Prima di parlare della sesta giornata del Festival un breve aggiornamento sulla serata delle premiazioni di questa sera al cinema Ideal, che vedrà oltre alle performance dell’icona Patty Pravo e all’animazione di Fabio Canino, anche la partecipazione del regista Fausto Brizzi. Dopo il film “Ex”, che gli è valso il Nastro d’Argento come miglior commedia nel 2009, il regista è da poco tornato dietro la macchina da presa per girare “Maschi contro femmine”, in uscita il 29 ottobre. Si tratta di una commedia corale con Nicolas Vaporidis, Sarah Felberbaum, Alessandro Preziosi, Luciana Littizzetto e Claudio Bisio, girata in parte a Torino. Il regista ha chiesto la collaborazione della comunità gay locale per reclutare figuranti e comparse che, tra qualche settimana, saranno sul set del film per una scena che riproduce il Gay pride.
“El cuarto del Leo” di Enrique Buchichio
Nella sesta e penultima giornata del Festival abbiamo visto, tra le altre pregevoli cose, l’ultimo dei lungometraggi in concorso, “El cuarto del Leo” dell’uruguayano etero Enrique Buchichio, terzo film, tra quelli presentati in questo Festival, già acquistato dalla ATLANTIDE ENTERTEINMENT, e parte di un gruppo di 50 titoli a tematica che verranno distribuiti, attraverso diversi canali, nei prossimi mesi.
Il film è una piacevolissima commedia tutta centrata sulle fatiche per arrivare ad un definitivo coming out del nostro giovane e bellissimo protagonista (migliore di quanto appaia sui manifesti del film) che deve vincere una radicata omofobia interiorizzata. Il regista ci ha spiegato che nonostante in Uruguay ci sia già una legge sulle unioni civili gay con tanto di diritto all’adozione, la popolazione, in gran parte cattolica, è ancora machista e omofobica. Il regista ha però voluto focalizzare il film quasi esclusivamente sulle paure interiori del protagonista, che vengono messe a confronto con altri drammi e paure assai più rilevanti, e con la comprensione delle persone che lo circondono (madre, psicologo, ex fidanzate, amici, ecc.) che riusciranno alla fine nell’impresa di liberare l’omosessualità del nostro giovane eroe. Forse per il nostro paese queste tematiche potranno sembrare superate (ma non completamente, io conosco ancora tante persone che vivono una doppia vita e sono clandestine sia in famiglia che sul posto di lavoro), dobbiamo però considerare che il film è stato girato in Uruguay dove risulta essere uno dei primi film ad affrontare queste tematiche. Il film è un susseguirsi di scenette divertenti, come quelle davanti allo psicologo che ha capito tutto sin dal primo incontro ma dovrà pazientemente attendere diverse sedute prima che il nostro eroe abbia il coraggio di dirgli la verità sul nome, maschile, della persona di cui è innamorato, e altri momenti più drammatici come l’incontro con una ragazza misteriosamente tormenta (scopriremo poi da un problema assai più grave). Ci piangeva il cuore invece vedere Leo che lascia finire una storia con uno splendido ragazzo, entrambi innamoratissimi, solo per la paura di camminare in strada al suo fianco. Nel film abbiamo anche altre figure significative molto bene tratteggiate, come il compagno di stanza di Leo, sua madre, lo psicologo, la sua ex, ecc. che ci regalano l’efficace quadretto ambientale di un paese in trasformazione.
“Boy in a Bathtub” di Maria Beatty (voto 6)
Nel pomeriggio non abbiamo resisto alla tentazione di vedere uno dei nostri giovanissimi attori preferiti, anche acclamato attore teatrale, l’americano Brandon Ruckdashel, nel solleticante “Boy in a Bathtub” della regista lesbica Maria Beatty specializzata in film erotico-pornografici. Il film è molto raffinato con immagini e scenografie assai ricercate ma complessivamente risulta più distaccato che coinvolgente (almeno per noi). In quanto al nostro amato boy, nel film, pur mantenendo tutti i suoi attributi, anche gentilmente mostrati, lo vediamo lentamente trasformarsi nell’oggetto del desiderio di una donna che lo considera sempre più come una fanciulla anzichè come un ragazzo. L’angelico e perfetto viso di Brandon, insieme ad un corpo leggermente gonfiato dove necessario, si adatta perfettamente a questa trasformazione.
