AFFASCINANTE FILM CUBANO AL 27mo FESTIVAL GLBT DI TORINO

“Verde verde” continua, sul solco di Querelle, la rappresentazione del lungo e insanguinato cammino verso la redenzione gay. Altre gemme tra i bellisssimi corti (nella foto Chen Shumowitz)

La 27ma edizione del Festival GLBT di Torino ha assegnato il Premio “Dorian Gray” a Luciana Littizzetto (i precedenti premi erano andati a James Ivory e Lindsay Kemp) con la seguente motivazione: “Il premio “Dorian Gray” 2012 va a Luciana Littizzetto perché come attrice ha saputo con la sua ironia ribaltare i luoghi comuni sull’amore, sostenendo con impegno costante la causa dei diritti delle persone GLBT”. Littizzetto diventa così il personaggio italiano più premiato dalla comunità gay (Premio Gay Village, Premio Dorian Gray). La cerimonia di premiazione avrà luogo martedì 24 aprile alle ore 20.00 alla Multisala Cinema Massimo di Torino.
Dopo questa bella notizia veniamo a parlarvi della terza giornata del Festival torinese che ci ha regalato due ore di dialogo con il coreografo Matthew Bourne che ha affascinato il pubblico sia con le sue parole che con diversi spezzoni delle sue opere. A breve troverete su questa pagina il video integrale dell’incontro.

Iniziamo anche oggi le nostre recensioni dagli ultimi cortometraggi in concorso che concludono una selezione di tutto rispetto.

THROUGH THE WINDOW di Chen Shumowitz

voto 8/10

Siamo in Israele, un Paese che sta facendo passi da giganti sui diritti degli omosessuali, ma che nella cultura popolare e nella quotidianità dimostra ancora qualche pregiudizio o paura. In questo bellissimo corto l’autore ci vuole dimostrare come spesso i pregiudizi e le paure alberghino forse più nella mente degli stessi omosessuali che nella realtà. Vediamo due ragazze innamorate che sono arrivate in macchina davanti all’abitazione di una delle due. In casa, la madre, il padre e la sorella, l’aspettano per un pranzo importante, insieme all’altro fratello. Le due ragazze, sedute in macchina, affrontano per l’ennesima volta il problema della loro visibilità in famiglia. Una dice che aspetta questo momento da anni, l’altra, quella che abita nella casa dove la stanno aspettando, si dimostra titubante e paurosa. Le prospetta di venire in casa per il dolce, poi si dimostra ancora dubbiosa. Intanto si scambiano un bacio che la madre vede dalla finestra, comprendendo tutto. Le ragazze si accorgono della cosa. Alla fine le due si lasciano malamente, con un ‘non so se ci rivedremo’ detto da quella che va via, delusa dalle paure della compagna. La ragazza esce dalla macchina ed entra in casa. Qui abbiamo la scena più bella del film, un piccolo capolavoro di finezza e semplicità, dove, per la prima volta al cinema, assistiamo ad un bellissimo coming out muto.

LA DERADE di Pascal Latil

voto 6/10

Storia commovente, ma quasi inverosimile. Due ragazzi si amano e sono felici. Uno dei due è stato addirittura presentato all’altro dalla madre di questo. Sono una famiglia perfetta. Ci sono però due grossi problemi. Il primo è che uno è ammalato di cuore in attesa di trapianto. Il secondo è il fatto che il fidanzato è un marinaio e spesso deve allontanarsi per qualche settimana. Anche questa volta deve partire per un lungo viaggio. Ritornerà? Come ritornerà? L’ammalato guarisce, ma come guarisce? Qualcosa di troppo fortuito accade, e tutto cambierà. Ma l’amore resta, per sempre. Bellissimi i due protagonisti.

