La sezione Soggettiva, festival di cultura lesbica contemporanea, prodotta da ArciLesbica Bologna e curata da Elisa Manici in collaborazione con Gender Bender, arrivato alla sesta edizione, “continua il suo progetto di riflessione, condivisione e diffusione dell’immaginario lesbico, indagando la rappresentazione del corpo e i suoi effetti: parlare di corpi e soggettività fuori della norma è un modo per fare resistenza culturale, per produrre un pensiero altro, che veda nelle differenze l’espressione della bellezza e della potenza del lesbismo e della femminilità.”
Oltre a incontri e dibattiti, come il convegno dal titolo ‘Corpi eccentrici. Bellezza, normatività e rappresentazione‘ e la presentazione del libro di Michela Marzano, “Volevo essere una farfalla” (Mondadori), vengono presentati diversi film a tematica lesbica, tra i quali le anteprime nazionali di “Codependent lesbian space alien seeks same” di Madeleine Olnek (presentato al Sundance), “Kill the Habit” della regista italo-greca Laura Neri, l’australiano “Hannah and the Hasbian” di Gordon Napier, “Jamie and Jessie are not together” di Wendy Jo Carlton, “Hit So Hard” di P. David Ebersole, “Jan’s coming out” di Carolyne Reid, “Bumblefuck” di Aaron Douglas Johnston, che trovate nelle schede sottoriportate.
Intrecci tra pornografia e femminismo sono affrontati da tre opere. Il movimento pro-sex è al centro di “Mutantes” di Virginie Despentes, primo documentario della regista e scrittrice francese (Scopami, King Kong Girl), composto da una ventina di interviste raccolte tra il 2005 e il 2009 tra USA, Parigi e Barcellona. La regista traccia una storia soggettiva del movimento per sottolinearne le lotte femministe e le teorie riguardanti la legittimità della prostituzione e della pornografia (31 ottobre ore 18.30).
“Share“, di Marit Östberg – anteprima italiana – propone, invece, uno spaccato dell’immaginario pornografico femminile e femminista, un tema su cui riflettere, dibattere o, a piacere, fantasticare (31 ottobre ore 18.30).
“Too much pussy” di Emilie Jouvet è un ritratto collettivo di una comunità femminile e femminista che si mette in scena giocando con i ruoli e le identità sessuali. Lesbismo, fetish, performance art, rottura di ogni tabù: oltre le etichette, un lavoro potente di rivendicazione femminile per una nuova definizione della donna (2 novembre ore 22.30)
Un altro evento in collaborazione con Gender Bender è lo spettacolo dai contenuti forti La merda- secondo studio, ultima creazione di Cristian Ceresoli, giovane talento drammaturgico italiano. Protagonista unica e indiscussa della scena è un’intensa Silvia Gallerano che presta corpo e voce al flusso di coscienza della protagonista della pièce, una “giovane” donna “brutta” che tenta con ostinazione, resistenza e coraggio, di aprirsi un varco nella società delle cosce e delle libertà. (Teatrino degli Illusi, 2 e 3 novembre ore 21.00).
La serata Kill the habitus con il concerto degli Heike has the giggles, gruppo che ha aperto le date italiane dei Gossip, performance di danza e acrobazie sui tessuti, arricchisce il programma del festival (Cassero 3 novembre ore 22).
ALCUNI TITOLI DEI FILM DELLA SEZIONE “SOGGETTIVA” DI GENDER BENDER
Tre lesbiche aliene vengono mandate sulla terra. La loro missione è quella di farsi spezzare il cuore dai terrestri in modo che le loro iperattive emozioni possano salvare l’ozono sulloro pianeta. Quando le tre aliene si mettono alla ricerca di una storia d’amore negli ambienti lesbici di New York, una, Zoinx, s’innamora di Jane, la bramosa impiegata di una cartoleria che naturalmente è all’oscuro di amare un’aliena; le altre due, scoperta la povertà delle donne terrestri, s’innamorano di una splendita torta al formaggio. Nel frattempo, due agenti governativi tipo “Men In Black” si mettono sulle tracce di Jane e delle aliene per scoprire il loro segreto. Il film mescola B-movie e Men in Black offrendoci una curiosa commedia sugli stili di vita lesbo e sull’amore che trascende le galassie.
