INTERVISTA A PATRICIA ROZEMA (a cura di Gaia Borghesi)
Patricia Rozema è una regista di fama affermata in patria e di eco mondiale. Il pubblico la conosce per film come “I’ve Heard the Mermaids Singing” e il cult lesbico “When Night Is Falling”. Il TOGAY 2010 le ha dedicato una retrospettiva, presentando anche i corti “Passion: a Letter in 16mm”, “Suspect”, “This Might Be Good” e “Desperanto”.
I suoi film sono densi, con richiami costanti ad altre arti, come la musica, la pittura o la letteratura. C’è inoltre un inseguire la perfezione, con la consapevolezza che è irraggiungibile, che dà ai film di Patricia Rozema un delicato tocco naive.
“I’ve Heard the Mermaids Singing” è probabilmente una delle metafore più riuscite della personalità della stessa regista. A partire dal titolo, un riferimento a T.S. Eliot (“The Love Song of J. Alfred Prufrock”). Le tre protagoniste rappresentano, secondo le parole della Rozema, tre aspetti del suo carattere. Polly (strepitosa interpretazione di Sheila McCarthy) è il lato più puramente artistico e in quanto tale anche più sognatore; Gabrielle (Paule Baillargeon) rappresenta l’ambizione, il continuo spingersi oltre i propri limiti; Mary (Ann-Marie MacDonald) costituisce infine l’aspetto più pratico e pragmatico della personalità di Patricia Rozema. Nel film si intravede anche la simbologia di cui la regista si serve nel corso di quasi tutta la sua filmografia, dalla rappresentazione della bellezza come luce pura, alla presenza costante della fede e della religiosità.
Per saperne di più sui suoi bellissimi film, abbiamo incontrato Patricia Rozema.
Gaia Borghesi: Ho notato che c’è molta arte, nel senso più ampio del termine, molta poesia, molta arte figurativa nei tuoi film. In “Suspect”, per esempio, ho visto molta poesia nelle frasi che accompagnavano il cortometraggio. Volevo chiederti dunque se hai un interesse personale anche per quanto riguarda le altre discipline artistiche.
Patricia Rozema: Non ho studiato arte, così come non ho studiato cinema né pittura né musica, anche se so suonare un pochino il pianoforte. Ho studiato lettere e filosofia. Ma sono affascinata dal ruolo dell’arte nelle nostre vite e nei nostri cuori. Da dove nasce il nostro bisogno di creare storie? Perché sentiamo la necessità di riprodurre quello che vediamo con i nostri occhi attraverso un’interpretazione visiva con le arti figurative? La musica ovviamente è l’arte più affascinante, perché non è vincolata alla trama, ma è l’arte per eccellenza a cui tutte le altre arti aspirano. Queste domande sono presenti in tutta la mia vita e in tutto il suo lavoro, mi domando perché faccio il mio mestiere, e non riesco a trovare una risposta soddisfacente, potrei dartene alcune, ma non sarebbe mai abbastanza. A volte mi viene da pensare che sia un virus, che possiamo contrarre il virus dell’arte o forse no, io l’ho contratto.
G. Borghesi: Per quanto riguarda “I’ve Heard the Mermaids Singing”, quando Polly sente il canto delle sirene sta sognando, dopo aver visto le sue stesse fotografie, quindi mi domandavo: è Gabrielle che le fa sentire le sirene cantare o sono la bellezza e l’arte in generale?
P. Rozema: E’ il virus. Perché mi hai chiesto se fosse stata Gabrielle a farle sentire le sirene?
G. Borghesi: Perché l’ho paragonato all’Odissea.
P. Rozema: Un collegamento immediato con l’Odissea?
G. Borghesi: Nella cultura italiana, quando si parla del canto delle sirene, si crea un parallelo diretto con l’Odissea.
P. Rozema: A dire il vero io mi sono ispirata a T.S. Eliot per quanto riguarda il titolo, “I’ve Heard the Mermaids Singing” (aka “Ho Sentito le Sirene Cantare”), ma non credo stessero cantando per me, è un riferimento a “The Love Song of J. Alfred Prufrock”, in cui l’autore ha paura di non sentire nemmeno il canto. Non sappiamo se si tratta di un canto di dannazione o di salvezza, lui si preoccupa di non essere nemmeno chiamato. Credo che il film abbia molto a che fare con la paura di scivolare nella mediocrità, la paura di sentire la bellezza, sapere che esiste, ma essere anche consapevoli che è inarrivabile, che non si riesce a ricreare né a toccare con mano a livello individuale. E questa è il cruccio di Gabrielle e anche il mio e anche di Polly in un certo senso. “I’ve Heard the Mermaids Singing” è una sorta di grido all’eccellenza, che potrebbe non esserci mai.
