di non tenerne conto.

Masolino d’Amico

Qui sopra un’altra illustrazioni del volume: Lord Byron all’età di 25 anni (Richard Westall)

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