Questo è un giorno drammatico nella vita di Isadora, un’ottuagenaria signora che vive tranquilla col marito Enrique nella zona residenziale di Santiago del Cile. E’ iniziato con l’ennesimo guasto all’ascensore, cosa poca gradita da chi abita all’ottavo piano, e con l’arrivo improvviso della figlia omosessuale Rosario. Enrique gode ancora di una buona salute, ma Isadora sta perdendo colpi, i dolori alle anche le impediscono di fare le scale, e la memoria si sta affievolendo ogni giorno di più, per di più soffre di allucinazioni e sente delle voci. Rosario, indifferente alle sofferenze della madre, viene a chiederle regolarmente del denaro ed ora, per far fronte ai suoi debiti, è decisa, con l’aiuto della sua compagna Beatriz, che si fa chiamare Hugo, a pretendere la sua parte dell’appartamento di famiglia. Il film affronta il tema del disagio dell’Alzheimer e ci offre un intenso ritratto di famiglia coi complessi legami che intercorrono tra i suoi membri, focalizzando in particolare la situazione di Rosario che vive con la sua compagna e non vengono accettate dalla famiglia.
Il film esplora la vita del movimento pro-sex nelle ultime tre decadi, attraverso interviste ad attiviste, lavoratrici del sesso e attrici, mescolate a video di iniziative e estratti dalla pornografia femminista. Il movimento femminista pro-sex ha origine negli USA negli anni ’80. Fra le altre cose esso afferma che la pornografia deve essere liberata dal controllo patriarcale, mentre nelle mani delle donne e delle minoranze sessuali può diventare uno strumento di liberazione. La regista Despentes ci offre un ampio sguardo sul movimento, con interviste a figure chiave di USA, Francia e Spagna, con una descrizione dettagliata dei progressi del movimento pro-sex, chiamato anche post-porn, partendo dalla pioniera Annie Sprinkle fino alle nuove militanti europee come il lavoro cinematografico di Emilie Jouvet in “Too Much Pussy!”. Sebbene provocante ed esplicito, questo film diventerà senz’altro una pietra miliare della rivoluzione femminista queer.
Commedia a basso budget con una strampalata farsa che s’incrocia con una storia d’amore lesbo. La ventunenne Galia (Lili Mirojnick) ha un po’ di problemi. Suo fratello è in prigione, la sua migliore amica Soti (Katerina Moutsatsos) è innamorata di lei e, per finire, lei stessa ha un piccolo problema di droga. Deve essere a casa alla 4 del pomeriggio per la cerimonia della circoncisione del fratellino, e ha solo bisogno di un piccolo aiuto per poter raggiungere la cauzione per Frank (Cayce Clayton), in prigione per un tentato furto finito male, e affrontare la dispotica madre. Ma quando Lyle, il suo poco amato spacciatore, anzichè aiutarla tenta di rubarle il denaro, inizia una baruffa e, come viene d’istinto, Galia afferra il primo oggetto pesante disponibile per colpirlo. Lyle è morto. A questo punto iniziano i veri problemi. Galia hiama subito l’amica Soti per chiederle aiuto. Le due ragazze si trovano nell’appartamento di Lyle con l’irascibile moglie Cardamosa (Maria Elena Laas), che, scopriamo, odiava il marito ed è più che felice di aiutarle a liberarsi del corpo a condizione che si dividano equamente i suoi soldi. Tuttavia Galia è più preoccupata di liberare il fratello Frank per riuscire ad arrivare entrambi in tempo alla cerimonia del fratellino. La priorità di Soti è invece quella di liberare Galia dal giro della droga. Le tre ragazze devono trovare il modo di aiutarsi a vicenda per evitare l’arresto e mettere il cadavere in un posto sicuro…
Un esaltante doc che segue una dinamica 50enne alla resa dei conti con la propria sessualità. Jan ha fatto coming out in età avanzata. Dopo aver visto uno dietro l’altro tutti gli episodi di “The L Word”, la nostra 50enne si rende conto di tutto quello che ha perso nella propria vita. Ora è decisa ad affrontare la propria sessualità e a dare una risposta a tutte quelle domande sull’omosessualità e il lesbismo che si porta dentro da tanti anni. Inizia a parlare con lesbiche incontrate alle feste, beve e scherza con l’autrice dichiarata Stella Duffy e con sua moglie, e trascorre un idilliaco weekend in campagna con le attrici lesbo compagne nella vita Jill Bennett e Cathy DeBuono. La schiettezza di Jan e la sua gioia nel ritrovarsi finalmente in armonia con se stessa appaiono in modo evidente e palpabile sullo schermo. Ci sono lacrime, commoventi conversazioni, ma soprattutto molto divertimento in questa originale celebrazione del coming out di Jan.