IL MONDO SOPRA LA TESTA di Peter Marcias

voto 6/10

Bellissimi i disegni di questo corto d’animazione, prima esperienza in questo genere del regista premiato Peter Marcias. Peccato che la storia, tutta politica, sia troppo fantasiosa… e pessimistica. Il movimento gay ha prodotto una frangia terrorista (stile brigate rosse) e rapisce il presidente di una nazione che aveva dichiarato guerra agli omosessuali. Rinchiuso in un capannone industriale dismesso, viene interrogato da una trans che gli denuncia i danni dell’omofobia. Arriva però la nipote del presidente che spiega come in realtà egli, avendo anche un fratello omosessuale, sia gayfriendly e costretto all’omofobia solo dalla politica del suo partito… Il finale a sorpresa ci fa capire che nessuna forza rivoluzionaria violenta potrà mai vincere contro la forza del potere costituito. Un po’ troppo semplicistico.

CONSENTEMENT di Cyril Legann

voto 6/10

Questo film meriterebbe un voto più alto, sia per le interpretazioni che per la composizione, ma veniamo frenati dal fatto che il racconto è troppo simile ad un’altro corto spagnolo visto lo scorso anno. Ci troviamo in un albergo dove un quarantenne facoltoso invita lo stupendo cameriere (quando si spoglia partono urla dal pubblico in sala) a dargli qualcosa di più delle cibarie. Questi inizialmente rifiuta. Quando ritorna, davanti a decine di banconate che l’uomo getta sul letto, le cose cambiano. Cambiano ancora quando il gioco sessuale si fa più spinto, entrando nel sadomaso. Noi intanto possiamo goderci i corpi, invidiabili, completamente nudi dei due protagonisti, mentre la sorpresa finale ci lascia, per i motivi sopraddetti, alquanto delusi. Ottimo per voyeuristi.

PRORA di Stephane Riethauser

voto 9/10

Ancora sulla tematica dell’adolescente innamorato dell’amico etero. Eppure il film si fa guardare senza noia e con molto interesse, dall’inizio alla fine. Molto bene inseriti anche i riferimenti al nazismo, sfruttando l’ambientazione di una spiaggia con una orribile fila di case ormai abbandonate. Questa volta l’amico etero rimane etero, anche se accontenta fino in fondo il desiderio sessuale dell’amico gay fino a quel momento velato. Incandescente la scena dell’approccio sessuale: un piccolo furtivo bacio sulle guance, poi un’altro sulla bocca mentre gli occhi dell’etero si spalancano, poi tanti altri bacetti mentre l’amico rimane immobile, le camice che si slacciano, si tolgono, i corpi che si avvinghiano, ecc. Alla fine abbiamo una grossa ferita di taglio sulla gamba del giovane bellissimo gay… ma l’amicizia ritorna, forse. Tanta poesia per tanto bisogno d’amore. Tanta comprensione per un mondo migliore.

THE PERFECT FAMILY di Anne Renton

voto 7/10

Film studiato a tavolino, ottimo per il pilot di una serie televisiva, ma poco cinema. Eppure il pubblico è uscito entusiasta dalla sala. Chi approvava e condivideva le sagaci e pungenti battute contro la Chiesa (non devo pensare, sono cattolica – cioè, la Chiesa pensa per me), chi s’identificava nelle libertà conquistate dai figli. Il figlio maschio che abbandona la moglie sposata per forza, perchè si è finalmente innamorato; la figlia lesbica incinta che sta per sposarsi con la compagna. Le tematiche ci sono tutte e ben presentate, la religione viene messa alla berlina con garbo ma senza scusanti, e i valori positivi alla fine trionfano. La protagonista, Kathleen Turner, è bravissima (ma non raggiunge il fascino ambiguo di Brivido Caldo), altrettanto la figlia (la protagonista della serie Bones), il figlio e il padre. La commedia si fa sempre più vivace anche grazie a piccoli colpi di scena. Ma, ripetiamo, siamo quasi nel docufilm, dove tutto è molto didattico, troppo lineare.

