GRAZIE LIETTA, NOSTRA GRANDE AMICA

Lietta Tornabuoni ci ha lasciati. E’ stata per cinquant’anni, come critico, una delle voci più attente alle nostre problematiche sia nel mondo del cinema che della cultura in generale. Un saluto da Giovanni Minerba.

Con grande rammarico abbiamo ricevuto la notizia della morte della scrittrice e critico cinematografico Lietta Tornabuoni, sicuri di avere perduto con lei una delle voci più attente alle nostre problematiche nelle sue puntuali recensioni di film, cronache dai festival e interviste agli autori. Lo scorso anno è stata, ad esempio, uno dei pochissimi ad offrirci una bella recensione dell’ultimo film di James Ivory, “Quella sera dorata“, del quale scriveva (dalle colonne della Stampa): “Eleganza rara, l’atmosfera dolce e nostalgica della memoria, esotismo umano singolare, bella sceneggiatura, interpreti magnifici: ci sono in Quella sera dorata molte virtù dei film di Ivory.
Un’altro suo intervento quasi unico è stata l’ottima accoglienza al film di Techinè “I Testimoni“, da lei così presentato: “I testimoni di André Techiné sono protagonisti e danno testimonianza degli Anni Ottanta, un decennio speciale in Francia e nel mondo: il film é davvero bello, complesso e sobrio, delicato e appassionato, capace di trasformare i drammi in guai della vita e la Storia in esistenze quotidiane, recitato magnificamente.
Ricordiamo per ultimo, ma sarebbero tantissimi da ricordare, il suo coraggioso ritratto di Giuseppe Patroni Griffi in occasione di una retrospettiva al Togay: “Viene da ridere (o da piangere) pensando a quanta gente riteneva che Giuseppe (Peppino) Patroni Griffi fosse un uomo frivolo. Aveva scritto e messo in scena oltre dieci testi teatrali (il primo, «D’amore si muore», con eccezionale duraturo successo). Aveva pubblicato quattro tra romanzi e raccolte di racconti (il primo, «Ragazzo di Trastevere», anticipava Pasolini). Aveva diretto sette film (il primo, «Il mare», girato in banco e nero a Capri d’inverno, molto bello). Pochi avevano lavorato quanto lui, eppure si continuava a giudicarlo futile, mondano: forse per la levità eclettica con cui portava se stesso, diversamente da tanti autori italiani che facevano una cosa a 24 anni e ci campavano poi per tutta una vita; forse perché era una persona calda, simpatica, molto spiritosa, colta, elegante, che non drammatizzava il proprio lavoro né mai si dava arie… Certo Peppino Patroni Griffi non è stato un genio: ma uno di quegli intellettuali creativi che formano il tessuto culturale d’un Paese, quello sì, lo è stato. Ora non ce ne sono.

Noi potremmo dire altrettanto dell’assiduo lavoro di Lietta, sempre attenta ai cambiamenti, alle originalità, ai nuovi messaggi della cultura e della società e alle tante figure che l’animavano, contribuendo con le sue attente critiche e le sue aperte riflessioni alla costruzione del tessuto culturale del nostro Paese negli ultimi decenni.

Riportiamo il saluto che Giovanni Minerba, direttore del Torino GLBT Film Festival, ci ha appena mandato: “Un saluto a Lietta. Sin dalle prime edizioni è stata un’amica del Torino GLBT Film Festival, scrivendone sempre con grande interesse, spesso regalandoci preziosi suggerimenti, sostenendoci con passione. Ci mancherà la sua professionalità, ma sopratutto ci mancheranno la sua dolcezza, la sua intelligenza, il suo amore! Terremo con noi gli innumerevoli ricordi che ci hanno legato, la sua vicinanza in tutti questi lunghi anni che avremmo voluto prolungare per sempre. Grazie Lietta.

Qui sotto il ricordo pubblicato oggi dal quotidiano online La Stampa, dove Lietta Tornabuoni lavorava dai primi anni ’80.

di Raffaella Silipo

Lietta Tornabuoni, grande critico cinematografico ha seguito per “La Stampa” gli eventi più importanti accaduti in 50 anni non solo nel mondo della celluloide

E’ mancata questa notte al Policlinico di Roma la nostra collega e grande critico cinematografico de La Stampa Lietta Tornabuoni. Era stata ricoverata in ospedale poco prima di Natale, dopo che si era sentita male a una proiezione cinematografica, ma le sue condizioni non avevano mai destato preoccupazione fino a un improvviso aggravarsi ieri.

Il suo vero nome era Giulietta, e avrebbe fra qualche mese compiuto ottant’anni: era infatti nata a Pisa il 24 marzo 1931 sotto il segno dell’Ariete da un’antica famiglia aristocratica, figlia di un militare e sorella di Lorenzo, noto pittore. Si era sposata giovanissima e trasferita a Roma, dove aveva intrapreso appena diciottenne la carriera giornalistica, che è stato sempre il suo vero grande amore. E’ stata testimone dei fatti nazionali e internazionali più importanti degli ultimi cinquant’anni, dall’attentato terroristico alla squadra israeliana alle Olimpiadi di Monaco 72 fino al sequestro e omicidio di Aldo Moro, fatti che raccontava con meticolosa attenzione per i dettagli e sintesi fulminante del giudizio.

