"ANDER", un'altra gemma del 24mo Festival Mix

Un film sorprendente, coinvolgente nei suoi tempi lenti in armonia con l’ambiente rurale che racconta, un’opera prima di Roberto Castón (foto) che sta raccogliendo ovunque premi e unanime consenso di critica e pubblico e che sarà distribuito in Italia da Atlantide

La penultima serata del Festival Mix ci ha regalato un altro bellissimo film, che fortunatamente ha già una distribuzione italiana nella neonata ed encomiabile Atlantide.
Parliamo di “Ander” del regista Roberto Castón, che ha presentato brevemente il suo film, salendo sul palco accompagnato da Cosimo Santoro di Atlantide che ci ha ricordato che il film è stato presentato alla Berlinale 2009, ha viaggiato per tanti festival in tutto il mondo raccogliendo finora ben 23 premi, e sarà disponibile per il mercato italiano verso la metà di novembre 2010.

Roberto Castón, dopo un corposo “ciao” lanciato al pubblico, ha detto di essere felice di poter presentare qui il suo film nel giorno dell’anniversario del primo gay Pride (28 giugno) e ha augurato a tutti un “felice orgoglio gay“. “Questo è il mio primo film“, ha proseguito il regista, “nato con poche pretese, con attori sia professionisti che non professionisti che all’epoca non erano conosciuti né in spagna né nei Paesi Baschi, come d’altronde io stesso all’epoca non ero conosciuto. Questo per dirvi che abbiamo iniziato a lavorare a questo film con molta modestia. Nel corso dei lavori il progetto si è trasformato in qualcosa di più grande, con dei risultati che sono andati al di là delle nostre aspettative. Credo che la cosa più importante sia che il film non impone allo spettatore una visione particolare della storia che vede ma è un film che si pone in modo neutrale e lascia allo spettatore la possibilità di dare la propria interpretazione personale. Questo anche grazie agli attori che hanno lavorato molto per ottenere questo risultato. Un’altra cosa che mi preme dirvi è che il film è parlato in due lingue, castigliano e basco, essendo girato nelle campagne lontano da Bilbao dove non tutti parlano il castigliano. Abbiamo utilizzato questa cosa per aggiungere una valenza drammatica alla storia. Il film è un po’ lungo ed un po’ lento ma non è per niente noioso e spero che vi piacerà”

Il regista, come sopra detto, presentando il film ha voluto precisare che si tratta di un film lento ma non noioso. Noi, dopo averlo visto possiamo dire che il film non solo non è noioso ma che, al contrario, crea fin dall’inizio un’intrigante atmosfera di suspence.

Il film, ambientato nelle splendide colline dei paesi Baschi prima dell’avvento dell’era Zapatero, ci presenta una piccola comunità rurale con personaggi che appaiono da subito forti e ben definiti, ognuno impegnato nelle sue quotidiane funzioni: la madre, anziana fedele custode dei valori tradizionali (vedova da anni ha rinunciato, in nome di questi valori, a vivere un’altra storia d’amore); il figlio Ander (Joxean Bengoetxea) che ha superato i 40anni, è l’unico uomo della famiglia, lavora nella piccola fattoria famigliare e anche come operaio in una fabbrica locale di biciclette, ma non si è ancora sposato, con grande rammarico della madre; la figlia Arantxa (Leire Ucha) molto più giovane e in procinto di sposare il compaesano Iñaki.

Tutto sembra tranquillo e ben definito nella routine quotidiana di questa famiglia, che il regista ci fa conoscere seguendone passo passo vari momenti della giornata, dalla sveglia alla colazione ai diversi compiti nella fattoria e nella fabbrica, ma noi, ancora prima dell’evento motore della vicenda (l’incidente ad Ander che lo obbliga a letto), percepiamo che sotto la cenere giacciono diversi carboni ardenti pronti a riaccendere il fuoco. Ander, come dicevamo non è sposato, non ha una fidanzata, gli piace guardarsi nudo allo specchio e masturbarsi nella doccia. Per noi è già tutto chiaro. La madre, interpretata da una bravissima Pilar Rodríguez, tormenta sommessamente anche noi con quegli sguardi furtivi e sempre preoccupati verso il figlio (che avrebbe dovuto sposarsi prima della figlia molto più giovane di lui). La figlia, con la sua sicurezza, sembra conoscere molte cose e non nasconde le sue preoccupazioni per il futuro della famiglia.