VERDE VERDE di Enrique Pineda Barnet

voto 8/10

Pellicola cubana che segna un’altro spartiacque nel cinema di quel Paese, quasi trent’anni dopo il rivoluzionario ‘Fragola e cioccolato’. Incredibile che sia stata girata da un regista ottantenne. Lo stile del film, come dichiarato dallo stesso regista, si rifà molto al Querelle di Fassbinder, sia per l’ambientazione e la rappresentazione, molto teatrale (anche se, grazie ad un avveduto montaggio e ad una bella fotografia, non viene percepita come tale) che per i personaggi, dei marinai molto machi, in preda alle loro ossessioni. Il tema è per noi un po’ datato, ma se pensiamo al Paese in cui è girato il film, possiamo credere che sia ancora di forte attualità. Abbiamo il marinaio che accetta e vive in libertà la sua omosessualità, dichiarando ripetutamente di essere un uomo di pace in cerca solo d’amore, e un uomo che frequenta un locale per metà gay (che il regista esemplifica con le ripetute esibizione di uno splendido ballerino nudo di lap dancer) ma frequentato anche da villosi marinai omofobi, dei quali teme il giudizio. Quest’uomo rappresenta il solito omosessuale represso che pagherà e farà pagare a duro prezzo la sua liberazione. Il film ha diviso in due il pubblico, chi l’ha apprezzato e goduto, come il sottoscritto, e chi vi ha visto solo scopiazzamenti e teatralità. Noi, entrati nello spirito e nell’atmosfera che gli autori hanno voluto creare, siamo rimasti affascinati dal gioco crudele tra i protagonisti, dallo scontro verbale e corporale, dal desiderio, dalla paura, dalla passione, dai baci insanguinati, dalle lame luccicanti, dai sospiri e dagli affanni, dai corpi nudi che s’avvinghiano, dall’amore che genera dolore e dal dolore che cerca l’amore. Per noi vero cinema.

(G. Mangiarotti)

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MI ULTIMO ROUND di Julio Jorquera

voto: 6/10

Nella piccola Osorno, in Cile, non è così usuale vedere due uomini che stanno insieme. Così, dopo la morte della madre dell’uno e il ritiro forzato dalla boxe da parte dell’altro, Hugo e Octavio decidono di andare a vivere insieme nella capitale, Santiago, dove sperano di poter ricominciare da capo. Eppure qualcosa sembra tormentare entrambi, che non riescono a vivere il loro amore in maniera serena. Così, mentre Octavio decide, mettendo a rischio la propria salute, di tornare sul ring, Hugo conosce Jenny, una sua collega che si è innamorata di lui. Resistere ai propri demoni non è semplice. Il loro amore sarà più forte?
Film molto lento e cupo, con pochi dialoghi e poche scene madri. A colmare in parte queste lacune c’è una trama piuttosto interessante, altrimenti lo spettatore potrebbe pensare di gettare la spugna prima della fine dell’ultimo round.

AUDRE LORDE – DIE BERLINER JAHRE 1984 BIS 1992 di D. Schultz

voto: 7/10

Audre Lorde è stata tante cose. E’ stata donna, nera, lesbica, femminista, poetessa, madre. E’ stata un’amica ed è stata un faro per la comunità nera in Germania e non solo. Proveniendo da una realtà come quella statunitense, dove il senso di identità nera pervade ogni fibra della comunità afro-americana, Audre Lorde è riuscita a tracciare quel filo rosso che lega e collega tutte le persone che hanno qualcosa in comune, seppure in modo diverso. Audre Lorde si può pertanto considerare la fondatrice della stessa comunità afro-tedesca, oltre che del movimento ad essa collegato. Ogni volta che andava a Berlino teneva delle letture dei propri scritti e di quelli dei suoi studenti, spingeva le persone ad incontrarsi e rimanere in contatto e faceva delle diversità intrinseche ad ognuno lo spunto per dialogare e trovare i valori comuni da difendere. Da sempre contro ogni forma di razzismo, Audre Lorde, attraverso la potenza delle sue parole, ha fornito una chiave di lettura della propria identità ai neri in Germania, diventando comunque fonte di ispirazione anche all’estero.
Questo documentario ripercorre gli ultimi anni di vita della poetessa, quelli in cui si è recata regolarmente nella capitale tedesca. Realizzato con materiale d’archivio anche privato, con foto e riprese amatoriali, “Audre Lorde – Die Berliner Jahre” mira a far conoscere anche il lato più intimo della donna, andando oltre la sua importanza a livello socio-culturale. Ne viene fuori un ritratto molto naturale e insieme molto potente di una delle personalità più importanti dei giorni nostri. Meraviglioso il fatto che Audre, durante tutto il documentario, non smetta mai di sorridere.

