GENDER BENDER 2008

Dalla rivista del Cassero riportiamo le prime anticipazioni sulla sesta edizione del Festival interdisciplinare che si svolgerà a Bologna dal 28 ottobre al 2 novembre.

Gender Bender, insieme al Florence Queer Festival che avrà luogo dal 28/11 al 6/12, chiude la ricca stagione dei festival lgbt di cinema e arti visive italiani del corrente anno. Gender Bender, promosso da “Il Cassero, gay lesbian center” di Bologna, si differenzia dagli altri, oltre che per essere un festival interdisciplinare (cinema, teatro, danza, musica, ecc.), anche perché privilegia le tematiche degli “immaginari prodotti dalla cultura contemporanea, legati alle nuove rappresentazioni del corpo, delle identità di genere e di orientamento sessuale… Indicando come sia possibile andare in maniera creativa oltre le norme e gli stereotipi del maschile e del femminile, e anticipando le trasformazioni divenute parte integrante del nostro immaginario” (www.genderbender.it).
Per la sezione cinema viene presentato in anteprima nazionale il documentario “Be Like Others” sulle condizioni di vita e le difficili scelte a cui sono costretti gli omosessuali in Iran per sopravvivere. Il documentario “Darling! – the Pieter Dirk Story” ci racconta invece la storia dell’attore comico Pieter Dirk, famoso oppositore dell’apartheid sudafricana e attivista nelle campagne contro l’Aids, protagonista di uno show en travestì che ha ricevuto gli elogi di Nelson Mandela e dell’arcivescovo Desmond Tutu. In “With Gilbert & George” entriamo nella vita privata e pubblica di due grandi artisti omosessuali contemporanei che hanno ottenuto consensi in tutto il mondo, Cina compresa. Il documentario “Derek” è invece l’intensa dichiarazione d’amore di Tilda Swinton al grande e innovatore regista indipendente Derk Jarman, uno dei fondatori del queer cinema, di cui vengono presentati filmati domestici, estratti di film e interviste.
Nella sezione “Soggettiva”, curata da ArciLesbica Bologna e giunta quest’anno alla terza edizione, viene presentata una retrospettiva dedicata alla regista indiana Pratibha Parmar (Nina’s Heavenly Delights), insieme ad alcuni dei film lesbici più significativi scelti dai principali festival LGBT internazionali di quest’anno.
All’interno di questa sezione avrà luogo anche un importante “convegno che, partendo dall’analisi della famosa serie televisiva The L Word, esplorerà le trasformazioni culturali e sociali che la fiction, filone pop per eccellenza, produce rispetto alla rappresentazione del genere, della razza e dell’orientamento sessuale”.

Riportiamo le pagine (4-5-6-7) della rivista “Cassero” N.5 Settembre-Ottobre 2008, periodico del Gay Lesbian Center di Bologna, che presentano l’edizione 2008 del Festival Gender Bender.