G. Borghesi: Per quanto riguarda invece “When Night Is Falling”, sai che è un cult lesbico, almeno qui in Italia.
P. Rozema: E’ così, sì.
G. Borghesi: Perché secondo te è così importante per le lesbiche?
P. Rozema: Io speravo che riuscisse a parlare direttamente ai cuori delle lesbiche e che interessasse anche alla cultura eterosessuale. Ieri sera l’ho rivisto per la prima volta dopo diversi anni ed è pieno d’amore e di desiderio e rispetta il sentimento d’amore, considerandolo come una delle cose più belle che possano succedere, quindi come avrebbero potuto non apprezzarlo le lesbiche? Penso che le attrici siano molto belle, ed è sempre un piacere per gli occhi. Non lo so comunque, sono molto lusingata di tutto questo interesse e non avrei potuto desiderare di più. Ci sono state molte reazioni che mi hanno resa felice. Per esempio, mi ricordo che qualcuno mi ha messo un annuncio sul giornale, sulla sezione d’amore, con scritto “Camille sta cercando Petra”, ed è stato molto dolce.
G. Borghesi: Cosa ne pensi dunque del lieto fine del film?
P. Rozema: Molti film gay e lesbici finiscono in tragedia; questo per nulla, dato che partono insieme con tutto il circo. Ci vuole molto coraggio per far finire bene i propri film, perché come artista sei considerato banale e superficiale se fai un lieto fine, quindi penso ci voglia coraggio.
G. Borghesi: Te l’ho chiesto perché ho domandato ad alcune mie amiche come mai questo film sia stato così importante per loro, e mi hanno risposto che era per il lieto fine.
P. Rozema: Mi affascinano molto i finali, perché quando crei una storia puoi decidere quando farla finire. Se decidi di farla finire poco dopo un litigio, l’intero film sarà completamente diverso rispetto ad un finale collocato quando i protagonisti sono felici e contenti oppure quando muoiono. Il film cambia completamente. La parte finale influenza tutto quello che c’è stato prima. Credo quindi che la gente abbia reagito al mio film sentendo che tutta la storia d’amore era quasi benedetta da questo lieto fine, perché ho deciso di collocare il finale in un momento positivo. In un certo senso comunque mi rattrista un po’ sapere che è uno dei film più importanti della cinematografia lesbica, perché è stato quindici anni fa, ce ne dovrebbero essere tanti altri.
G. Borghesi: E’ un peccato.
P. Rozema: Non sapevo di essere una pioniera, stavo solo seguendo il mio cuore. Anche se, a dire il vero, un po’ me n’ero resa conto, ma non immaginavo che sarei rimasta così isolata. Ma nella cultura popolare, ovunque ti giri ci sono storie e personaggi lesbici, tanto che si dice “Lo chiamavano l’amore che non osa dire il suo nome e adesso è l’amore che non riusciamo a zittire”.
G. Borghesi: Mi ha incuriosito molto l’aspetto religioso dei tuoi film. L’ho visto in “I’ve Heard the Mermaids Singing” e, ovviamente, in “When Night Is Falling”, quindi ti volevo chiedere perché la religione è cosi importante nei tuoi film e come riesci a conciliare il tuo orientamento sessuale con la tua religiosità? Perché sai che qui in Italia molte persone fanno fatica, visto che noi abbiamo il Vaticano e il papa.