THE PERFECT FAMILY di Anne Renton

voto: 8/10

Per Eileen Cleary ricevere il titolo di “cattolica dell’anno” significherebbe dare un giusto riconoscimento alla sua devozione e alla sua vita da perfetta cristiana. La giuria però non tiene conto soltanto dei comportamenti di Eileen, ma anche della condotta degli altri membri della sua famiglia ed è in queste circostanze che la donna dovrà affrontare ed accettare la realtà dei fatti: la sua famiglia non è perfetta. A darle il tormento ci pensa il figlio più piccolo, Frank Jr., il quale, sposatosi in seguito ad una gravidanza non programmata in giovane età, non ama più la moglie e la tradisce con l’estetista del paese. Ma la notizia shock per Eileen piomba durante una cena in famiglia, quando la figlia maggiore, Shannon, le dice di essere lesbica e di essere incinta di cinque mesi e prossima al matrimonio con la sua compagna Christina. Eileen non riesce a concepire né ad accettare la situazione, ma decide comunque di provare a stare vicino a sua figlia aiutandola durante la gravidanza. Come se non bastasse, dopo una cena a base di bugie e falsità con l’arcivescovo che dovrebbe nominarla “cattolica dell’anno”, Frank, il marito di Eileen, oltretutto un ex alcolizzato, decide di lasciarla, non riuscendo più a sopportare l’ipocrisia della vita scelta dalla moglie. Ormai sola, Eileen si rende conto di aver sacrificato la sua famiglia per la sola vanità di vincere un premio e decide così di inviare all’arcivescovo una toccante lettera in cui racconta tutta la verità sulla sua famiglia. Basterà ad Eileen questa confessione per essere considerata “cattolica dell’anno” e soprattutto per ottenere il perdono dei suoi cari?
Commedia molto vivace, con una strepitosa Kathleen Turner, nei panni di Eileen Cleary, “The perfect family” non sembra mancare nulla: diverte, commuove e fa riflettere. Una curiosità: la platea è scoppiata in un applauso in seguito ad una frase pronunciata dalla protagonista: “Sono cattolica, non devo pensare!”

KYSS MIG di A.T. Keining

voto: 8/10

Mia vive in città insieme a Tim, il suo fidanzato e futuro marito. Frida abita in paese con la sua compagna. Apparentemente due universi paralleli che non si incontreranno mai. Eppure a volte il destino può essere ironico e quando le due si conoscono, durante la festa di fidanzamento dei rispettivi genitori, è subito attrazione fatale. Entrambe sull’isola dove i genitori hanno comprato casa senza il resto della famiglia al seguito, non ci vuole molto perché le due donne si ritrovino sole. Strano a dirsi, ma a cedere per prima alla passione è Mia, quella che delle due avrebbe dovuto essere forse un po’ più confusa. Frida dal canto suo l’asseconda e così finiscono per passare la notte insieme, regalando alle spettatrici scene d’amore intense e passionali, oltre che molto dolci. Poi però c’è il ritorno alla realtà, alla vita di tutti i giorni: ognuna nella propria città, con il proprio compagno o compagna. Ma neanche la lontananza riesce a tenerle separate, così, dopo altri ripetuti incontri, Frida si rende conto di non essere più innamorata della sua compagna e, piuttosto che continuare a tradirla e farla soffrire, decide di lasciarla e chiede a Mia di fare lo stesso con Tim. Avrà abbastanza coraggio o la paura prenderà il sopravvento sull’amore?
Finalmente un film che del Lesbian Romance (la sezione di cui fa parte) ha tutti gli ingredienti: amore, passione e una trama forse un po’ scontata, ma sicuramente molto gradevole, anche per quanto riguarda il ritmo. Certo, la bellezza delle protagoniste (Ruth Vega Fernandez e Liv Mjones) sicuramente non guasta, soprattutto in certe scene. “Kyss mig” è riuscito, nell’arco dei suoi 104 minuti, a far scordare al pubblico di aver aspettato ben un’ora fuori dal cinema, in piedi e al freddo, a causa di un ritardo con il dibattito sul film precedente: ne è decisamente valsa la pena!

