"YO NO ME COMPLICO" di Alessandro Diaco

Questa sera a Genova proiezione del documentario prodotto dall’Università di Genova sul tema dei dirittti delle minoranze lgbt, del diritto alla differenza che è anche diritto all’indifferenza, cioè senza etichette che spersonalizzano.

Prosegue il cammino del documentario “Yo no me complico” di Alessandro Diaco, che questa sera, 6 luglio 2011, viene proiettato alle ore 20:30, con ingresso gratuito, a Genova allo STAR HOTEL (Sala Celivo), corte Lambruschini 4 (a 50 m. dalla stazione di Brignole). Dopo la proiezione del film un dibattito con la partecipazione del regista Alessandro Diaco, Luisa Stagi (una delle autrici) e l’associazione Cuerpos Libres.

Gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, queer, travestiti, pornologi, filosofi, ricercatori, militanti, migranti, personaggi dello spettacolo, sono alcuni dei protagonisti di “Yo no me complico“, girato tra il gay pride di Genova e il festival Gender Bender di Bologna, passando dalla Bergamo più conservatrice alle strade della prostituzione del capoluogo genovese.

Il film, della durata di 55 minuti, è un bell’esempio di cinema che nasce dalle esigenze di studio e approfondimento di un gruppo di ricercatori universitari del Laboratorio di Sociologia Visuale dell’Università di Genova. Gli autori del soggetto sono i sociologi Luca Queirolo Palmas, ricercatore che ha diretto numerosi progetti di ricerca europei sul tema delle migrazioni e delle culture giovanili della strada; Luisa Stagi, cofondatrice del Laboratorio Sui Generi(s) dell’Università di Genova, vicepresidente dell’Associazione Pangender – Crislalide Azione Trans; Emanuela Abbatecola, ricercatrice e coordinatrice del Laboratorio Sui GEneri(s) presso l’Università di Genova, si occupa di migrazioni, prostituzione straniera e discriminazioni (sessismo, xenofobia e omo/trans fobia) in una prospettiva di genere; il regista Alessandro Diaco che lavora come videomaker free-lance (ha già diretto i film-documentario “La settimana spirituale”, “In between” e “La nostalgie du corp perdu”.


Una scena del film

Il film inizia con Tiago che va sullo skateboard, prende l’autobus, si sente incollato addosso lo sguardo degli altri, e che se ne frega e dice “Yo no me complico“, cioè “Io non mi complico la vita, dico le cose come stanno“. Tiago ha 16 anni, viene dal Venezuela, è gay. Su di lui il peso di una doppia minoranza, di una doppia discriminazione. Ma lui rivendica con coraggio il suo diritto all’indifferenza, non alla tolleranza ma “a essere quello che si vuole, senza etichette. Insomma, che gli altri si dimentichino di me“. “Chissà“, dice “magari cambierò ancora orientamento sessuale. E allora, dov’è il problema? Perché complicarsi la vita?“. Il film è un mosaico di storie, dice il regista Diaco, che non vogliono insegnare o dimostrare qualcosa, ma solo “mettere sul tavolo delle questioni, e spazzare via le nubi che le avvolgono“.

La sociologa Luisa Stagi, vicepresidente dell’Associazione Pangender – Crislalide Azione Trans, spiega che “il problema è quello delle ‘etichette’ che ti spersonalizzano, allontanano e negano i diritti, credo che nel mondo Lgbt l’essere trans sia ancora più dirompente rispetto alle altre categorie, perché va a scardinare un ordine sociale di genere che diamo per scontato. E questo, nelle persone, crea disagio

Il punto è che le forme di alterità vanno a sovrapporsi all’identità. – chiarisce Luisa Stagi – Quando sei trans e migrante come ti definirebbe, per esempio, un titolo di giornale? Perché entrano in gioco due etichette, che ti spersonalizzano: e l’etichetta allontana, nega i diritti. Ecco, credo che nel mondo Lgbt l’essere trans sia ancora più dirompente rispetto alle altre categorie, perché va a scardinare un ordine sociale di genere che diamo per scontato. E questo, nelle persone, crea disagio“. Anche all’interno delle stesse comunità transessuali, spiega la Stagi, lo straniero crea spaccature. “Perché entra in gioco la provenienza sociale. Lo straniero spesso non ha un lavoro, in taluni casi addirittura è costretto a prostituirsi. E le associazioni lottano per non far prevalere questa immagine, stereotipata dai media. Ma alla fine tutti cercano di far valere i propri diritti, che sono gli stessi. Primo tra tutti, quello all’indifferenza.

Qui sotto la presentazione del film da parte degli autori:

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