QUARTO GIORNO AL TOGAY 2008

Ancora corti molto belli, l’importante e ben fatto documentario sul Vaticano, il secondo film di Zero Chou, il road movie Ceco e l’intrigante “Les Chansons d’amour”. Il premio del festival ad Andrea Sperling presente con la compagna Jamie Babbit.

Quarto giorno del festival gay torinese, sempre affollatissimo, grazie anche da una insistente pioggia che invita a rinchiudersi nell’ampia hall e nelle sale di proiezione del bel cinema Ambrosio.

Grande e meritato successo di pubblico per il documentario “Le regole del Vaticano” di Alessandro Avellis. Da un po’ di tempo pare che siano in circolazione dei registi che hanno deciso di aprire, in mancanza di una controparte politica, una battaglia personale con il Vaticano.
Dopo l’interessante documentario “Improvvisamente l’inverno scorso” passato recentemente con successo a Berlino, è la volta di Avellis e del suo “Les regles du Vatican”.
Avellis vive da un po’ di tempo a Parigi, ma all’epoca dei fatti narrati viveva ancora a Roma.
Sono rimasto molto impressionato dalla vicenda di Alfredo Ormando – ci dice- questa è la ragione per cui il prologo e l’epilogo sono un po’ sentimentali. Il corpo centrale del film pero è tuttaltro che triste, anzi regala veri e propri momenti di feroce ironia. Come lui stesso ammette le parole più belle sono quelle delle persone interviste nella pellicola, Don Barbero ( “non esiste solo la dipendenza dalla cocaina, esiste anche quella dal clero. Ho deciso di non essere più tossicodipendente dal clero”) delle vignette di ALTAN (” edizione straordinaria, oggi il Papa non ha detto nulla”), di Titti de Simone, Di Gigliola Toniollo e di Don Vitaliano della Sala che ha pagato duramente la propria autonomia di pensiero.
Vivendo in Francia – ci fa sapere Avellis- ho riscoperto il senso della Repubblica, che in quel paese è molto forte. In Italia la Repubblica è solo il nome di un quotidiano, per quanto importante, bisogna un po’ ritornare alla idea di Stato e possibilmente di laicità, parola molto importante. (D.D.)

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I CORTOMETRAGGI IN CONCORSO

Ricco di bei cortometraggi è il programma del pomeriggio.
Si comincia con “DOCE E SALGADO” alla presenza del regista Chico Lacerda che ci ha rivelato come sia stato difficile per lui riuscire a capire cosa stava diventando il suo film mentre lo girava e si appella quindi al giudizio del pubblico per conoscere il risultato finale.
Il corto presenta alcuni attimi della giornata di due amici, la piscina, le evasioni serali su per i tetti, e i momenti più raccolti, in camera, dove la vicinanza spinge a fare i primi approcci. Il finale è volutamente lasciato aperto ad ogni sviluppo futuro. Voto 6½.

A seguire abbiamo visto “KAMPISAR” ( Compagni di stanza) di Magnius Mork, forse il più bello di questa serie, in cui si racconta con estrema delicatezza e tensione narrativa il tentativo di due amici di andare a vivere insieme. Più mondano il primo, riservato ed ombroso il secondo, la convivenza non durerà molto quando emergeranno le pulsioni di uno dei due verso l’amico. Voto 8.

Alla presenza del regista polacco Wojciech Szarski è stato proiettato “MATEUSZ” una bella storia di equivoci e di morale che vede contrapposti padre e figlio sul piano della identità sessuale, senza svelare fino alla fine, quale sia l’orientamento dei due. Voto 7½.

Il tenero “LUCKY BLUE”, ci dice il regista svedese Hakon Liu, non è altro che la storia di come avrebbe voluto che fossero le sue vacanze quando aveva l’eta dei due giovani protagonisti della pellicola. In un campeggio lavora il bello e solitario Olle, che si vede sconvolta la vacanza dall’arrivo di un ragazzo nuovo.
A chi mi chiede se sono storie reali quelle che racconto- ci svela il regista- rispondo che lo sono, perchè sono tutte accadute nella mia testa. Voto 8.

“LANDLEBEN”, dello svizzero Lukas Egger, ha il pregio di presentare una situazione inusuale ovvero l’incontro tra un ragazzo gay che abita in montagna e pensa di essere l’unico gay che abita da quelle parti ed un moro ragazzo di città dai modi molto espliciti. Dovranno scontrarsi per imparare a conoscersi. Voto 7½.

“MARS” del tedesco Marcus Richardt è l’unica pellicola al femminile del programma pomeridiano ed è quella che presenta i personaggi più convenzionali. Il rapporto tra la ribelle Lilly, leder di una gang di ragazze e la solitaria fotografa Anna, nonostante le premesse poco rassicuranti si apre in una amicizia forte quando una salverà la vita all’altra. Voto 6.