(G. Borghesi)

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INCONTRO CON IL COREOGRAFO MATTHEW BOURNE AL TEATRO VITTORIA DI TORINO

Matthew Bourne viene presentato da Sergio Trombetta, studioso di danza e musica russa. Per Trombetta Lo spettacolo ‘Il lago dei cigni‘ girato nel 1995, conferma oggi la sua straordinaria attualità. A parte il bello di vederlo in 3D, in questa versione si colgono maggiormente, non soltanto le capacita registiche di Matthew Bourne, che sono straordinarie, ma anche tutto il lavoro coreografico sul corpo e sul movimento. Per il grande pubblico Matthew Bourne è soprattutto il coreografo del Lago dei Cigni, ma egli ha al suo attivo uno straordinario carnet di lavori, che cominciano dal 1987. Quest’anno la sua compagnia compie infatti 25 anni. L’anniversario sarà celebrato con tutta una serie di iniziative, con la ripresa dello ‘Schiaccianoci‘ a dicembre, spettacolo che era stato portato a marzo a Trieste e con la ripresa di tre brani del primo periodo, che vanno dall’1988 al 1991. Siccome la sua compagnia ha come nome New Adventure, questi tre brani sono stati raggruppati sotto il nome Early Adventures. Seguirà una ripresa di un suo straordinario capolavoro ‘Play Without Words‘. E poi a dicembre arriverà il suo nuovo lavoro, una rilettura della Bella Addormentata di Tchaikovsky.
Sono stati trasmessi in sala tre brani dai suoi primi lavori. ‘Spitfire‘ del 1988, il primo successo di Bourne, una pièce molto corta incentrata su quattro personaggi maschili vestiti solo di biancheria intima bianca. La musica su cui è basato è il Passo due del Don Chisciotte, i quattro danzatori rimandano al famoso Pas de quattre, che intorno al 1850, riunì le più grandi ballerine romantiche d’ Europa. Il secondo pezzo visto è stato ‘Infernal Galop – A franch dance with English subtitles‘ del 1989. Il terzo brano ‘Town and Country ‘del 1991.
Questi lavori sono stati innovativi rispetto alla danza britannica di quegli anni. Bourne nei suoi lavori ha voluto aggiungere un elemento di humor , che divertisse il pubblico. Innovazione non accettata da tutti. La danza inglese di quel periodo era molto impegnata e anche un po’ punitiva. La novità di Bourne è stata quella di affrontare gli stessi discorsi impegnati come l’omosessualità e l’identità di genere, in un modo più leggero e ironico, senza rinunciare alla profondità del discorso.
Bourne ha spesso ripreso balletti classici reinterpretandoli in modo innovativo. Diversi classici sono stati ambientati in Inghilterra, perché questo è il mondo che conosce meglio e che ama.
Un’altro argomento trattato in questo incontro è stata l’influenza del cinema nei lavori di Bourne. Nello Schiaccianoci, la cinematografia che lo ha più influenzato è quella del musical di Hollywood, ed è per questo che, per esempio, nella scenografia c’è una torta gigante, intorno alla quale ballano tutti. Per il Lago dei cigni il film che lo ha ispirato è “Gli uccelli” di Hitchcock. Per quanto riguarda Cenerentola, lo hanno ispirato i film che riguardano la guerra, come ‘A matter of life and death‘.
I ballerini che Bourne ha scelto potrebbero non essere scelti da altre compagnie, perché forse non sono sempre perfetti dal punto di vista tecnico, ma sono tutti capaci di trasmettere un sentimento e una passione al pubblico.
E’ stata poi proiettata un’altra serie di spezzoni presi dagli spettacoli di Bourne, che più mettono in risalto l’influenza del cinema nel suo lavoro. Il primo, ‘The Car Men‘, utilizza la musica della Carmen di Bizet, per raccontare una storia riconducibile a ‘Il postino suona sempre due volte‘ o in ambito italiano a ‘Ossessione‘ di Visconti. E’ un film che ha forti legami col cinema italiano, soprattutto ‘Rocco e i suoi fratelli‘ di Visconti. I personaggi di Car Men hanno tutti nomi italiani. Car men diversamente dal solito è ambientato in America.
ll brano successivo ‘Play without words‘ del 2002, ispirato al ‘Servo‘ di Losey, è stato molto premiato in Inghilterra e verrà ripreso il prossimo luglio a Londra. Qui i cinque protagonisti principali sono interpretati ognuno da diversi attori che recitano contemporaneamente la stessa storia in situazioni diverse. Gli ultimi due brani trasmessi sono stati tratti da “Edward mani di forbice‘ ispirato al film di Burton e ‘Dorian Gray‘ ispirato al romanzo di Wilde, ma ambientato nella Londra di oggi, in cui Dorian è un fotomodello che pubblicizza il profumo ‘Immortal‘. In una scena il protagonista viene fotografato come Verusca in Blow Up.