“Eyes Wide Open” di Haim Tabakman (voto 10)
Questo è senz’altro il nostro personale capolavoro tra tutti i film presentati al Festival. Un film molto semplice, su un tema altrettanto semplice, l’omofobia religiosa e la dirompente scoperata dell’amore gay. Per tutto il film viviamo nell’angoscia dello scontro tra questi due temi, con immagini essenziali e nello stesso tempo capaci di trasmetterci tutto il dramma ed il pathos dei protagonisti. Ci troviamo nella Gerusalemme ortodossa, dove la vita degli abitanti del quartiere è scandita dai rituali e dalle preghiere, che riempiono ogni pausa di lavoro, anche tra un taglio e l’altro della carne in una piccola macelleria condotta da un padre di quattro figli, Aaron, che potrebbe essere un uomo felice ma che invece è consapevole di una profonda insoddisfazione, soprattutto da quando incrocia gli occhi di un bellissimo ragazzo omosessuale. Più avanti dirà a coloro che lo condannano: “io ora sono un uomo vivo, prima ero un uomo morto”. Il giovane, uno studente di nome Ezri, è invece un uomo devoto ma consapevole della sua omosessualità, che ritiene di dover vivere apertamente e liberamente. Innamoratosi di un compagno di studi, che poi per paura lo abbandona, viene per questo cacciato dall’università e si ritrova vagabondo e senza lavoro. Nel suo sguardo non mancherà mai la fierezza e la consapevolezza di quello che vuole dalla vita, disposto a correre qualsiasi rischio pur di dare le ali ai suoi naturali sentimenti. La scena del bagno nel laghetto e le scene d’amore con Aaron, precedute da svestizioni che sembrano cerimonie, sono di una intensità rara e ci trasmettono l’inevitabile necessità di una liberazione, a qualsiasi prezzo.
“Little Ashes” di Pau Morrison (voto 9)
Finalmente abbiamo potuto vedere questo film “dannato”, che attende ancora un distributore italiano, e del quale tutto il mondo sta parlando da mesi. Il film ha per protagonista la star Robert Pattinson, che lo interpretò poco prima della saga di Twilight che lo ha fatto diventare l’idolo delle ragazzine di mezzo mondo e una miniera d’oro per i produttori. Uno dei problemi che ha incontrato il film nella distribuzione è stata quindi la paura di diminure l’attrattiva del personaggio Pattinson presentandolo nel ruolo gay di questo film, dove all’inizio si presenta quasi come una trans coi capelli a caschetto lungo. L’altra difficoltà è stata senz’altro quella di presentare al pubblico la storia vera di alcuni mostri sacri della nosta cultura artistica e letteraria (che secondo alcuni dovrebbero rimanere puri e intoccabili), come Salvator Dalì e Garcia Lorca, impegnati in una intensa storia d’amore gay che ha segnato la vita di entrambi. Il film infatti è proprio la cronaca minuziosa della passione amorosa che nasce tra i due protagonisti, ricostruita attraverso varie testimonianze e soprattutto i diari, le lettere e le opere di entrambi (Dalì la confessò solo poco prima di morire). Il film ha il grande pregio di una ricostruzione storica perfetta, con telegiornali d’epoca che separano i tre tempi principali della vicenda. Siamo nella Spagna del 1922 alla vigilia dei grandi cambiamenti che porteranno alla lunghissima dittatura Franchista, in un’atmosfera di lotte intestine tra conservatori e rivoluzionari, tra propugnatori di un’arte libera e una politica che vuole tutto controllare e reprimere qualsiasi innovazione. Tra i conservatori troviamo anche Louis Bunel, il futuro grande regista, che è compagno di studi dei nostri due protagonisti e che si dimostra alquanto omofobo: lo vediamo infatti inveire per strada contro due uomini (che chiama finocchi), e in seguito si dimostrerà riluttante davanti al legame sempre più stretto tra Lorca e Dalì. L’altro grande pregio del film è la capacità di indagare i tormenti interiori dei due protagonisti, che in Lorca è un grande sofferenza per l’allontanamento dell’amico, e in Dalì sono la paura e la mancanza di coraggio per accettarsi come omosessuale, arrivando perfino a sposarsi (ma gli sposi dormono in camere separate e in quella casa regna un grande freddo), pur consapevole del suo amore impossibile per Lorca che lo porterà ai limiti della pazzia. Un bellissimo film biografico, con diversi suggestivi momenti, una perfetta ricostruzione storica, e una grande storia d’amore in primissimo piano. Solo un distributore autolesionista potrebbe rifiutarlo.
ALCUNI CORTOMETRAGGI (a cura di R. Mariella)
Dalle ore 16 in sala uno sono stati proiettati dei corti che ben si inquadrano nel tema, comune a diversi eventi di questo festival, dell’importanza della memoria.
In Last Address di Ira Sachs (USA,2009,8′) vediamo solo un numero interminabile di inquadrature di facciate di palazzi Newyorkesi, accompagnate da nome ed indirizzo dell’artista gay che lì abitava prima di morire di AIDS.
