Ha inaugurato la giornata il documentario argentino ‘Soi cumbio’ , opera prima della regista Andrea Yannino, sulla vicenda curiosa di una ragazzina argentina, di nome Augustina, ma soprannominata Cumbio, un nome maschile che sottolinea il suo essere lesbica. Una ragazza qualunque, di famiglia modesta, che ha raggiunto nel suo Paese un enorme successo mediatico, per il solo fatto di avere su internet un suo blog fotografico (Flog – da cui flogger chi ne è l’autore) cliccato da decine di milioni di visitatori. Sul suo flog appaiono anche alcune foto in cui Cumbio bacia la sua ragazza e questo ha portato a fare del suo essere lesbica un caso nazionale dibattuto in decine di talk show. Si è poi radunata attorno a Cumbio una numerosa tribù di adolescenti, molti dei quali gay e lesbiche, che hanno adottato un loro abbigliamento unisex, simile ai famosi EMO. Il successo di Cumbio ha pesantemente sconvolto anche le vite dei suoi genitori, diventati anche loro delle star e Cumbio è inseguita da giornalisti e curiosi in ogni momento della giornata, anche all’interno della sua scuola. Nonostante alcuni aspetti positivi della storia, non si può tacere un certo fastidio nel vedere come anche internet si presti bene a fornire nuovo materiale al falso mondo della tv spazzatura.
Anche il film successivo parla di adolescenti, ma decisamente molto più sfortunati. ‘Lost in the Croud’ della regista austriaca Susi Graf, che ha lavorato sette anni per girare questo documentario. il film apre una finestra su di una tragedia americana poco conosciuta. Nella sola città di New York si stima che ci siano ventimila giovanissimi senzatetto, cacciati di casa dalle loro famiglie, o fuggiti, a causa della loro omosessualità non accettata dai familiari. Giovani che da tutto il paese raggiungono New York nella speranza di trovarvi la scintillante città di Sex And The City. Alcune associazioni caritatevoli offrono dei rifugi, che però per gli adolescenti possono essere sedi di ulteriori pericoli, per cui qualche associazione LGBT , con modestissimi mezzi a disposizione, si è impegnata a fare qualcosa tra mille difficoltà. Le storie dei ragazzi purtroppo si assomigliano un po’ tutte. Ragazzi gay o transessuali cacciati da famiglie fanatiche religiose, gravi abusi in famiglia da parte di patrigni e poi a New York prostituzione, droga, violenze e HIV . Qualcuno da questo inferno si salva, tanti altri no.
E’ stato poi proiettato il documentario israeliano One of Seven del giornalista israeliano Goel Pinto, che ci racconta la sua storia di omosessuale ebreo, il suo profondo legame con la madre e la storia della sua numerosa famiglia (lui è il più piccolo di sette fratelli), ebrei sefarditi, che avendo vissuto in nord Africa durante la guerra, sono stati risparmiati dai peggiori drammi dell’olocausto, e quindi in seguito, in Israele, considerati dagli ebrei provenienti dall’Europa, un po’ degli ebrei di serie B. Goel fu mandato dalla madre a studiare in una delle più importanti scuole religiose ebree, ma lì un ragazzo più grande abusò di lui e per lo scandalo Goel fu cacciato, mentre l’altro, grazie a una generosa offerta della famiglia potè restare nell’istituto. In seguito Gael si sposò, ma il matrimonio durò solo otto mesi. Ora la sua vita è più serena, è in pace con se stesso, con la sua famiglia e la sua storia e attraverso questo film Goel ha voluto dirlo anche a noi.