THE LIFE AND DEATH OF CELSO JUNIOR di Panayotis Evangelidis

Voto 8/10

Nel pomeriggio è stato trasmesso l’interessante documentario ‘The Life and Death of Celso Junior‘ (Grecia 2011,48’) presente il regista Panayotis Evangelidis. Il documentario parla della vita di un originalissimo personaggio Celso Junior, pittore e artista brasiliano, che il regista incontrò al festival Queer di Lisbona alcuni anni fa, dove Evangelidis, presentava un altro film. Evangelidis se lo vedeva continuamente passare davanti vestito da militare o da lether, ma si vedeva che non era il solito lether man che si vede nei bar gay, era veramente perfetto nel suo abbigliamento. Un giorno i due fanno conoscenza, e il regista scopri che Celso era stato uno dei fondatori del Festival di Lisbona, una quindicina di anni prima. E parlando con lui venne fuori che Celso aveva più di seicento paia di stivali. E il regista decise che voleva fare subito un film su di lui. Intervistando questo artista per il documentario, il regista ha scoperto che Celso Junior non era feticista solo riguardo agli stivali, ma in tutti gli aspetti della sua vita.
Il documentario non è in concorso in questo festival perché Evangelidis è anche un membro della giuria.

(R. Mariella)

VIDEO DELLA PRESENTAZIONE DEL FILM “LE COCCINELLE”

VIDEO DELLA PRESENTAZIONE DEI CORTOMETRAGGI IN CONCORSO

Il regista Odilon ROCHA presenta il suo film ‘A novela das 8’

(Video a cura di R. Mariella e A. Schiavone)

IMMAGINI DELLA GIORNATA

I registi dei cortometraggi in concorso
Peter Marcias
La Giuria Lungometraggi
Il protagonista di Verve Verde, Carlos Miguel Caballero
Metthew Bourne incontra il pubblico
Bruno Casini e Sergio Trombetta
Matthew Bourne con Roberto Mariella

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