“L’amore è imperfetto”, di Francesca Muci, ha fatto dire ad alcuni critici che imperfetto è anche il film. Sicuramente il film mostra qualche lacuna, come uno scarso approfondimento dei personaggi, ma nel suo insieme a noi è parso interessante, soprattutto nel mescolare abilmente scene di sesso spinto ai momenti di vita quotidiani di una donna che a 35 anni sembra ancora incerta su che strada prendere per il suo futuro.
Il film è la trasposizione cinematografica di un romanzo omonimo scritto dalla stessa regista, qui al suo primo lungometraggio dopo essersi cimentata in alcuni documentari. Le differenze tra il romanzo e il film sono notevoli, anche se il film mantiene la stessa ossatura della trama del libro, arricchendola e sottraendola secondo una scelta di sceneggiatura che tende a rendere più concreta e meno ideale tutta la vicenda.
Parliamo di differenze notevoli perchè il romanzo ci è sembrato un vero e proprio inno alla bisessualità e alla trasgressione, con in primo piano la scoperta di una amore lesbico e in secondo piano una più tradizionale storia d’amore etero, mentre il film ci presenta un personaggio femminile sicuramente etero ed assai imbarazzata da un corteggiamento lesbo. Mentre leggendo il libro scopriamo il mistero e il fascino di una sessualità omosessuale fino a quel momento sconosciuta, guardando il film percepiamo solo imbarazzo verso lo stesso sesso (per non dire fastidio), e forse una qualche curiosità generata più dal ricordo di un ex compagno rivelatosi gay che da reali sentimenti.
Ci è comunque piaciuto vedere approfondita nel film la storia di questo antico amore con un giovane e bellissimo fotografo, Marco (Giulio Berruti), che viene scoperto gay, e che nel libro era solo accennata. Nel film vediamo il loro primo incontro, il divertente corteggiamento, la scelta di vivere insieme e alcune scene d’amore. La protagonista, Elena (Anna Foglietta), descrive Marco alla sua migliore amica, come uno che quando fa l’amore è più preso a guardare se stesso che la sua partner, tipico atteggiamento di chi per eccitarsi deve contemplare il corpo che più lo eccita, in questo caso quello maschile, cosa che però non fa nascere in Elena nessun sospetto (probabilmente ci vede solo qualcosa di narcisistico).
Giulio Berruti dimostra in questo ruolo di avere anche buone capacità attoriali oltre ad una incredibile bellezza già apprezzata in serie tv di successo come La figlia di Elisa – Ritorno a Rivombrosa, Il falco e la colomba, Sangue caldo e La ragazza americana. La regista non rinuncia a sfruttare il fascino di un corpo maschile perfetto, regalandoci uno spogliarello che ricorda, a genere invertito, quello di 9 settimane e mezzo. La scena dei due amanti gay, il suo compagno e un giovane modello, scoperti mentre cenano in un locale, è l’unica che ci mostra l’omosessualità di Marco in azione, insieme ad un breve sogno della protagonista che s’immagina coinvolta in un sesso a tre con loro. Peccato che poi non si abbia voluto mostrare la nuova famiglia gay di Marco diventato padre, anzi si voglia farci credere che Marco viva da solo con la bimba e la domestica. Troppo trasgressivo mostrare una famiglia gay composta da due padri e una figlia?
Nel film, dicevamo, il desiderio lesbo non è vissuto come una piacevole scoperta della protagonista (una delle cose migliori del romanzo), ma come qualcosa che rimane estraneo, più subito che desiderato, quasi un disturbo, come ripete Adriana (Lorena Cacciatore) ogni volta che entra in casa della protagonista Elena. Adriana è una 18enne che sta scoprendo la propria sessualità e si prepara a fare delle scelte. Ha un fidanzato col quale litiga spesso e verso il quale nutre più un sentimento di comprensione amicale che altro. Vorrebbe che Elena l’aiutasse in questa scelta lesbo (nel romanzo succede) anzichè ostacolarla. Nel film assistiamo ad una sola scena di sesso completo tra le due donne, gli altri tentativo d’approccio sono quasi un calvario per Adriana e una tortura per Anna.
Il finale del film, identico a quello del libro, risulta qui quasi in contraddizione con il comportamento tenuto da Elena. Per comprenderlo avremmo dovuto seguire un’evoluzione nel personaggio di Elena che non avviene, anzi, all’opposto vediamo quasi una sua retromarcia, l’emergere e il trionfare di una paura, il rifiuto, come dice espressamente, di essere considerata una lesbica. Per non parlare del discorso sulla maternità, prima negata e poi desiderata, che nel film, tranne una breve scena in cui Elena si accarezza la cicatrice del cesareo, è quasi completamente assente. Il discorso sulla paternità gay, pur limitato ad un paio di scene, è invece mostrato con chiarezza e decisione, salvo le reticenze di cui parlavamo sopra relative alla famiglia gay (che nel film come nel libro non esiste).
In sintesi un film interessante che però non appassiona mai, un po’ per la sua reticenza ed un po’ per una sceneggiatura che gioca con personaggi troppo statici, senza evoluzione, e quindi spesso ripetitivi. Ottima la fotografia (una Bari moderna e degli interni bianchi senza essere ossessivi come in ‘E la chiamano estate’), buone le musiche (forse un po’ esagerate in alcuni momenti) e bravi tutti gli interpreti (tra tutti abbiamo preferito Lorena Cacciatore).