Cosa succede se una mattina qualsiasi la tua ragazza ti comunica di non essere più lesbica ma hasbian? La prima reazione sarà sicuramente di perplessità, seguirà lo stupore, infine la rabbia. È quello che capita ad Hannah quando Breigh decide, da un giorno all’altro, di diventare etero: e così scopriamo che hasbian sta in realtà per “has been lesbian”. La migliore amica di Breigh sembra entusiasta della cosa, Hannah sicuramente non è dello stesso parere, Breigh, da parte sua, avrà molto da impare, perchè si accorgerà presto di non essere un’etero così in gamba. Presentata a Soggettiva 2011 in anteprima Italiana, Hannah and The Hasbian è una commedia divertente e minimalista che si serve di pochi ma efficaci ingredienti: tre personaggi e una rivelazione che cambierà le carte in tavola. Il regista ci catapulta, sin dalla prima scena, in un vortice di situazioni grottesche e di puro humour che non si lasciano mai attendere, riuscendo contemporaneamente a donare momenti di dolcezza e di riflessione. (Gender Bender Soggettiva)
Imposta sotto il dominio inglese nel 1860, la “Section 377” del Codice Penale Indiano criminalizzava qualsiasi atto di naturale sessuale fra due adulti dello stesso sesso, stigmatizzandoli come “contro natura”. Il 2 luglio 2009 la Corte Suprema di Delhi ha emanato una legge storica che ha finalmente cancellato quel retaggio coloniale accogliendo la domanda della comunità GLBT indiana che, negli ultimi dieci anni, tanto ha combattuto per abrogarla. Tre personaggi, Beena, Pallav e Abheena attraversano Bombay per celebrare il primo anniversario di quell’evento di libertà. Un reportage prodotto da Ivan Cotroneo
Ritratto collettivo di una comunità femminile e femminista che si mette in scena giocando con i ruoli e le identità sessuali. Lesbismo, fetish, performance art, rottura di ogni tabù: oltre le etichette, un lavoro potente di rivendicazione femminile per una nuova definizione della donna. (GDFF) – Il film è un road-movie inteso a promuovere una sessualità aperta, un documentario esplicito sulle sfrenate avventure di 7 donne impegnate in un tour di performance artistiche, che viaggiano su un camper attraverso l’Europa durante l’estate del 2009, ospiti dei palcosecnici di nightclubs e teatri a Parigi, Berlino, Stoccolma, ecc. Le ragazze sono militanti, artiste, scrittrici, musiciste, sex-workers e pornostar. Provengono dall’America e dall’Europa. Hanno vari dis-orientamenti sessuali e tendenze di genere. Il film documenta il loro viaggio, le loro esperienze di vita, le intersezioni artistiche tra pornografia e arte dei loro show, la realtà e lo spettacolo nelle loro vite private e pubbliche. La telecamera di Emilie cattura anche i momenti più intimi dei rapporti tra le ragazze, insieme a quelli più dialettici e tesi, con anche i vari incontri sessuali con le persone del posto. Non macano le riflessioni artistiche e politiche che completano questo accattivante manifesto politico femminista e sex-positive.