Covered di John Greyson (Canada,2010,14′) racconta, con lo stile eccentrico caratteristico del regista, gli enormi problemi affrontati dalle organizzatrici del primo festival queer nel 2008 a Sarajevo, interrotto in seguito alle aggressioni da parte di fondamentalisti mussulmani ed estremisti di destra, avvenute davanti agli occhi della polizia locale e senza significative proteste da parte dei paesi europei e del Canada.
“New York Memories” di Rosa Von Praunheim
New York Memories (Germania 2010, 89′) ultimo lavoro di Rosa Von Praunheim, vuole essere il seguito, vent’anni dopo, del suo ‘Survival in New York” e un ulteriore omaggio a quella che Von Praunheim considera come la sua città preferita, sede degli eventi e degli uomini più eccitanti del mondo. Nel film purtroppo vediamo che quasi tutto quello che Rosa aveva amato in New York non esiste più, a causa di una micidiale serie di eventi più o meno infausti, l’AIDS, la politica della ” tolleranza zero” del sindaco Rudolph Giuliani, proseguita con l’attuale sindaco e miliardario Boomberg e infine l’attacco dell’11 settembre. Tutto sembra ripiegato sulla realizzazione della propria sfera personale e familiare. C’è una coppia lesbica che vive felice da tanti anni e una coppia eterosessuale che supporta nei migliore dei modi il loro figlio nato anagraficamente femmina. Le stesse protagoniste del documentario di vent’anni prima , ora sembrano più interessate alle quotazioni immobiliari dei loro appartamenti che a tutto il resto.
SECONDO INCONTRO COI REGISTI PRESENTI AL FESTIVAL
Alle 23 nella hall del hotel Majestic si è tenuto il secondo incontro collettivo con i registi, organizzato da Christos Acrivulis e Alessandro Golinelli. L’argomento della serata era questa volta l'”OMO-OMOFOBIA”. Casualmente la serata è stata dominata dalla presenza di registi sud americani, come il brasiliano Roberto Moreira (Paulista-Quanto dura o amor) , l’uruguaiano Enrique Buchichio (El quarto de leo) l’argentino Matias Marmorato (Piedras) e il brasiliano Andrea Barros (produttore di Garoto de Aluguel) . Erano anche presenti il francese Hormoz (J’ai revè sous l’eau), il regista e ballerino australiano Chris Scherer (Belive it) e le italiane Irene Dionisio (Fière d’ètre pute) e Cristi Amione(Ti sposo entro l’anno).
L’argomento della serata è nato dalla constatazione che quest’anno sono presenti al festival numerosi film che parlano di problematiche legate alla definizione ed accettazione della propria identità sessuale, quasi un passo indietro rispetto agli anni scorsi in cui, a seguito dell’euforia seguita all’affermarsi in diversi paesi di legislazioni favorevoli alle unioni civili, sembravano dover prevalere tematiche legate alle nuove famiglie ed alla genitorialità omosessuale.
Come ha notato Golinelli ad una legislazione favorevole ai gay spesso non corrisponde un tessuto sociale altrettanto favorevole, soprattutto fuori dalle grandi città, come abbiamo anche sentito dire ad esempio dai registi brasiliani.
Emblematico è il caso del film uruguaiano ‘El quarto de Leo’ . Come ci dice il regista, in Uruguay esistono leggi favorevoli alle unioni civili ed alle adozioni dei singoli, e una legge contro le discriminazioni. Nel film la mamma e l’ex fidanzata del protagonista lo incoraggiano ad accettarsi come gay e non sembra esserci nessun ostacolo perché questo non possa velocemente avvenire, ma noi dobbiamo aspettare l’ultima scena perché questo succeda. (R. Mariella)
Alcune immagini della giornata a iniziare dalla 2^ tavola rotonda coi registi
Roberto Moreira (Paulista-Quanto dura o amor)
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Christos Acrivulis
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Golinelli e Acrivulis
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Hormoz (J’ai revè sous l’eau)
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Hormoz (J’ai revè sous l’eau)
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Andrea Barros (produttore di Garoto de Aluguel)
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Enrique Buchichio (El quarto de leo)
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Cristi Amione(Ti sposo entro l’anno).
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Irene Dionisio (Fière d’ètre pute)
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Matias Marmorato (Piedras)
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Chris Scherer (Belive it)
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Andrea Barros (produttore di Garoto de Aluguel)
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Alessandro Golinelli
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Enrique Buchichio (El quarto de leo)
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Enrique Buchichio (El quarto de leo)
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Enrique Buchichio (El quarto de leo)
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Carlo Dusi (produttore di Little Ashes)
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