Gli uomini di Jukka Korkeila sfidano la gravità e la terza dimensione: appiattiti e svuotati come sagome gommose, si espandono galleggiando lungo le pareti o giocano a rincorrersi dietro gli angoli delle porte. La loro è una danza morbida e ipnotica, all’inseguimento di genitali ipertrofici, ora idoli benevoli, ora inquietanti totem pop, escrescenze ossessive che, come scomode appendici, nascono nei posti più impensati, occupando un’ascella o un cranio, in barba all’anatomia ma seguendo un oscuro alfabeto visivo.
Il regista di The Complete History of My Sexual Failures si interroga su cosa non abbia funzionato nelle sue relazioni: perché la maggior parte delle ragazze con cui è stato lo ha, invariabilmente, lasciato? Chris Waitt, regista e protagonista del film, decide di intervistarle una ad una, cercando di capire cos’è veramente successo: è lui che non riesce a comprendere le donne o sono loro che, di volta in volta, non lo apprezzano? Il risultato è un affresco tragicomico e colmo d’ironia della propria vita sentimentale e, soprattutto, una ricerca bizzarra sull’identità maschile – sessuale e affettiva – di oggi.
Peter Ampe e Guilherme Garrido, rispettivamente danzatore e coreografo, si sono incontrati grazie alla loro professione e a progetti comuni. Affascinati l’uno dall’altro, hanno dato vita a un sodalizio artistico che, inizialmente felice, è col tempo sfumato in una relazione più complessa e accidentata. Still Diffi cult Duet è uno spettacolo che porta in scena questo “duetto complicato”: su coreografie di Guilherme e grazie alla formidabile presenza scenica di Peter, la pièce mostra, con divertito compiacimento, alcuni esempi di relazioni al maschile, evidenziando gli aspetti più banali dei modelli imposti dagli stereotipi di virilità.
Questi alcuni dei protagonisti di Gender Bender Festival, la vetrina internazionale che il Cassero – gay lesbian center dedica ai generi e alle identità “leggendo tra le righe”, abbandonando gli stereotipi e cercando, invece, i luoghi culturali in cui le identità, slittando e sovrapponendosi, diano origine a nuovi, stimolanti immaginari. Con uno sguardo trasversale e multidisciplinare, e con una selezione dal respiro internazionale, il festival alterna danza e arti visive, performance e cinema, teatro e letteratura, raccontando un universo in cui i confini tra generi e orientamenti sessuali appaiono sempre più sfumati e incerti, in nome di una più autentica e complessa lettura del reale.
Al centro della sesta edizione del festival (dal 28 ottobre al 2 novembre) c’è l’identità maschile, una delle costruzioni culturali più solide e allo stesso tempo più discusse della nostra contemporaneità.
“Viviamo un’epoca di continui e rapidi mutamenti” dice Daniele Del Pozzo, direttore del festival, “le profonde trasformazioni sociali e culturali, avvenute a partire dalla metà del secolo scorso, fanno in modo che quotidianamente ci si interroghi su uno dei temi fondanti della nostra epoca: l’identità nel cambiamento. Ecco perché la sesta edizione del festival pone un’attenzione particolare al maschio del futuro: quale sarà il maschio di domani?”.
È la stessa domanda che sembrano porsi i protagonisti di 13, uno spettacolo della coreografa inglese Beth Cassani. Dedicato all’adolescenza e al passaggio all’età adulta, 13 presenta due giovanissimi ballerini, non ancora adolescenti, che metteranno in scena un rito di passaggio: la costruzione della propria futura identità. Danzando, i due fratelli (figli della coreografa) lottano tra loro, a volte complici e a volte rivali, interrogandosi su cosa significhi diventare un uomo nella nostra epoca. L’eccezionalità dello spettacolo è quella di rappresentare, per sua stessa natura, la grazia di un momento irripetibile: una volta cresciuti, infatti, i protagonisti non potranno più metterlo in scena.
L’universo maschile, dunque, come metafora del cambiamento e della rielaborazione del sé, alla luce di un complesso sistema culturale anch’esso sempre più incerto e confuso, ma allo stesso tempo stimolante e in continua evoluzione. Ad essere egualmente in discussione sono, secondo le linee di ricerca del festival, i corpi, soggetti privilegiati in cui identità, generi e orientamenti sessuali si incrociano: un corpo che può essere, ad esempio, luogo di ricezione emotiva, puro ente sensibile da stimolare solo attraverso il tatto: Placebo Treatment, del coreografo tedesco Felix Ruckert (pietra dello scandalo della Biennale Danza del 2007 con il suo discusso Messiah Game) a Gender Bender in prima nazionale, fa esattamente questo, sottoponendo gli spettatori presi dal pubblico a una “cura illusoria” fatta di pressioni e diverse texture sensoriali. Nella performance, in cui tre ballerini interpretano il ruolo di terapeuti/demiurghi, gli spettatori/pazienti vengono trasformati in vere e proprie sculture viventi, attori passivi di una coreografia in divenire e improvvisata, attraverso la quale però mettere in discussione codici sociali e rompere tabù precostituiti.