Chiude il programma il bel corto brasiliano “CAFE COM LEITE”, in cui viene presentata la storia di una coppia gay, sconvolta dalla morte dei genitori di uno dei due, che mette in crisi la coppia fino alla separazione, ben tratteggiato il ruolo del fratellino piccolo di uno dei ragazzi che fa da elemento di unione ma anche di disturbo nella coppia. Voto 7.

(D.D.)

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Il documentario “A JIAHAD FOR LOVE” di Parvez Sharma

Splendido documentario che sta giustamente ricevendo premi in tutto il mondo e che attiva ovunque un intenso dibattito su omosessualità ed Islam. Il film ci offre un’ampia panoramica sull’omosessualità in vari paesi islamici indagata per la prima volta da un regista gay e mussulmano. Il regista interpella persone omosessuali molto credenti che non criticano la religione mussulmana in quanto tale ma che si riconoscono completamente, anche in quanto omosessuali, nel disegno divino.

Riportiamo una sintesi del Q&A condotto da Davide Oberto col regista Parvez Sharma:

D. Come è nato questo progetto cosi complesso, girato in Paesi lontani e con persone molto differenti tra di loro ?
R. Dopo l’11 settembre vivevo già negli Stati Uniti e sentivo la necessità di uscire allo scoperto come mussulmano e di dare alla gente una visione diversa della religione mussulmana rispetto a quella fornita da Osama Bin Laden e da George Bush.
Sono passati sei anni e questo film è stato proiettato in quattordici Paesi diversi, questo è il quattordicesimo. E’ stata un’esperienza molto intensa, ne sono molto contento e spero che molte persone imparino qualcosa da questo film.
E’ una posizione difficile la mia, io sono gay ma anche mussulmano, voglio difendere l’Islam ma nello steso tempo criticarlo.
D. Come hai fatto a coinvolgere i personaggi del tuo film. Come li hai trovati?
R. Con il mio “gaydar”, funziona dappertutto. Ci sono voluti sei anni, è stato difficile trovare queste perso. Probabilmente se fossi stato un regista occidentale non sarei riuscito a trovare le stesse persone con quelle caratteristiche.
D. Verso la fine del film in Sudafrica un Imam favorevole all’omoessualità viene invitato a parlare presso la comunità islamica ma sappiamo che da altre parti la situazione è diversa. A tua conoscenza risono altre aperture in altre parti del mondo; è cambiato qualcosa?
R. Io penso che ci siano stati molti cambiamenti positivi. Solo tre settimane fa un’Imam in Indonesia ha dtto che l’omosessualità non è peccato. Altri però hanno reagito attaccandolo. Io credo che questo film inizi ad aprire un varco, spero che un giorno questa porta si spalanchi, purtroppo non credo che potrò vedere entro pochi anni, una completa apertura. L’Islam non è tanto differente da Cristianesimo ed Ebraismo. Cinque giorni fa ero ad Istanbul, la turchia è stata il primo paese islamico in cui è stato proiettato questo film. C’erano 1500 persone nelle due proiezionifatte. La Turchia è anche un paese laico e il pubblico, insieme alla stampa, mi hanno criticato perché il film non era abbastanza critico verso l’islam. In Sudafrica il Consiglio islamico aveva emesso una fatwa con il divieto di proiettare il film, ma per reazione molti mussulmani sono andati a vederlo. Anche a Singapore il film è stato bandito. Quindi stanno succedendo molte cose intorno a questo film.
D. Ci sono differenti tra le posizioni di sunniti e degli sciiti?
R. Le posizioni di sciiti e sunniti sono molto diverse tra di loro ma in generale hanno in comune l’idea che l’omosessualità è sbagliata. Solo se i paesi adottano ufficialmente la legge della sciarpa, ma anche negli altri paesi islamici gli omosessuali sono discriminati.
D. Hai visitato altri paesi oltre a quelli del film?
R. Sì, sono stato in Bangladesh, Arabia Saudita e Iran ma ho deciso di non parlarne perché penso che ognuno di questi paesi meriti un film a parte.
D. Come è arrivato a lavorare insieme al suo produttore Sandi Dubowski regista di Trembling Before G-D proiettato e premiato qualche hanno fa al Togay e che raccontava della difficoltà di essere omosessuali in Israele?
R. L’ho incontrato in una tavola rotanda dove erano presenti personaggi delle diverse religioni e gli ho subito chiesto di partecipare alla produzione del film. Dubowski è una persona con molti contatti, ha viaggiato molto, è stato un appoggio fondamentale soprattutto per quanto riguarda la raccolta dei fondi.
D. Il film è stato trasmesso nelle scuole?
R. Ci stiamo provando. C’è da dire che il film è uscito solo sette mesi fa quindi ha iniziato da poco la sua vita. Proveremo a proiettare questo film nelle scuole islamiche, sono fiducioso che questo succederà e che l’Indonesia sarà uno dei paesi che ci darà questa opportunità.
D. Ci può dire qualcosa sull’islamismo Sufi?
R. Il film ne parla ma io non sono un esperto. Credo però che nell’islamismo Sufi ci sia più spazio per l’omosessualità perché questa scuola di pensiero punta molto sul concetto come fonte d’amore, piuttosto che su quello per la punizione divina. Durante la proiezione in Turchia ho conosciuto una copia di lesbiche Sufi.
D. A loro il film è piaciuto?
R. Avrebbero voluto molta più Turchia nel film; i Turchi sono molto nazionalisti. Le reazioni sono state molto interessanti soprattutto da parte delle donne. Ho un’amica lesbica a NewYork che sfila ogni hanno al gay pride con la motocicletta, si è arrabbiata molto vedendo nel film quella ragazza islamica che riteneva di meritare di essere punita e mi ha detto che se voleval’avrebbe portata in un leather bar dove sarebbe stata frustata a suo piacimento. E’ anche interessante vedere le diverse reazioni alla proiezione nei paesi islamici e in quelli occidentali.