Aveva cominciato la professione nel 1949 a «Noi Donne», il settimanale dell’Udi, passando nel 1956 a «Novella», poi all’«Espresso»e all’«Europeo».Alla Stampa era arrivata nel 1970, dove ha continuato a lavorare fino a oggi, tranne un breve intervallo dal 1975 al 1978 al «Corriere della sera». Tra i suoi libri: «Sorelle d’Italia», «Album di famiglia della tv», «Era Cinecittà», dove raccontava la del cinema, e l’annuale appuntamento di «Al cinema», il volume che periodicamente raccoglieva le sue recensioni. Era critico cinematografico del nostro giornale dai primi Anni 90, aveva raccolto il testimone dal grande amico Stefano Reggiani: le sue recensioni asciutte e puntuali coglievano sempre il senso profondo dei film. Indimenticabili i suoi ritratti dei grandi del cinema che aveva conosciuto, come quello, tra gli ultimi, della sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico scomparsa in agosto. Non si faceva problemi ad alternare il mestiere del critico a quello del cronista, guardava la realtà con curiosità inesausta e affettuoso disincanto, senso dell’umorismo tutto toscano e severo rigore sabaudo, prima di tutto con se stessa. Una gran signora del giornalismo italiano.

Ancora da La Stampa:

Il ricordo di Lietta Tornabuoni dei grandi registi

MARCO TULLIO GIORDANA
“Guardava il progetto non il risultato finale”
«Lietta Tornabuoni – dice il regista Marco Tullio Giordana – mi piaceva come critico e come persona e non perché sia sempre stata indulgente verso di me: ma era generosa, guardava il progetto, non solo il risultato. Apprezzavo il suo rigore e i suoi modi educati e allo stesso tempo bruschi. Leggevo tutto quello che scriveva: non seguiva le mode, aveva sempre un’opinione personale. La mia prima intervista l’ho fatta con lei. Avevo 28 anni ero sorpreso che una giornalista così importante dedicasse attenzione a un debuttante. L’anno dopo presentai La caduta degli angeli ribelli: il film fu molto criticato, lei ebbe parole di conforto, mi disse che avrei avuto una lunga carriera e che l’insuccesso a volte può far bene. Fu amichevole come una sorella maggiore. Il mio film che preferiva è Pasolini, un delitto italiano. Nel 1975 si era a lungo occupata del caso e mi disse una frase molto intelligente: la morte di Pasolini è il trionfo del luogo comune. Intendeva dire che che per noi italiani l’omosessuale non può che avere una morte violenta».

PAOLO E VITTORIO TAVIANI
“Ci provocava sempre con passione”
«Proviamo un grande dolore per l’amica che oggi non troveremo più» dicono i fratelli Paolo e Vittorio Taviani, che con Lietta hanno condiviso molte esperienze cinematografiche e giornalistiche (la loro carriera è iniziata proprio con la scrittura per poi approdare al cinema nel 1960 con il documentario L’Italia non è un paese povero). «Quella di Lietta – dicono – è la perdita di un’intellettuale che con il suo lavoro critico da decenni è stata protagonista – al pari di registi sceneggiatori, creativi di film – del cammino del nostro cinema. Quando è stato grande lo ha arricchito con scienza e fantasia, quando si è impoverito lo ha provocato con passione perché ritrovasse se stesso. Anche per questo siamo in tanti ad averti amato, Lietta».

GIANNI AMELIO
“C’era tanto bisogno del suo sguardo lucido”
«Per me la perdita è enorme – dice Gianni Amelio, regista e direttore del Torino Film Festival -: non è solo una perdita per la critica cinematografica ma soprattutto la perdita umana di una persona straordinaria con una mente così lucida, in un momento storico in cui ce ne sarebbe tanto bisogno. Lietta era una grandissima giornalista, mi mancherà quello che sapeva e scriveva del nostro Paese».
Amelio ricorda ancora «che una volta con me si era quasi adombrata perché le avevo detto che quasi quasi ero più ansioso di leggerla nella sua rubrica “Persone” del giovedì che nelle critiche cinematografiche. “Vuoi dire che non sono brava a scrivere di cinema?” mi chiese lei. “No – le risposi – è che sei talmente lucida su cose molto più drammatiche e molto più importanti dei film: oltre a capire il cinema tu capisci la realtà, sei una giornalista a tutto tondo”. La traccia che Lietta ha lasciato nelle nostre vite è profonda, oggi quel che resta è davvero un grande vuoto».

PUPI AVATI
“Ci ha insegnato a non desistere mai”
«Con la morte di Lietta – dice Pupi Avati – se ne va uno degli ultimi grandi critici cinematografici del nostro paese. Quando finivo un film io chiamavo Stefano Reggiani, Cosulich , Tullio Kezich e lei e lo mostravo a loro prima che agli altri. Il loro giudizio mi bastava, se ero promosso da questa commissione mi sentivo in pace con me stesso. Oggi la critica conta pochissimo e contano molto di più gli incassi, per anni è stato diverso. Per noi che abbiamo cominciato a far cinema tra la fine dei 60 e i primi 70 Lietta è stata un punto di riferimento, non ci ha mai dissuaso facendoci però capire quello che non funzionava. Ci ha insegnato a non desistere mai e questo ci ha regalato una grande forza: anche nei momenti in cui non era convinta della nostra opera, con il suo sguardo ampio e ci segnalava un percorso. Arrivava sempre mezz’ora prima alle proiezioni, mostrando quanto rispetto avesse per il nostro lavoro, ben diversamente dall’ultima generazione che ci guarda con prevenzione e strafottenza».

Qui sotto una immagine giovanile di Lietta Tornabuoni (da La Stampa)


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