P. Rozema: Oh è così gretto. E’ una persona meschina, scortese. Per quanto riguarda questo argomento almeno. Per molte altre cose è una brava persona. La storia, il futuro proveranno quanto questo punto di vista fosse medievale. Succederà, ma ancora non è tempo. La Chiesa Cattolica è una delle istituzioni in cui risiede la maggior resistenza all’accettazione dell’omosessualità a livello pubblico, proprio a partire dal senso di colpa per tutto quello che è successo all’interno della Chiesa in tutto il mondo. E’ una mentalità così chiusa. Ma dobbiamo perdonarli. Ama e perdona. Dobbiamo fare quello che la Chiesa stessa predica, cioè amare e perdonare, perché non sanno quel che fanno, proprio come aveva detto Gesù sulla croce: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. Penso che sia proprio questo l’atteggiamento che dobbiamo tenere nei confronti delle alte cariche ecclesiastice, che rifiutano persone che semplicemente amano in un determinato modo. Mi spezza il cuore vedere persone che soffrono per come la Chiesa Cristiana ci tratta. Un giorno, ci guarderemo alle spalle e diremo che la mentalità è la stessa di quando si picchiavano i mancini. I discendenti delle famiglie omofobiche e delle forze antigay di oggi un giorno si vergogneranno, proprio come oggi si vergnognano i pronipoti dei padroni degli schiavi di un tempo. Cresciamo, siamo una specie in evoluzione, quindi un giorno il mondo capirà che c’è posto per tutti. E non ci sarà più bisogno di fare festival GLBT, perché sarebbe come fare un festival per i castani, perché sarà un dato di fatto e basta, proprio come avere un neo qui, sul polso. Sarebbe un dato di fatto interessante, ma soltanto uno fra tanti. Trovo che sarebbe decisamente liberatorio per i gay e le lesbiche non considerare il proprio orientamento come l’aspetto primario e principale della loro personalità, ma soltanto uno dei tanti. Perché penso che sia terribile essere ridotti solo al proprio orientamento sessuale, perché è soltanto una delle caratteristiche che compongono il ventaglio della propria personalità. Io sono canadese, sono madre, sono una regista, sono lesbica, sono una donna, sono una donna di mezza età, ci sono così tante cose, sono bionda. Siamo tutti tante cose, ed essere identificati solo con una di queste è avvilente e riduttivo. Io non voglio essere ridotta.
G. Borghesi: Puoi parlarci di come hai girato le scene d’amore, in particolare di “When Night Is Falling”, che io personalmente trovo siano fra le scene d’amore più belle della cinematografia lesbica?
P. Rozema: Una volta stavo parlando con una persona durante una cena, un mercante d’arte, e non mi conosceva. Abbiamo iniziato a parlare di film e così le ho chiesto se aveva visto “When Night Is Falling” e lei m ha risposto di sì e che il messaggio del film era chiaramente mai dormire con una donna. [ride] Sono molto curiosa di capire il suo punto di vista! Sai, come per ogni altra scena fai di tutto per renderla confortevole, per mettere a proprio agio le attrici, anche perché non c’è niente di più imbarazzante che togliersi i vestiti quando qualcuno che non conosci che ti osserva e con la telecamera che ti gira intorno. Quindi io ho comunque coreografato la scena, dando alle attrici delle linee guida, come “tu stai qui, tu stai lì”, e loro ridevano e poi si sentivano in imbarazzo, poi “tu fai questo, tu fai quello” eccetera. Poi ho fatto partire la musica che piaceva ad entrambe e non ho registrato l’audio, così potevo parlare con loro nel mentre. Ho voluto che le riprese fossero, a parer mio, il più possibile vicine all’esperienza reale di fare l’amore con qualcuno, che non ha a che vedere con una visuale lontana, che fotografa la scena per intero, ma piuttosto con dei primi piani, perché in quei momenti ci sono solo le due persone, così unite che si vedono solo a piccole parti. Non è la prospettiva di uno spettatore. Quindi non ci sono molte riprese ad ampio raggio, tranne che all’inizio e alla fine. Le attrici hanno voluto qualcosina da bere e poi le ho semplicemente lasciate andare.
G. Borghesi: Stai lavorando a nuovi progetti al momento?
P. Rozema: Sto lavorando a due nuovi progetti, ma nessuno in nessuno vi sono riferimenti lesbici, forse uno solo ha una piccola storia lesbica. Ma ogni volta ci si proietta in un personaggio nuovo: io posso proiettarmi anche in un personaggio maschile. Stavo lavorando ad un progetto televisivo per la HBO e, io sono lesbica, ovviamente, la produttrice lo era a sua volta e anche il produttore esecutivo della HBO, erano quasi tutte lesbiche, eppure abbiamo lavorato a questa storia eterosessuale. Non si tratta di ambizione, non è perché vogliamo che il mondo ci accetti e siamo timide, è semplicemente interessante raccontare una storia emotivamente vera da una prospettiva omosessuale per dimostrare che le dinamiche di una storia eterosessuale sono le stesse. E’ una proiezione di se stessi. Io uso gli eterosessuali come metafore del vero amore.
G. Borghesi: Ti ringraziamo molto.
P. Rozema: Grazie a voi.