Una scena del film col personaggio bisex di Ellen Page e Jesse Eisenberg
Iniziamo a parlare delle belle sorprese che abbiamo trovato guardando il film, anche se poche e insufficenti ad alzare il giudizio complessivo sul film. Anzitutto il fatto che anche in questo film, Allen trovi il modo di inserire personaggi e riferimenti LGBT. Si tratta di pochi ma divertenti minuti, quando il personaggio di Ellen Page, la seduttrice Monica, dichiara di essersi appena separata dal marito perchè, in quanto gay, era bravissimo, intelligente e sensibile di giorno ma del tutto incapace la notte. Il fatto che fosse gay, dice lei, non dovrebbe scandalizzare nessuno, e a riprova di ciò, lei stessa si rivela bisessuale raccontando che ha avuto una ‘splendida’ storia d’amore lesbico durata ben tre mesi, esperienza che l’ha pienamente soddisfatta ed entusiasmata. Questo suo discorsetto, che lascia allibiti i suoi interlocutori, sembra proprio un panegirico pro gay, tanto che lei stessa, ammette poi di avere esagerato un po’. Ma noi intanto ci siamo sorpresamente divertiti.
Un altro piacevole rilievo è merito dell’attore gay dichiarato Leo Gullotta che doppia Woody Allen in maniera più che perfetta, tanto da farci credere che Allen sia sempre lo stesso, anche dopo la dipartita del grande Lionello. Poi ci ha fatto piacere ritrovare l’attore Alessandro Tiberi, qui al massimo della sua espressività, che avevamo conosciuto in uno dei primi ruoli gay da semi-protagonista della nostra tv, l’assistente Lucio Spasimo nella miniserie “Quo Vadis, Baby?”. E altrettanto possiamo dire per Alison Pill, qui nel ruolo della turista americana Hayley, che avevamo apprezzato come pioniera dell’attivismo lesbico in “Milk”. Un breve cameo viene dedicato alla fine del film anche agli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana, icone mondiali dello stile italiano.
Finiti i riscontri per noi piacevoli, naturalmente partigiani, veniamo al film nel suo complesso, che, diciamo subito, ci è sembrato una delle opere peggiori di Allen. Dopo avere espresso il suo amore per l’Europa con opere pregevoli dedicate a Londra, Venezia e Parigi, Roma ci è sembrata entrare in un film su commissione, senza genialità e originalità (forse con l’eccezione del cantante sotto la doccia, comunque esagerato), con storielle che volevano essere boccaccesche e che invece sono al massimo puerili e patetiche, quasi a livello dei nostri cinepanettoni, salvate solo dalla mancanza di flatulenze e altre volgarità. Anche il nostro grande Benigni torna sullo schermo con una storia assolutamente gratuita: almeno un piccolo appiglio, una qualche motivazione di partenza ci sembrava necessaria per spiegare la sua improvvisa notorietà. Invece no, come se fossimo un popolo di deficienti. Poi come si faccia a far passare Antonio Albanese per “L’uomo più sexy di Roma” lo sanno solo Allen e la brava Alessandra Mastronardi che però alla fine trova di meglio.
Un po’ più credibile Penelope Cruz nel ruolo di escort (per cui conosce bene il Vaticano), che però sembra entrata nel film per sbaglio (così è in effetti). Insomma quattro banali storie intrecciate con figure e fugurine, monodimensionali, già viste e raccontate (meglio). La turista americana che s’innamora a prima vista, la coppietta che sbarca a Roma per iniziare una nuova vita, l’impiegato qualunque che i media portano alle stelle (senza motivo), e l’architetto famoso che incontra un suo ammiratore, quest’ultimo facile preda dell’ammaliatrice di turno.
Storie raccontate senza passione, prese dal catalogo delle banalità che illustrano l’Italia al mondo, senza nessuna novità o approfondimento. Certo, in qualche raro momento la mano di Allen si fa vedere, come in qualche battuta del suo personaggio ossessionato dalla morte (la tocca letteralmente con mano), che recupera il valore dei soldi e, ormai pensionato dice “Il lavoro mi manca ma sto bene in pensione…”. Anche il personaggio del fantasma interpretato da Alec Baldwin ha qualche spessore, con momenti di poesia. Troppo poco per dare peso e sostanza ad un film assolutamente mediocre, che nemmeno la fotografia o le musiche (sic!) riescono ad alzare di tono.