Codici e tabù culturali che possono, di fatto, costringere a ripensare (e dunque a modificare radicalmente) il corpo in base al proprio orientamento sessuale. È quello che succede in Be Like Others, un documentario che Gender Bender presenta in prima nazionale, testimonianza delle dolorose contraddizioni dovute alla legge islamica vigente in Iran, che punisce l’omosessualità con la morte e che, invece, accetta e favorisce il cambio chirurgico del sesso in nome di un “necessario ordine” tra maschile e femminile. Costretti, così, alla negazione del proprio corpo, giovani gay e lesbiche ricorrono alla drastica misura dell’intervento di riassegnazione chirurgica del sesso, senza tener conto della propria identità di genere, costretti a rientrare in schematismi binari nel tentativo di ristabilire un equilibrio tra percezione del sé e accettazione sociale.
Ma il corpo è anche un intelligente ed efficace motore politico, in grado di fornire nuove e stimolanti chiavi di lettura ad un universo sociale e culturale sempre relativo e solo apparentemente definito e concluso. In Darling! – the Pieter Dirk Story, documentario del giovanissimo regista australiano Julian Shaw, incontriamo l’attore comico Pieter Dirk-Uys, famoso oppositore dell’apartheid e tra i più conosciuti attivisti per le campagne di informazione e prevenzione sull’Aids. Nei suoi spettacoli Dirk-Uys assume le fattezze della “più famosa donna bianca del Sudafrica, Evita Bezuidenhout”. Personaggio che riesce a intrecciare il livello politico a quello spettacolare in chiave camp, utilizzando il proprio corpo come punto di forza. A tutt’oggi lo show, di cui vedremo degli sketch nel documentario, è stato presentato a milioni di studenti africani, ricevendo il plauso di Nelson Mandela e dell’arcivescovo Desmond Tutu.

Il corpo, dunque, come schermo culturale su cui riflettere le diverse sfumature di generi, è anche al centro della ricerca di Heidi Lunabba, in residenza artistica a Bologna presso gli spazi di Nosadella.due. Artista finlandese legata all’espressione artistica di stampo femminista, la sua produzione, che identifica l’arte come uno strumento concreto d’azione in campo politico e sociale, riflette sulla necessità di un eguaglianza prima di tutto individuale, tra le persone, al di là delle differenze tra uomo e donna. Le sue opere (in genere installazioni e performance) coinvolgono direttamente il pubblico, facendone allo stesso tempo attore e soggetto dell’esperienza artistica.
Giocando sul ribaltamento dei ruoli di uomo/donna e sulla possibilità di generare una presa di coscienza delle diversità, che conduca soprattutto allo sviluppo di una coscienza della propria individualità, l’artista lavorerà insieme ai cittadini, offrendo loro servizi da beauty farm che nasconderanno però curiosi segreti: saloni da barbiere per sole donne, make up per uomini e così via… Ogni “trattamento” verrà documentato, così da realizzare un video in cui ogni partecipante potrà ritrovarsi sotto nuove spoglie, in una confusione programmata che riassumerà l’intero progetto artistico.

