MAI DIRE "FILM GAY"

Su Ciak di Dicembre 2008 un critico si lamenta dell’etichetta di “film gay” in quanto penalizzerebbe i film. Comunicato di Casagrande.

Questo è un articoletto che non avremmo proprio voluto scrivere. Purtroppo ci siamo imbattuti ancora una volta in un atteggiamento che ci ferisce nella nostra quintessenza, nel nostro essere gay e nel lavoro che, con questo sito, tentiamo di fare in promozione del cinema che affronta le tematiche omosessuali.

Abbiamo detto promozione, non affossamento o ingabbiamento o declassamento. Eppure leggendo la pagina della rubrica fissa che appare sul mensile “Ciak” di dicembre 2008, quella intitolata, ahimè, “L’Espertone”, curata da tale Claudio Masenza, ci siamo sentiti come degli appestatori. Infatti vi si leggono, in risposta ad un lettore che chiedeva che fine avesse fatto il film indipendente “”Ciao”, le seguenti righe: “… io l’ho visto e penso che sia un film toccante e raffinato. E’ diretto dall’orientale Yen Tan e per noi ha anche la curiosità di essere co-scritto e interpretato da un video artista italiano, Alessandro Calza, promettente autore debuttante. E’ una delicata storia di amicizia e di lutto che rischia di essere penalizzata dall’etichetta, piuttosto impropria in questo caso, di film gay [il grassetto è nostro]. L’uscita americana è prevista il 5 dicembre…“.

Quindi noi, che parliamo quasi esclusivamente di film gay con lo scopo di aiutarli nel loro cammino verso una sempre maggiore fruizione da parte del pubblico (di qualsiasi pubblico), dovremmo invece sentirci come dei “penalizzatori”, cioè degli affossatori o castratori di tali film. Fortunatamente siamo ancora convinti del contrario e fiduciosi che le nostre fatiche, prima o poi, daranno qualche risultato positivo.

Ma intanto è vero che l’atteggiamento del critico Masenza di Ciak non è raro e, proprio nel mondo del cinema, ancora assai diffuso, a partire dalle produzioni cinematografiche, dagli autori, attori, tecnici, fino appunto ai critici. Ci basti ricordare che nell’ultimo Festival di Venezia non siamo nemmeno riusciti ad avere in anticipo un elenco dei film che potevano concorrere per il Queer Lion, e in generale la fatica che facciamo per avere informazioni sui contenuti gay dei film, oppure le mail che ci arrivano da registi (anche gay) che ci chiedono di cancellare il titolo del loro film dal nostro data base.

Ma perché l’etichetta di film gay spaventa così tanto? Il termine “gay”, in questo caso, è solo un aggettivo da intendersi esclusivamente in opposizione al termine “etero”. I film, cioè, in base al loro contenuto, possono avere una prima e sommaria suddivisione tra film etero e film gay. Un film gay sarà quello che contiene anche personaggi o tematiche collegate all’omosessualità. Tutto qui, nulla di più o di meno.

Invece spesso si tenta, colpevolmente, di fare passare questa classificazione (film gay) come la definizione di un sottogenere, di filmetto da parrocchia gay, di prodotto marginale e di bassa qualità. Diciamo colpevolmente perché invece sappiamo bene che oggi ci sono grandissimi capolavori che affrontano esplicitamente le tematiche gay. Eppure nessuno osa chiamare “Mulholland Drive” un film gay (o lesbico), cosa che invece a noi appare chiarissima e semplicissima.

Il punto è questo. Fino a qualche decennio fa era addirittura vietato che nei film si parlasse di gay o lesbiche. Tanta era l’omofobia diffusa. E ufficialmente lo si faceva per andare incontro ai presunti gusti del pubblico. Oggi le cose stanno cambiando, i gay e le lesbiche diventano sempre più visibili nella società e diventerà sempre più difficile evitare di mostrarli anche sullo schermo, specchio della realtà. Ma molti, come Masenza, hanno ancora paura di spaventare il pubblico e non si accorgono che quelli spaventati sono solo loro, ridotti ad esprimersi con concetti che rivelano solo un persistente e ormai anacronistico grado di omofobia sottesa.

Fortunatamente oggi ci sono però anche personaggi come Nanni Moretti che, intervistato dal critico Roberto Schinardi, accetta addirittura di venire chiamato icona gay, o capolavori come “Milk” di Gus Van Sant che diventano bandiere del movimento gay.

La Redazione

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Il Comunicato Stampa di Daniel N. Casagrande che ha presentato come Cinemarte l’anteprima del film “Ciao” all’Industry Office della 65. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica e alle Giornate di Cinema Omosessuale di Mestre 2008:

Sul numero di dicembre del mensile CIAK, non senza sorpresa, abbiamo letto di come Claudio Masenza, selezionatore della 65. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, sostenga che un film su di un amore omosessuale bruscamente interrotto dalla scomparsa di uno dei partner, e della successiva dolorosa elaborazione del lutto, venga penalizzato se “impropriamente etichettato come film gay”.

Masenza nel suo intervento parla di una “delicata storia di amicizia” tra i protagonisti, edulcorando quindi l’aspetto sessuale della vicenda, pur presente nel film. Il film in oggetto è l’americano “Ciao” diretto da Yen Tan, e proposto alla Commissione selezionatrice veneziana dall’associazione CinemArte.

“L’espertone” definisce il film “toccante e raffinato”, ed aggiunge “e per noi ha anche la curiosità di essere co-scritto e interpretato da un video artista italiano, Alessandro Calza, promettente autore debuttante”.

Tanto entusiasmo purtroppo però non si è tradotto nella selezione ufficiale del film, che comunque è stato proiettato a Venezia durante la 65. Mostra grazie all’impegno di CinemArte che ha affittato una delle sale all’interno del Palazzo del Cinema, ha iscritto il film all’Industry Office (il mercato cinematografico della Mostra), e si è occupata della promozione presso tutti i distributori italiani ed internazionali.

Senza questo tipo di lavoro “penalizzante” il Signor Masenza stesso (forse) non avrebbe mai visto il film in questione, così come non lo avrebbero visto il pubblico della sala Zorzi a Venezia, e quello delle 4. Giornate di Cinema Omosessuale di Mestre, che tanto lo hanno apprezzato.

Il fatto stesso che ci sia chi scrive al mensile CIAK chiedendo conto della mancata distribuzione nelle sale, significa aver creato attenzione ed attesa intorno al film.

Se delle recriminazioni si vogliono fare, rivolgiamole contro quella miope distribuzione italiana che non avrebbe mai quel coraggio dimostrato dal distributore americano che a caratteri cubitali ha stampato sul manifesto: “IT’S THE BEST GAY MOVIE I’VE SEEN THIS YEAR”!

3/12/2008

Daniel N. Casagrande
Presidente CinemArte

Qui sotto una scena del film “Ciao” di Yen Tan


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