A muovere i carboni ardenti sotto la cenere arriva un nuovo personaggio, Jose (Christian Esquivel), un contadino immigrato peruviano assunto per il lavoro nella fattoria dopo che Ander si è rotto una gamba.
Jose è una persona gentile e deliziosa, sicura di sé, discreta, un immigrato contadino che ha già maturato tanta esperienza da capire subito come stanno le cose. La madre vede subito in lui un futuro pericolo, soprattutto col crescere della sua amicizia col figlio. Ander da parte sua sfrutta tutte le occasioni della sua disabilità per stare vicino a Jose.

Il dramma che sentiamo salire di scena in scena viene alleggerito da un’ottima regia che ci offre diversi momenti di sottile comicità, come quando la famiglia è a tavola con il nuovo lavorante Jose che parla uno spagnolo che la madre non capisce. Oppure tutte le volte che vediamo Jose aiutare Ander, anche nei momenti d’igiene personale, fino al gioco di chi orina più lontano.

Compare poi un altro personaggio chiave del film, Reme (Mamen Rivera), una donna che vive sola col figlio dopo che l’amante/magnaccia l’ha abbandonata appena saputo che era gravida. Ora Reme si guadagna da vivere offrendosi discretamente ad alcuni uomini del paese, tra i quali anche Ander, che probabilmente la frequenta solo per farsi vedere come gli altri. Reme comunque ha da sempre intuito come stanno le cose e ne riceve conferma quando vede che Ander ha occhi solo per Jose (dirà che Ander guardava solo Jose mentre loro due scopavano).

Abbiamo poi altri due momenti chiave del film che sconvolgeranno la situazione e dei quali possiamo solo accennarvi. Il primo è una scena che, pensiamo volutamente, richiama Brokeback Mountain, film che affronta lo stesso problema dell’omosessualità latente e della difficoltà ad accettarla. Anche se qui lo svolgimento e la conclusione della storia sono assai differenti e più vicini alle sensibilità dei nostri tempi. Il secondo momento chiave è quello che obbligherà i protagonisti a prendere delle decisioni inaspettate ed innovative, portandoci verso un lieto fine che la platea del cinema ha accolto con un liberatorio applauso a scena aperta.

Il film, che come ci ha detto il regista ha già vinto 25 premi nei diversi festival, ha moltissimi pregi ed è difficile immaginarlo come un’opera prima, tante sono le abilità di sceneggiatura, regia e fotografia. A cominciare dalla scelta di escludere completamente l’accompagnamento musicale, abbiamo cioè una colonna sonora fatta solo di suoni e rumori ambientali (le uniche musiche che sentiamo sono quelle delle radioline possedute e accese dai protagonisti). Una scelta che ci permette di entrare completamente nella realtà e nell’atmosfera che muove i personaggi.

Un’altra grande abilità è quella di avere costruito un film su un teorema quasi perfetto senza farci percepire nessuna meccanicità o sovrastruttura. Il tema principale del film è senz’altro quello della diversità (l’omosessuale velato, l’immigrato e omosessuale, la madre prostituta, ecc.) esemplificata nel film dall’uso di due lingue differenti, da personaggi non giovanissimi e non bellissimi, dall’incidente del protagonista che ci fa pensare all’omosessualità come malattia, dall’ambientazione temporale a cavallo del millennio, dall’ambientazione rurale in un angolo sconosciuto della Spagna, ecc. Tutti temi che vengono delicatamenti manovrati per arrivare ad una inattesa ma inevitabile soluzione del teorema. Incredibile anche il fatto che il cast sia composto in parte da attori non professionisti (sfido chiunque a distinguere gli uni dagli altri).

Un film che è stato accolto con un deciso, prolungato e unanime applauso finale dal pubblico del Festival. Voto 9 per un’opera prima che può insegnare moltissimo anche a tanti veterani del cinema.

Alcune immagini dal Festival Mix

Roberto Castón, regista di "Ander"
Cosimo Santoro di Atlantide Entertainment
Alessandro Avellis, regista di "Paname"
(foto di Tamar Matza)
(foto di Tamar Matza)
(foto di Tamar Matza)

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