UNA MORTE CHE CI HA SPEZZATO IL CUORE

Heath Ledger, giovane attore etero tra i più promettenti di Hollywood, aveva dimostrato coraggio e sentimenti da vero democratico interpretando il ruolo, rifiutato da molti, del cowboy gay nel film Brokeback Mountain

Ancora una volta siamo rimasti attoniti e con gli occhi lucidi davanti alla notizia della morte di uno dei nostri più recenti beniamini. Abbiamo riprovato la stessa dolorosa emozione per l’improvvisa morte di River Phoenix (31 October 1993 a Hollywood) , tragicamente simile a quella di Heath Ledger, avvenuta lo scorso 22 gennaio nel suo appartamento di New York. Sembra per un miscuglio di farmaci e droga, presi probabilmente per superare una recente polmonite e la depressione che gli amici attribuiscono alla separazione dalla figlia Matilda di due anni che amava moltissimo (avuta dalla ex moglie Michelle Williams).
Noi avevamo ancora negli occhi le belle e divertenti immagini che ci aveva regalato partecipando in modo assolutamente anticonformista all’ultimo festival di Venezia, dove si era presentato sulla passerella vestito con bermuda e calzini bianchi e rossi, giacca spiegazzata, sigaretta all’orecchio e cappello in testa: impossibile non notarlo.
Il suo successo internazionale era arrivato con l’interpretazione del cowboy gay in Brokeback Mountain di Ang Lee. Partecipazione che, soprattutto in Australia, suo paese d’origine, gli aveva provocato qualche dispiacere da parte degli integralisti locali, cosa che purtroppo si è ripetuta in questi giorni con le dichiarazioni di Fred Phelps della chiesa battista di Westboro che ha dichiarato che faranno un picchetto di protesta al suo funerale in quanto definiscono l’attore “un pervertito” che si è «divertito a sfidare Dio onnipotente e la sua parola chiara: Dio odia i froci e i loro fiancheggiatori. Ergo, Dio odia il sordido e sozzo contenitore pieno di melma mescolata al vomito conosciuto come “Brokeback Mountain”. Heath Ledger ora è all’Inferno, dove ha cominciato a scontare la sua pena eterna».
In una intervista a Io Donna del 14 gennaio 2006 Ledger aveva dichiarato, a proposito della sua partecipazione a Brokeback Mountain, che “Ang, prima di noi, aveva cercato attori gay senza trovarli. Poi qualcuno ha declinato l’offerta perché aveva già interpretato un gay e non voleva esagerare. Un altro, credo avesse riserve di tipo religioso. lo non avevo un solo problema al mondo. Per quanto ne so, nemmeno Jake. A 17 anni ho sentito parlare per la prima volta dei “gay cowboy movie”: ero deciso a non averci nulla a che fare. Ero giovane e sensibile alle etichette. Quando, anni dopo, ho letto il copione [di Brokeback Mountain] ho capito che parlava d’altro, di quanto è difficile trovare l’amore. E, ancora più arduo, quando l’hai incontrato, trovare il modo di tenerlo con te. Perché la vita va avanti e, senza che tu te ne accorga, l’amore può sfuggirti dalle mani. Ho capito anche che questo non si sarebbe mai potuto raccontare attraverso la passione tra un uomo e una donna perché l’amore eterosessuale ormai è solo cliché”.
Stephen Holden del “New York Times”, riferendosi alla sua interpretazione del cowboy gay con la quale aveva sfiorato l’Oscar, aveva scritto che «Magicamente e misteriosamente Ledger sparisce sotto la pelle del suo personaggio».
Insieme a Jake Gyllenhaal, l’altro cowboy gay del film, era diventato subito una icona internazionale del popolo omosessuale e la GLAAD (Gay and Lesbian Alliance Against Defamation) ha diramato ieri un comunicato in cui si dice che l´attore «attraverso il personaggio di Ennis Del Mar ha contribuito a cambiare l´atteggiamento di tanti nei confronti degli omosessuali».
Tra le tante commosse dichiarazioni sulla sua morte ci pare obbligatorio riportare quella del regista Ang Lee: «Lavorare con lui è stata una gioia. Ha interpretato il ruolo di Ennis molto meglio di come ciascuno di noi lo aveva immaginato: sprigionava un bisogno e una sete di vita, di amore, di verità, mescolate ad una vulnerabilità che rendevano impossibile per chiunque non amarlo. La sua morte mi ha spezzato il cuore». Jake Gyllenhaal, l´altro cowboy di Brokeback Mountain, non ha ancora fatto dichiarazioni ufficiali ma ha inserito nel suo sito una galleria di foto scattate l´altra sera a Broome Street: giovani in lacrime e, davanti al portone d´ingresso, una rosa rossa.
Il primo ministro australiano, Kevin Rudd, ha diramato un comunicato nel quale si stringe alla famiglia dell’attore: “È tragico che l’Australia abbia perso uno dei suoi migliori attori in così giovane età. I ruoli interpretati da Ledger, così diversi e impegnativi, saranno ricordati tra le migliori performance del cinema australiano”.
Aveva preferito vivere a New York anzichè a Los Angeels per “stare al riparo dalla vita frenetica e dai paparazzi di Los Angeles: faccio la spesa, vado in lavanderia, mi godo una vita normale”. Poco dopo la nascita della figlia aveva detto che voleva prendersi “un anno di libertà, per viaggiare in Europa e soprattutto per godermi mia figlia che ha tre mesi e tre settimane. Voglio starle vicino, vederla crescere”

