MARCO SIMON PUCCIONI CI PARLA DELLE DIFFICOLTA'

incontrate nella produzione del suo bellissimo “Riparo – Anis tra di noi”, vergognosamente ancora senza una distribuzione italiana

Pubblichiamo l’intervista che Diego Deserti, collaboratore di cinemagay.it, ha fatto al regista Marco Simon Puccioni (foto sopra) presente con il suo film “Riparo – Anis tra di noi” (fuori concorso) al 21° Festival del Cinema Gaylesbico milanese.

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Siamo qui con Marco Simon Puccioni, freschi dell’emozione del suo ultimo film, appena terminata al Migay 2007, senz’altro una delle opere più belle che abbiamo visto in questo Festival, con una delle coppie lesbiche più interessanti che abbiamo visto nel cinema italiano.

Marco, tu prima ci hai detto delle difficoltà per la distribuzione del tuo film in Italia, contrariamente a quanto avviene per l’estero dove il film è già stato venduto in diversi Paesi. Come mai da noi si fa ancora così fatica a parlare di questi argomenti?

Forse dipende un po’ dalla differenza sociale e culturale che sta vivendo l’Italia rispetto all’estero. Forse dipende anche dall’industria culturale italiana che è più debole, meno preparata, meno differenziata e quindi non ha le strutture per accogliere un film di questo tipo, che, comunque, come avete visto, non è un film pazzesco o difficile come linguaggio. E’ un film che parla di emozioni, di storie di oggi, quindi assolutamente fruibili e intelleggibili per chiunque, gay o non gay. Nel mondo il film sta viaggiando molto sia per festival che per vendite alle distribuzioni in vari Paesi. In Italia stiamo aspettando, non perdiamo la speranza.

E’ stato difficile trovare un produttore che volesse investire in questo progetto?

No, perchè Mario Mazzarotto, che è il produttore di Interfilm, è anche socio insieme a me della società che l’ha prodotto e quindi insieme abbiamo iniziato questo progetto e piano piano abbiamo trovato tutti i mattoni che sono serviti per finanziarlo, compreso un finanziamento statale.

Quanto tempo avete impiegato a realizzarlo?

C’è voluto molto tempo perchè siamo partiti subito dopo “Quello che cerchi” che è il mio primo film del 2002, e siamo arrivati al 2007. Abbiamo dovuto superare problemi burocratici, blocchi di leggi, di tutto e di più. Fortunatamente sono poi arrivate la coproduzione francese e il fondo Euroimage.

La partecipazione della Medeiros è arrivata prima o dopo di aver trovato dei fondi francesi?

Diciamo che arriva contemporaneamente in quanto è stato il coproduttore francese che ha proposto di far leggere alla Maria De Medeiros il copione. Lei ne è riamasta subito entusiasta e, ancora adesso dice che questo film è una benedizione. Questo a dimostrazione delle differenze tra Italia ed estero. In Italia purtroppo abbiamo trovato ancora degli attori che si rifiutano di interpretare personaggi omosessuali.

Per quali ragioni pensi che questo accada?

Penso che in Italia l’industria cinematografica sia ancora “provinciale”, non abbia quel coraggio necessario per affrontare nuovi temi e nuove situazioni. Probabilmente pesano anche condizionamenti esterni, sia economici che culturali. Spero che presto, anche grazie a nuove società di produzione, arrivi anche da noi un po’ di freschezza e diversificazione.

Il tuo film è molto bello perchè riesce a trattare con un equilibrio straordinario diversi temi come la provincia, la fabbrica, l’immigrazione, la convivenza di due donne omosessuali, ecc. C’è un tema in particolare che tu avevi più a cuore, che sentivi importante comunicare e al quale avresti magari voluto lasciare più spazio nel film?

No, perchè io quando faccio un film sostanzialmente mi concentro sui personaggi, che sono il riflesso delle persone che ci sono intorno, coi loro problemi di affetto, relazione, amore, naturalmente condizionati dagli influssi sociali che le circondano. Concentrandomi sui personaggi tutte le tematiche vengono introdotte attraverso le loro esperienze, che, almeno nelle mie intenzioni, dovrebbe fare riferimento a quelle degli spettatori.

Tu non sei friulano?

No, non lo sono, io sono toscano-romano.

Come è stato allora girare il film in questa terra, il Friuli, nuova anche per te?

Ma io sono uno di quei registi che ama girare fuori dalla propria terra. Anche l’altro film “Quello che cerchi” l’ho girato a Torino. Per questo ultimo film ho iniziato le riprese a Napoli poi sono finito in Friuli. Amo uscire fuori dai confini, amo le zone di confine, quelle che più di altre vivono tensioni e conflitti e che sono quindi particolarmente vive e diversificate.

“Quello che cerchi” è un film che ha già trovato il mercato del dvd, pensi che la visione domestica rappresenti un buon sbocco anche per certi film italiani che trattano tematiche particolari?

Il dvd ha senz’altro meno difficoltà di distribuzione. Oggi non è necessario uscire di casa per vedere un film. Trovo però che la visione in sala sia sempre una cosa fondamentale perchè ha una funzione socializzante importante per la comunità e penso anche che renda con più soddisfazione la visione del film, che diventa un evento. Ciò detto un film si può vedere su internet, su dvd o in televisione, anche se io continuo a prefereire la sala. Bisogna però anche parlare delle difficoltà che ha oggi la sala, non sempre agevolmente raggiungibile. In alcuni posti ce ne sono tante, in altri mancano completamente. Ci sono dei monopoli che rendono impossibile raggiungere un film che a volte esce in 1000 copie e altre in 4 copie. Il problema è soprattutto di diversità culturale, che è un danno per lo spettatore più che per l’autore. Ciò detto spero che ci siano presto delle nuove leggi che rendano più facile fruire del cinema diverso, perchè penso che abbiamo bisogno di tutto e non solo dei grandi titoli che raccontano sempre le stesse storie.

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