Si è spento, in seguito ad un’emorragia cerebrale, Youssef Chahine, uno dei più grandi registi egiziani e di tutto il mondo arabo. Alberto Crespi sull’Unità di oggi lo ricorda, tra l’altro, con queste parole: “Il dato più importante nella vita di Chahine è l’apertura culturale: da cristiano nato in Egitto, «allevato» in America e adottato dalla Francia, non poteva che essere una mina vagante nel mondo arabo di oggi. Non aveva mai avuto rapporti facili con i vari governi che si erano succeduti nel suo paese, da Nasser in poi. Negli anni ’80 era anche finito in carcere, per aver distribuito autonomamente un film che era stato proibito dalla censura. In un suo film del ’97, Il destino, si era auto-paragonato al grande filosofo Averroè raccontando come l’integralismo islamico fosse latente già nel XII secolo. Come Averroè, Chahine era un uomo libero: con lui, la cultura araba perde un artista scomodo e indispensabile.”
Regista di più di 40 film, in Italia sono state distribuite solo due opere, “Il destino” del 1997 (film che gli ha fatto guadagnare il premio del cinquantenario a Cannes) e un episodio del film collettivo “11 settembre 2001” per il quale è stato accusato di anti-americanismo.
Noi vogliamo ricordare anche altri due film di questo grande e libero regista. Sono due film che coraggiosamente affrontano il tema dell’omoerotismo. Pur senza presentare personaggi esplicitamente gay, mostrano chiaramente dei rapporti sentimentali tra uomini, cosa assolutamente unica in quegli anni per un regista arabo.
Il primo è “Alessandria, perchè?” del 1978 che fa vincere al regista, nell’anno successivo, il premio come miglior regia al Festival di Berlino. Il film è un dramma autobiografico sulla seconda guerra mondiale, ambientato durante l’assedio di Rommel alla città di Alessandria del 1942. La storia del film è centrata sull’amore illegale tra un mussulmano e una donna giudea e tra un bellissimo adolescente egiziano, aspirante attore, e un giovane soldato britannico. Particolarmente toccante e pieno di tenerezza il modo in cui viene presentata quest’ultima relazione, assolutamente inusuale all’epoca per un film proveniente da un paese arabo.
L’altro film che vogliamo ricordare è “Addio Bonaparte” del 1984, che racconta un dramma famigliare ambientato durante la campagna d’Egitto dell’imperatore francese Napoleone Bonaparte, interpretato dal regista gay Patrice Chéreau. Una famiglia e i suoi tre figli fuggono da Alessandria e si rifugiano presso dei parenti al Cairo. Bakr, il figlio maggiore è sposato con una mussulmana; Yehia, 16enne, è il figlio più giovane e Aly è un poeta. Quando le armate francesi iniziano ad occupare la città, Aly stringe una difficile amicizia con un generale occupante, Cafferelli (Michel Piccoli), un consigliere claudicante di Bonaparte che è anche uno scienziato inventore. Cafferelli viene così a conoscere tutta la famiglia di Aly e appare sempre più chiara la sua attrazione verso i due fratelli più giovani: più intellettuale verso Aly e più fisica verso Yehia. Entrambi i ragazzi rimangono sedotti dalla personalità dell’uomo, ma la guerra distruggerà quest’amicizia.
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Riportiamo di seguito l’articolo di Roberto Nepoti su La Repubblica di oggi che ricorda il grande regista:
Il regista del “Il Destino” è morto all´ospedale militare del Cairo dopo un´emorragia cerebrale che lo aveva colpito sei settimane fa
Addio a Youssef Chahine, il Fellini egiziano
Il suo ultimo film, “Il caos”, fu presentato a Venezia lo scorso anno
ROBERTO NEPOTI
Si può dire che un uomo di 82 anni è morto prematuramente? Sì, quando si tratta di un “vecchio-giovane” come Youssef Chahine, membro di quella pattuglia di cineasti ultraottantenni (Resnais), ultranovantenni (Monicelli) o addirittura centenari (De Oliveira) i cui film guadagnano in spirito e lucidità, quanti più anni si accumulano sulle spalle dei loro autori. Chahine è stato maestro e ambasciatore nel mondo del cinema egiziano: tanto che, alla notizia dell´emorragia cerebrale che lo aveva colpito sei settimane fa e del suo trasporto all´American Hospital di Neuilly, il presidente egiziano Mubarak disse che sarebbe stato il governo a farsi carico dei costi del ricovero in Francia, in riconoscimento del suo contributo alla cultura nazionale. Eppure Chahine non aveva risparmiato critiche ai governi del suo Paese, partecipando a manifestazioni di protesta e dichiarando che «il nemico non viene solo da fuori, è anche dentro».
Nato ad Alessandria il 25 gennaio 1926, studi di cinema a Los Angeles, iniziò la carriera che avrebbe fatto di lui un regista, attore, sceneggiatore e produttore di fama internazionale nel 1947; nel 1953 fece debuttare Omar Sharif, il futuro Dr. Zivago. A farlo conoscere fuori dei confini nazionali fu Stazione Centrale, film corale del 1958; nel 1963 realizzò la superproduzione Saladino, kolossal in gloria di Nasser dove l´Occidente non faceva per nulla una bella figura. Il successo internazionale arrivò con La terra (1969). Chahine divenne famoso anche in Europa con la trilogia Alessandria perché, vincitore dell´Orso d´argento al Festival di Berlino 1978, La memoria e Alessandria ancora e sempre: dopo il quale fu paragonato spesso a Federico Fellini. Realizzò il bellissimo Il destino nel 1997 sulla vita di Averroè; nello stesso anno Cannes gli assegnò il premio alla carriera.
Una carriera durante la quale gli capitò spesso di doversi confrontare con la censura, per aver denunciato sia le politiche di Washington in Medioriente sia i guasti del fondamentalismo. In quello che resta probabilmente il suo capolavoro, L´uccello (1972), attribuì la sconfitta dell´Egitto nella guerra del 1967 contro Israele alla corruzione della classe politica egiziana. Nel 1985 il film in costume Adieu Bonaparte gli procurò inimicizie d´ogni genere: fece arrabbiare i francesi per il modo caricaturale in cui li presentava (a cominciare dal ridicolo Napoleone interpretato da Chéreau) e irritò i fondamentalisti egiziani per l´elogio implicito della civilizzazione occidentale. Il suo ultimo film, Il caos, fu presentato l´anno scorso a Venezia ed è un capolavoro di humour ed energia giovanile per come rimette in gioco i canoni del melodramma, sullo sfondo della difficile condizione femminile in Egitto. Una volta Chahine disse: «Voglio mettere in luce la forza vitale di un popolo. Ho perduto ogni voglia di raccontare storie solo per raccontare. Sto imparando a trovare il coraggio di raccontare me stesso, mostrando quel che sono stati i momenti della storia d´Egitto che ho attraversato». Chahine sarà sepolto oggi a Alessandria con rito cattolico.
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Qui sotto la copertina del dvd francese del film “Adieu Bonaparte”