L’immaginario femminile viene inoltre riproposto, con una chiave politica molto più netta e rivolta soprattutto al panorama culturale lesbico, dalla terza edizione di Soggettiva. Rassegna a cura di ArciLesbica Bologna all’interno di Gender Bender, Soggettiva presenterà una retrospettiva dedicata alla regista indiana Pratibha Parmar, da anni impegnata nella lotta alle discriminazioni culturali e sociali, una selezione di lungometraggi lesbici scelti dai principali festival glbt internazionali e un convegno che, partendo dall’analisi della famosa serie televisiva The L Word, esplorerà le trasformazioni culturali e sociali che la fiction, filone pop per eccellenza, produce rispetto alla rappresentazione del genere, della razza e dell’orientamento sessuale.
Un universo interamente al maschile, invece, per With Gilbert & George, del regista inglese Julian Cole. Amico e collaboratore degli artisti, il suo documentario è un ritratto toccante, girato in diciasette anni, che rivela per la prima volta gli individui dietro le sculture viventi. Il film ripercorre la loro vita e la loro relazione, dalle umili origini al palcoscenico artistico mondiale, dove hanno recitato un’enigmatica e controversa “azione a due” per quattro decenni. Allo stesso modo Derek, il documentario del regista Isaac Julien, è un commosso omaggio ad uno dei più grandi tesori del cinema indipendente: Derek Jarman. Il documentario mette insieme un movimentato collage di rari filmati domestici, estratti di film e interviste, nonché una lettera d’amore in video dell’attrice Tilda Swinton, in cui racconta poeticamente la verità sulla vita che Jarman condusse, sottolineando il profondo vuoto culturale lasciato dalla sua assenza.

A chiudere la rosa di appuntamenti che Gender Bender offrirà al suo pubblico quest’autunno lo spettacolo che forse più degli altri riassume lo spirito del festival: J’ai gravé le nom de ma grenouille dans ton foie (Ho scritto il nome della mia ranocchia nel tuo fegato), opera che utilizza i linguaggi della danza, del teatro e del cinema per raccontare una storia in cui generi, ruoli e identità si interrogano a vicenda, mettendo in discussione il loro stesso statuto.
Divisa nettamente in due parti, la pièce ribalta i ruoli tradizionali dei personaggi da fiaba per eccellenza: il principe e la principessa. Il racconto emerge sotto l’occhio di una telecamera: gli attori dialogano con quelli che credevano essere i fondamenti della loro essenza, in una catena d’azioni apparentemente prive di significato: “Il mio corpo mi appartiene ancora? È maschile o femminile? Se non sono un principe, che cos’è che fa di me un uomo? Se non sono una principessa, che cos’è che fa di me una donna?”.
La prima parte dello spettacolo, interamente registrata, verrà in seguito proiettata al contrario sul fondo della stessa scena: un lungo piano-sequenza rovesciato sul quale gli attori iniziano a narrare una favola, ben diversa da quelle che ci sono state raccontate da bambini, a proposito di due personaggi che cercano di reinventare il desiderio e la ribellione di una principessa il cui destino sembra essere già segnato.
Le immagini proiettate al contrario corrispondono perfettamente al racconto degli attori, e tutto quello che avevano fatto fino a quel momento assume un altro senso, più tragico e insieme più divertente. Le due metà dello spettacolo sono dunque simmetriche, una il rovescio dell’altra. O come le opposte dimensioni al di qua e al di là di uno specchio: una volta superate consuetudini e tabù, il confine si assottiglia fino a spezzarsi e permettere di passare oltre. Realtà e desiderio diventano così tutt’uno, dando corpo a quell’idea di felicità che ognuno di noi insegue, restituendoci la cifra esatta della nostra autentica identità.

Per tutte le informazioni sugli spettacoli, i protagonisti e gli aggiornamenti del festival visitate il sito: www.genderbender.it

DIDASCALIE
Pag 4: in alto: Derek Jarman; a lato: Ampe & Garrido, Still diffi cult duet
Pag 5: a lato: Darling! The Pieter-Dirk Uys Story; sotto: Heidi Lunabba, Feministtapett
Pag 6: dall’alto in senso orario: Gilbert & George, See, 1987; Felix Ruckert, Placebo Treatment; C.O.S., J’ai gravé le nom de ma grenouille dans ton foie; Tanaz Eshaghian, Be like Others; Beth Cassano, 13
Pag 7: dall’alto: Jukka Korkeila, Full Candy Priority; Tilda Swinton; Felix Ruckert, Placebo Treatment; Pratibha Parmar, Nina’s Heavenly Delight


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