Diciamo subito che chi ha amato gli ultimi raffinati film di Almodovar, tipo Volver, Tutto Su Mia Madre, Parla Con Lei, Gli Abbracci Spezzati e La pelle che abito, resterà probabilmente deluso da questi “Amanti passeggeri” che si presenta in modo assai più semplice e diretto. In Spagna il film ha avuto un grande successo di pubblico (meno di critica) battendo gli incassi di tutti i precedenti film di Almodovar. In Italia la critica si è divisa, più benevola quella di sinistra, cattivissima quella di destra (“Sensazionale maialata” lo definisce il critico de Il Giornale).
Il regista, in diverse interviste, ha invitato il pubblico ad una lettura socio politica del film, che vorrebbe essere una rappresentazione farsesca dei mali che assillano la società contemporanea, non solo spagnola. Con una proposta di soluzione che ci riporterebbe allo spirito degli anni ’80, quando in Spagna si festeggiava la liberazione, sia politica che sessuale, liberando energie sessuali e comportamentali da ipocrisie e nascondimenti vari. In effetti questo ci è sembrato il discorso principale del film: venire allo scoperto, abbattere le differenze tra come vogliamo apparire e quelllo che realmente siamo. Sollecitati in questo caso da una probabile imminente tragedia, quella di un aereo che rischia di esplodere all’atterraggio per l’avaria di un carrello. Però, ripetiamo, il film dice queste cose con una semplicità disarmante, mettendo in scena una variopinta combricola di personaggi che sembrano avere come unico scopo quello di divertirici, senza pudori, con qualche leggero imbarazzo per le anime pudibonde.
A cominciare dalla scelta dei protagonisti principali, tutti gay o (falsamente) bisessuali, che si muovono in un’atmosfera che più ‘camp’ non si potrebbe. L’ambientazione stessa del film, praticamente tutta all’interno dello spazio riservato alla business class di un volo intercontinentale, diventa quella di un teatrino di avanspettacolo, animato da tre scheccanti omosessuali che non ci nascondono proprio nulla dei loro desideri sessuali, sia nel linguaggio che nel comportamento. Joserra, (Javier Cámara, già in Parla Con Lei, La Mala Educación e protagonista di Fuori menù), il capo degli assistenti di volo, ci fa subito sapere di essere l’amante del pilota Alex Acero (Antonio de la Torre), che però è sposato con figli (nel finale si dimostrerà pentito, naturalmente non dell’amante). Joserra è afflitto da ‘sincerite’, cioè non è capace di mentire (un invito ai tanti gay velati?), cosa che genererà qualche imbarazzo agli astanti. Ulloa (Raúl Arévalo, visto in Gordos), il più figo dei tre assistenti di volo, è quello che in pratica si scopa tutto l’equipaggio (e non solo) maschile, mentre Fajardo (Carlos Areces, Ballata dell’odio e dell’amore, qui uno degli attori più bravi), ci riempie di tenerezza col suo altarino religioso (dal quale riuscirà a liberarsi).
Nei tre assistenti di volo abbiamo quindi un campione quasi esaustivo della comunità gay contemporanea. I due piloti rappresentano invece il mondo dei gay velati, quelli magari sposati o fintamente donnaioli che come il bel Benito Morón (Hugo Silva, visto in Reinas – Il matrimonio che mancava) dovranno confessare che sognano solo l’attrezzatura maschile. Il resto dell’umanità, quella etero (ma anche qui scoprirete qualche debolezza gay) è invece rappresentato dai passeggeri della businness class (la economy class, quella proletaria è fuori gioco in quanto drogata e addormentata – allusione al fatto, spiega Almodovar, che oggi questa classe non scende più nelle piazze in quanto assoggettata dai poteri forti sia economici che politici).
Tra questi il personaggio più riuscito ci è sembrato quello di Bruna (Lola Dueñas, Le donne del 6° piano, Fuori menù, Gli abbracci spezzati), una sensitiva che sente l’odore della morte, sollecitando quindi le paure di tutti, mentre il suo problema principale resta quello di essere ancora vergine. In questo personaggio abbiamo un’efficace connessione tra morte e sesso, da sempre i due temi che principalmente assillano l’umanità. Godibilissimo il momento in cui tutto l’equipaggio e i passeggeri (non solo quelli svegli) si abbandonano ai più svariati amplessi, catarsi e liberazione del male e delle paure che li circondano. Meno felice ci è sembrato il personaggio di Ricardo (Guillermo Toledo) un dongiovanni trasandato che cerca di liberarsi di alcune delle sue amanti, unico momento in cui ritorniamo sulla terra con una divagazione secondo noi abbastanza estranea allo stile e alla logica del film. Efficace invece la storia tra Norma Bosch (Cecilia Roth), una ex stella dello showbiz che gestisce una casa d’appuntamenti per vip e l’Infante (José María Yazpik), un killer in piena attività, che aggiungono qualche momento di suspence ad una vicenda che rimane sempre in territorio grottesco.
Complessivamente il film non è sicuramente all’altezza delle opere migliori di Almodovar, anche se non va sottovalutato l’impegno dell’autore per rinnovarsi e differenziarsi. Anche i riferimenti voluti ad alcune delle sue prime effervescenti opere non riescono a restituirci la stessa freschezza e spontaneità. Resta comunque degno di nota il coraggio di un autore, diventato ormai un’icona del cinema mondiale, che non ha paura di rimettersi in gioco con un film queer al 100%, tutto dedicato ad un pubblico gay.