Riportiamo la breve biografia dell’attore scritta da Cristina Piccino per Il Manifesto.

Ventotto anni, era nato a Perth, in Australia, il 4 aprile 1979 e una passione per le scene scoperta al liceo quando inizia a lavorare in un piccolo teatro della città, decide presto che recitare è molto più importante per lui di tutti il resto. Così lascia la scuola, lascia Perth, sbarca a Sydney con l’idea di diventare attore. Scommessa difficile però Heath Ledger è ostinato e soprattutto ha talento. Comincia a comparire in qualche serie televisiva finché non gli affidano un ruolo più consistente in Sweat, un serial di successo, e nel telefilm Roar. Nel frattempo è diventato Heath, il nome «vero» infatti è Heatcliff che la mamma aveva scelto per lui pensando all’eroe di Cime tempestose. Chissà se è questo, o se è la mitologia familiare, i genitori che si separano quando lui è ancora un bambino a fargli crescere intorno l’aura di personaggio «difficile», ruvido coi fotografi a cui pare lanci uova per tenerli lontani e bla bla … A dire il vero alla scorsa Mostra di Venezia, Heath Ledger era carinissimo, gentile, per niente cupo, pieno di storie da raccontare e con abbastanza umorismo da presentarsi alla premiazione (per I’m Not There di Todd Haynes) in calzoncini.
Torniamo indietro. A vent’anni arriva la prima parte importante, il film si chiama 10 cose che odio di te (99, di Gil Junger). Lo stesso anno viene chiamato per Two Hands, produzione australiana di successo con la regia di Gregor Jordan. L’occasione tanto attesa arriva nel 2000 quando partecipa all’audizione per Il patriota di Roland Emmerich. Mel Gibson lo nota tra oltre duecento candidati, e Ledger appena ventenne riesce a imporsi per la parte di Gabriel Martin. Quell’anno vince anche lo Showest award come Promessa maschile del futuro e comincia a farsi conoscere dal grande pubblico.
Dopo ci sono altri film, il suo nome compare in Monster’s Ball (di Marc Forster) e in Ned Kelly, ispirato al leggendario bandito australiano, dove è accanto a Naomi Watts.
Finché non gli propongono I segreti di Brokeback Mountain (2005). Heath Ledger è Ennis Del Mar, tra i due cowboy protagonisti quello che ha più resistenze a dichiarare al mondo il loro amore contro invece l’impulso totalizzante di Jack Twist/Jake Gyllenhaal. E per questo sceglie moglie e famiglia – tra l’altro la stessa Michelle Williams. Icone gay, etero, premiatissimi, un successo planetario. Anche se la potenza che gli sa tirare fuori Todd Haynes in I’m Not There è imparagonabile. Heath Ledger è uno dei molti Dylan, quello che vive l’utopia della rivolta finendo poi nell’individualismo degli anni Ottanta. Che vuol dire distanza dal suo passato, dagli amici, dalla donna con cui ha diviso le esperienze più belle, i sogni, le parole, la poesia. Diceva a Venezia di Dylan Ledger: «Sono da anni un suo fan e grazie a questo film ho potuto approfondire la ricerca sul personaggio. La mia non è una vera e propria rappresentazione di Dylan, ma getta uno sguardo solo su una parte della sua anima».
Heath Ledger aveva finito di girare The Dark Knight, il sequel di Batman Begins. Il regista, Christopher Nolan lo aveva voluto nei panni di Joker, cosa che pare avesse fatto infuriare Jack Nicholson che lo aveva interpretato nella versione di Tim Burton.

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