Aderiamo, con un sentimento di profonda commozione, alla campagna in favore dell’attrice iraniana Kiana Firouz, protagonista del film documentario “Cul de sac”, proiettato in questi giorni a Londra, e di cui è disponibile il trailer su YouTube (vedi sotto). Kiana Firouz è una coraggiosa lesbica 27enne, attrice, impegnata in prima persona contro le discriminazioni e la persecuzione dell’omosessualità nel suo Paese, l’Iran.
Dal momento in cui si è diffusa la voce che stava lavorando a un film contro l’omofobia nel suo Paese, la
Polizia iraniana ha iniziato a controllarla e intimidirla, costringendola ad abbandonare l’Iran e a cercare rifugio in U.K. dove ha continuato il suo lavoro e i suoi studi. In Inghilterra ha chiesto asilo alle autorità politiche che, nonostante abbiano verificato la persecuzione subita dalla donna per il suo orientamento sessuale, le hanno rifiutato l’asilo politico, e ora il rischio di deportazione è imminente. Per questo motivo Kiana ha lanciato una petizione contro la sua deportazione in Iran, dove esiste una legge che punisce con 100 frustate una lesbica adulta colta in una relazione amorosa omosessuale. Se il fatto si ripete per tre volte, alla quarta volta viene applicata la pena di morte (Art. 127, 129, 130 del Codice Penale).
Kiana, a proposito del film che ha interpretato, ha detto alla stampa che “E’ stata per me una scelta importante quella di partecipare al film. Come lesbica iraniana io penso che un film sia il modo migliore per far conoscere la difficile vita delle lesbiche nel mio Paese. Questo film contiene scene di sesso lesbico che sarebbero prove sufficienti per farmi ottenere la pena di morte se rientrassi in Iran. Ora la mia unica speranza di salvezza è una mobilitazione della comunità LGBT internazionale”
Il trailer del film “Cul de sac” ha ricevuto più di 10.000 visite nei primi quattro giorni di pubblicazione su YouTube. Il film, basato sulla vicenda reale di Kiana, racconta la storia di una lesbica iraniana, Kiana, che studia in Inghilterrra dove incontra Sayeh, giornalista e militante, impegnata sul tema dei diritti umani in Iran. Sayeh cerca di raccogliere informazioni sulla persecuzione dell’omosessualità in Iran e per questo utilizza le notizie che le offre Kiana. Kiana, precedentemente, si era impegnata a girare nel suo paese un documentario coi suoi amici su questo tema, forzatamente interrotto. Il feeling tra le due donne si fa sempre più intenso, mentre arrivano notizie delle recenti proteste popolari in Iran…
La locandina del film “Cul de sac”
L’associazione EveryOne Group, una organizzazione internazionale impegnata sul fronte dei diritti umani, già promotrice in passato di iniziative per la richiesta di asilo della lesbica Pegah Emambakhsh, che rischiava una deportazione da londra a Teheran nel 2007, e dell’iraniano gay Mehdi Kazemi, ha rivolto un appello al Governo britannico e alle forze democratiche dell’Unione Europea, perché sia garantita un’adeguata protezione umanitaria a Kiana Firouz, con il ritiro dell’ordine di deportazione.
Vedi il sito ufficiale del film “Cul de sac”
Sito della petizione per Kiana Firouz
Sito della campagna per Kiana promossa da Every One Group
IL TRAILER DEL FILM “CUL DE SAC”
Riportiamo di seguito la lettera inviata al sito www.digayproject.org da una ragazza 21enne:
Gentilissima Imma e DGP tutti, Mi chiamo Sylvia, ho 21 anni, e mi permetto di sottomettere alla sua attenzione il caso -ignorato da tanti, troppi che hanno solitamente tutta la mia stima- di Kiana Firouz.
In caso non la conoscesse, Kiana Firouz, ventisette anni, lesbica, iraniana, protagonista di un film che verrà presentato fra qualche giorno a Londra, Cul de Sac, un documentario che parla della condizione delle lesbiche in Iran.
Kiana ora è Inghilterra, ha fatto richiesta di asilo al British Home Office, che l’ha respinta. Da un momento all’altro potrebbe essere deportata in Iran, dove l’attende la reclusione, la tortura e quasi certamente la morte, se non altro per le scene lesbiche esplicite del film che chiaramente sono pervenute ai servizi segreti iraniani.
In Iran l’omosessualità è peccato gravissimo e reato. Se vi sono prove che una donna lesbica adulta e capace di intendere e di volere ha rapporti, è condannata a 100 frustate. Questa condanna viene applicata fino a tre volte, e alla quarta volta viene applicata la pena di morte. Nel caso di Kiana pero’ la pena di morte potrebbe arrivare prima della ”quarta condanna”, date le prove presenti nel film.
Mi chiedo, ma non possiamo davvero farci nulla? Io non me ne intendo assolutamente, ma perché nessun altro paese Europeo offre spontaneamente asilo a Kiana, è impossibile ”legalmente”?
Nel mio micro-attivismo, ho scritto a numerosi giornali, a politici (italiani ed esteri), e al British Home Office come invitano a fare alcuni attivisti.
I giornali non ne parlano, pure i maggiori esponenti della comunità LGBT tacciono.
Perché nessuno dei miei amici pseudoimpegnati che hanno il simbolo di Emergency come immagine del profilo su Facebook si interessa minimamente alla vicenda?
Ieri notte ho scritto a Kiana. Niente di che, che ero triste, indignata, che la sua storia mi aveva toccato e che la ringraziavo per tutto quello che stava facendo.
Stamattina prima di uscire trovai questa risposta :
Dear Sylvia
I am proud of you. we should proud of each other for being strong. I am so thankful for your supportive and kindly letter. It does not matter what is going to happen to me. Its all about freedom.
Take care and do not forget you are not alone, we are many…
Kiana
Me la sono scritta su un pezzetto di carta e sono uscita.
Ho passato gran parte di questa uggiosa giornata seduta in uno dei tanti cortili dell’Università di Pavia a piangere.
Cioè, una persona nella sua situazione che scrive ”It does not matter what is going to happen to me. Its all about freedom” mi spezza il cuore in minuscoli insignificanti frammenti.
E io che mi lamento della latente omofobia italiana, dell’assenza di diritti LGBT, mi sento improvvisamente una cretina, perché per me è cosi’ facile decidere di andare a Londra, a Parigi, a Berlino, e essere me stessa, e non aver paura di essere frustata 100 volte, 200, 300 e poi impiccata.
Lettera firmata