Mentre suonava con gli Hole negli anni ’90, la batterista e lesbica dichiarata Patty Schemel fece oltre 40 ore di registrazione filmata della band di Courtney Love. Vent’anni dopo, il suo obiettivo era quello di trasferire semplicemente i nastri in video 8 di quelle riprese in formati più aggiornati, ma la sua compagna pensò a qualcosa di assai più grande. Il risultato è questo documentario di P. David Ebersole che porta il titolo di uno degli hit degli Hole nel 1998. Patty Schemel, sebbene provenisse da una piccola fattoria nella periferia di Seattle, è sempre stata un outsider. I fans (ma anche i detrattori) degli Hole conoscono bene la loro parabola: la drammatica ascesa e caduta nel turbinio della droga dei beniamini del grunge, sempre sotto le luci dei riflettori in una storia piena di oscurità, suicidi e overdose. La storia personale di Schemel è affascinante, dai tempi della scena rock di Seattle degli anni ’90 fino alla cover di Rolling Stone. Dalla grande amicizia con la star dei Nirvana, Kurt Cobain, alla lotta per la sopravvivenza contro la dipendenza, il regista Ebersole indaga sotto la superficie, intrecciando i filmati degli anni ’90 con più recenti interviste. Una oggi lucida Schemel, i compagni della band Hole, Courtney Love, Eric Erlandson, e Melissa Auf der Maur, così come la grande amica Nina Gordon, compongono insieme un complesso, originale e completo quadro di quei caotici anni. Nel film troviamo anche rare clips di Kurt, Courtney e della piccola Frances.
Jamie sta per trasferirsi da Chicago a New York (Brooklyn) per iniziare la carriera di attrice a Broadway. Jessica, la sua migliore amica e compagna di stanza, è depressa perchè, più o meno segretamente, è innamorata di lei. Jamie non riesce proprio a capirlo. Il suo unico problema per la partenza è dove pagare il biglietto se deve partire presto. Con l’avvicinarsi del fatidico giorno, Jessie tenta di far ingelosire Jamie incontrando altre donne, cosa che di solito funziona sempre. Intanto che le due ragazze si affannano in quell’area grigia che sta tra il desiderio e l’affetto, i progetti di Jessie s’incendiano, in un modo che non avrebbe mai potuto immaginare… Due graziose protagoniste sembrano giocare coi rispettivi sentimenti e con vari incontri sessuali mentre una colonna sonora indovinata ci avvisa che l’amore difficilmente sbaglia strada. Dalla regista dell’apprezzato e drammatico “Hanna Free”, che qui si destreggia in una giovanilistica commedia musicale.
Sconvolta dal suicidio del suo miglior amico Matt, Alexa (Cat Smits) parte da Amsterdam per andare nella piccola cittadina degli USA, dove viveva Matt, sperando di scoprire le ragioni che l’hanno condotto al tragico gesto. Arriva con uno zaino, la sua videocamera e l’intenzione di girare un documentario su cosa vuol dire vivere come gay a Bumblefuck, USA. Ma l’estate non sarà di solo lavoro. Sessualmente disinibita Alexa sperimenta tutto quello che il posto le offre, compresa un’artista lesbica conosciuta in un club e il ragazzo che taglia l’erba al cimitero. Nel frattempo le attenzioni del suo padrone di casa si fanno sempre più ossessive e violente… Il film, nonostante racconti di un film nel film, risulta scorrevole e fresco con uno stile visivo disinvolto che cattura in ogni momento l’attenzione dello spettatore. La protagonista, anche co-sceneggiatrice del film, è spontanea e naturale, anche nelle interviste alla comunità lgbt e altrettanto disinvolta appare Heidi M. Sallows, nel personaggio dell’artista/barista Jennifer, che rende molto bene il miscuglio di cautela e passione che si provano quando ci s’innamora di qualcuno che crediamo etero. Il regista si è basato su una storia realmente accadutagli, il suicido di un suo cugino che a 24 anni si uccise dopo aver fatto il coming out. Il film è dedicato alla sua memoria.