Dopo le domande il regista ha fatto il seguente appello: per favore molte persone che vivono nei paesi mussulmani leggono il mio blog internet, quindi se avete qualche commento positivo o qualsiasi da fare su questo film fatelo perché questo aiuterà a diffondere il film in quei paesi: www.ajihadforlove.blogspot.com/

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I FILM IN CONCORSO

Grandi aspettative per il secondo film della taiwanese Zero Chou, “Drifting Flowers”, che lo scorso anno ci aveva stupiti con “Spider Lilies”, una storia d’amore lesbico vissuta in parte sul web. Quest’ultimo film, forse più ambizioso del precedente, conferma il talento della regista, che qui ci racconta tre storie ambientate in tempi e luoghi differenti ma coi personaggi che direttamente o indirettamente si richiamano. Nella prima storia incontriamo il personaggio di Diego, apparentemente un giovane uomo che sembra innamorato di una giovane cieca, ma in realtà una fanciulla che non accetta di essere tale. Diego lo ritroviamo nel terzo episodio che ce lo mostra anni prima quando, ancora in famiglia, lotta per farsi accettare come lesbica e ha un incontro sessuale decisivo con una ragazza. Nel secondo episodio vediamo una donna malata di alzheimer che si riprende quando torna a casa il suo ex marito (?) diventato gay ed ora in cura per l’aids (e per questo abbandonato dal suo amante). Il legame tra queste due umanità alla deriva si rinforza sempre più fino a diventare complici nelle proprie disavventure. Il film riesce ad essere toccante ed incisivo in ogni storia ma, per il sottoscritto, un po’ dispersivo quando si devono trovare i collegamenti tra i personaggi dei diversi episodi. Voto 7.

Pusinky (Dolls) di Karin Babinska.
Un bel film on the road che segna il passaggio alla maturità di quattro adolescenti della Repubblica Ceca, un ragazzo e tre ragazze, che decidono, alla fine della scuola, di andare a trascorrere l’estate in una fattoria in Olanda. Seguiamo così la difficile e contrastata presa di coscienza della propria omosessualità di una di queste ragazze che si ritrova innamorata dell’amica che invece ne corteggia il fratello. Ma il film segue l’evoluzione di tutti e quattro i protagonisti, regalandoci momenti altamente drammatici alternati a situazioni quasi grottesche, anche se non particolarmente nuovi. Presente alla proiezione solo una delle attrici, Petra Nesvacilova, che ci ha raccontato come sia stato difficile ottenere i fondi per realizzare il film. Voto 8.

“Les Chanson d’amour” di Christophe Honoré
Purtroppo il nostro giudizio su questo film è molto partigiano in quanto appartiene alla categoria dei nostri film preferiti, quel genere intimista, tipicamente francese (tipo Jules et Jim), spesso rivoluzionario nei comportamenti e nelle relazioni interpersonali dei vari protagonisti. Proprio come succede in questo film, una grande produzione con attori di grande richiamo, dove abbiamo una relazione a tre (dormono insieme due donne e un uomo), accettata anche dai genitori di una delle donne che si affezionano sempre più al ragazzo, che però non disdegna anche altri incontri sessuali e dove alla fine del film ci troveremo con una storia d’amore del tutto inaspettata ma a noi graditissima. Il film è impreziosito da bellissime canzoni che i protagonisti interpretano senza interrompere l’azione della storia ma approfondendola. Uno di quei film che vorremmo non finissero mai. Voto 9.

Petra Nesvacilova
Petra Nesvacilova
Andrea Sperling
Ricke Merighi, Andrea Sperling
Jamie Babbit
Chico Lacerda
Hakon Liu
Chico Lacerda, Lukas Egger, Wojciech Szarski
Parvez Sharma
 
Stanley Kwan

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