E’ poi arrivato il momento del bellissimo ‘Miwa: a Japanese icon’ di Pascal Alex Vincent, che presente in sala, ci ha regalato una mezz’ora di puro divertimento, rispondendo alle domande del pubblico. Come ci racconta lo stesso Pascal egli per molto tempo era stato distributore di film giapponesi, e nel suo catalogo figurava un film che gli era piaciuto molto: " Le Lézard Noir "(1968), con una stupenda attrice principale che si chiamava Miwa. Egli era inoltre molto incuriosito dal fatto che questa attrice aveva un nome maschile: Akihiro. In seguito Pascal è riuscito a rintracciare Miwa e per dieci anni le ha chiesto di poter fare un documentario su di lei, ricevendo sempre rifiuti. Solo dopo aver visto l’ultimo film di Vincent, lo stupendo ‘Donnez-moi la main’ lei ha accettato. Essendo una grande diva, ha però voluto mettere mille condizioni. Ha ad esempio preteso di avere lo stesso interprete del Presidente della Repubblica Francese. Ha anche condizionato gran parte della realizzazione del film, compreso l’uso delle luci,e quindi il risultato finale non è stato esattamente quello che il regista avrebbe voluto. Miwa è stato il primo e per moltissimi anni l’unico, attore di sesso maschile ad interpretare nel cinema giapponese personaggi femminili (cosa che invece era normale nel teatro kabuki). Essendo stato per cinquant’anni forse l’unico personaggio pubblico dichiaratamente gay, è stato riconosciuto dai gay giapponesi come un pioniere. Da giovane Miwa ebbe un ragazzo che poi si impiccò vergognandosi della sua omosessualità e questa tragedia la convinse ancora di più a non volersi nascondere e a dichiarare pubblicamente le sue preferenze, e visto che la gente lo preferiva vestito da donna, ad un certo punto, smise del tutto di indossare gli abiti maschili. Già molto effeminato da ragazzo, era di una famiglia benestante di Nagasaki, imparò il francese e si appassionò alla musica lirica. Con la guerra la famiglia perse tutto e quasi tutti i suoi familiari morirono (ma di cose brutte lei nel film non vuole parlare) e cosi iniziò a cantare nei locali per potersi mantenere: canzoni francesi, della Edith Piaf, poi americane. Miwa ha in seguito recitato sia al cinema che in teatro per i più importanti registi giapponesi del dopoguerra (Ozu, Mizoguchi, Kurosawa, Kitano e Miyazaki) ed è stata molto apprezzata da Mishima. Negli anni è stata in grado di adattarsi ai mutamenti nei gusti del pubblico, passando dai classici al teatro di avanguardia. E’ stata inoltre un cantante di successo e scrittrice. Tuttora è popolarissima anche tra i giovani, è diventata molto ricca e vive in un castello arredato come una casa delle bambole. Tra le altre cose Miwa si è sempre impegnata contro l’energia nucleare (anche ora dopo la tragedia di Fukushima). Una cosa interessante emersa nel documentario è che in Giappone la condanna dell’omosessualità ha origini molto recenti. Nell’800 il Giappone si aprì all’occidente e per adattare la sua costituzione a quella delle grandi potenze si ebbe la cattiva idea di prendere a modello quella tedesca. Prima omosessualità e eterosessualità erano definite con i nomi di due colori (uno per i rapporti uomo-donna, l’altro per i rapporti uomo-uomo) e si trattava solo di una questione di gusti, senza un giudizio morale.
Con il regista era presente anche Cosimo Santoro che ci ha ricordato che il film è disponibile in Italia distribuito da Queer Frame.
In prima serata è stato proiettato ‘The Flower Bud’ di Shumona Banerjee, il primo dei corti della rassegna “Indian Queer Shorts Kashish 2011”. Una bizzarra scenetta comica in cui una giovane prostituta transgender, riceve nella sua camera da letto la visita di un insegnante, disoccupato, pieno di tic nervosi, votato al suicidio, del tutto inconsapevole di trovarsi a che fare con transessuale. Scoperta la cosa l’insegnante dà di matto, ma alla fine le due solitudini si incontrano. (Volendo scherzare potremmo definirlo una specie di ‘Una giornata particolare’ a Bollywood).
A sala strapiena è stato poi proiettato l’ormai famoso ‘Week End’ del regista inglese Andrew Haigh . Il titolo riassume tutto il film, una piccola storia d’amore che non sopravvive alla fine di un weekend. Come la storia, tutto nel film è minimale, la grigissima, seppure ordinata, periferia inglese, un appartamento arredato in modo molto demodè, la stessa cinepresa, che a volte gira a spalla, tutto contribuisce a dare l’impressione di una quotidianità banale, instabile e provvisoria. Il protagonista, che non ha avuto il coraggio di dichiararsi ai suoi amici eterosessuali, va di nascosto in un locale gay e incontra un ragazzo che si porta a casa per una scopata. Non si tratta neppure di una prima scelta, perché aveva puntato ad un altro. La mattina dopo i due iniziano a parlarsi, e pur essendo completamente diversi tra di loro, tra i due inaspettatamente scocca la scintilla. La vita del protagonista potrebbe ora davvero cambiare in meglio e lui quasi se ne convince, ma il destino ha scelto diversamente.
Ha concluso la serata ‘Hannah and the Hasbian’ di Gordon Napier commedia sul tentativo di tornare all’eterosessualità da parte della compagna della protagonista Hannah .
IMMAGINI DELLA GIORNATA:
Cosimo Santoro e Fabrizio Ungaro
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Fabrizio Ungaro e Silvia Minelli
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Fabrizio Ungaro e Pascal-Alex Vincent
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Pascal-Alex Vincent
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Pascal-Alex Vincent
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Play with us – Play Different
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Play with us – Play Different (l’ideatore)
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Roberta Vannucci
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Silvia Minelli
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Testo e foto di R. Mariella, video di A. Schiavone