TERZA GIORNATA DEL TOGAY 2007

Grandissima affluenza di pubblico nel primo giorno del weekend che mette a dura prova l’organizzazione. E ancora film di notevole interesse, corti compresi.

Niente è perfetto, soprattutto i festival e soprattutto i festival che devono fare fronte a una marea invadente di spettatori, liberati anche dalla prima giornata non lavorativa del festival(sabato). Così abbiamo dovuto cambiare all’ultimo momento i nostri programmi per le coincidenze che saltavano in conseguenza di alcuni ritardi e abbiamo anche rischiato di rimanere fuori da sale che avevano esaurito tutti i posti, come quella che presentava la prima raccolta dei corti in concorso.
Ma l’evento della giornata è stato senz’altro la consegna del Premio Speciale Torino GLBT Film Festival a Lino Banfi, che in mattinata avevamo incontrato alla Fnac per la presentazione del dvd “Il padre delle spose”. Ancora una volta Lino Banfi è riuscito a stupirci e commuoverci partendo dal fatto che oggi per venirci a trovare a Torino ha abbandonato la moglie nel giorno del suo compleanno e raccontandoci poi dei momenti in cui si è avvicinato alle problematiche omosessuali, fin da quando ancora bambino le mamme dicevano di stare alla larga da quel signore (che era gay) e col quale invece lui volle parlare.

Finalmente oggi è tornato in edicola il quotidiano “La Repubblica”, con un’intera pagina dedicata al Togay e una bella intervista al direttore Giovanni Minerba, che lamenta, tra l’altro, il silenzio della politica sulle problematiche omosessuali. Trovate l’intera intervista nella nostra rassegna stampa di oggi.

Veniamo ora ai film della giornata. Il più applaudito dal pubblico è stato senz’altro il film di Pratibha Parmar, “Nina’s Heavenly Delights”. Alla fine della proiezione, con grande sorpesa e giubilo del pubblico, il direttore di Fourlab Simone Morandi ha detto che il film sarà trasmesso venerdì prossimo sul canale Sky Show e in seguito molto probabilmente pubblicato in dvd. Il film è molto accattivante, sia per la storia in sè che per come è raccontata. Il tema principale è quello della famiglia e del coming out di un bellissimo amore lesbico, servito con un contorno di allegra comitiva queer, piacevolissimi balletti e canzoni stile Bollywood, e soprattutto tanta elaborata cucina indiana (straziante per uno come me a digiuno da otto ore). La regista, che attualmente vive e lavora a londra, interrogata dal pubblico, ha detto che il film è molto autobiografico in quanto fu proprio in un ristorante che conobbe la sua compagna di vita. Ha inoltre detto che la produzione ha molto insistito perchè sostituisse la storia lesbica con una etero, ma lei è stata irremovibile su questo punto. Spera che il film possa essere proiettato anche in India, dove purtroppo un’altro bellissimo film lesbico di qualche anno fa, Fire, provocò incidenti e proteste davanti ai cinema dove era in programma.

L’altro film in concorso era “So lange du hier bist” del tedesco Stefan Westerwelle sull’incontro tra un giovane marchettaro ed un agiato anziano. Il film è molto bello, soprattutto se pensiamo, come ha sottolineato Cosimo Santoro parlando col regista, che si tratta di un’opera prima. La storia vuole evidenziare come anche una persona anziana abbia bisogno di amore. Nel film accade che, per una combinazione, il prostituto chiamato dall’anziano per un’incontro a pagamento debba invece fermarsi a dormire tutta una notte e parte del giorno successivo, accendendo così nella mente dell’anziano la fantasia di una vera storia d’amore, culminante nelle toccanti scene dell’amorevole vestizione. Alla fine del film uno spettatore ha rilevato come, contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, l’anziano sia il personaggio più sereno, anche di fronte alla vicina morte, mentre il giovane appare chiaramente turbato e agitato. Alla richiesta di una spiegazione dei motivi che turbano il giovane, il regista ha detto che non gli interessava indagare la problematica del giovane, lasciandola misteriosa e aperta alle diverse letture degli spettatori, quanto invece la reazione del vecchio davanti a questa inattesa ma senz’altro lungamente desiderata possibilità d’amore, con la quale chiuderebbe, nel migliori dei modi, una vita probabilmente ricca di felici ricordi. Davide Oberto ha poi rilevato come sia difficile trovare nel cinema gay storie che si interessino ai rapporti tra generazioni e come il regista si riuscito a rendere erotico anche il corpo di un anziano. Il regista ha confermato la cosa aggiungendo che gli interessava molto togliere quell’aspetto un po’ sporco e losco che abitualmente s’intuisce quando nei film gay una marchetta si accompagna ad un anziano e mostrare invece il legittimo bisogno di amore e legame che anche queste persone hanno. Alla domanda su cosa lo avesse ispirato, il regista ha raccontato di quando, appena 16enne, ebbe l’occasione di conoscere una persona anziana con la quale sviluppò una bellissima amicizia senza secondi fini sessuali. Questa persona lo ispirò a diventare prima attore ed ora regista di questo film, dove il personaggio dell’anziano è costruito sul suo ricordo.
Ad un’altra domanda che chiedeva se il regista avesse pensato anche ad un rapporto di gerontofilia, ha risposto che no, nel film c’è solo una marchetta normale ed un’anziano che rivive un momento d’amore.

Altro film in concorso è stato “Wild Tigers I Have Known” di Cam Archer, che ci parla dei problemi scolastici e di identità sessuale del tredicenne Logan, che vive con la mamma alcolizzata. Prodotto da Gus Van Sant, la prima parte del film ha uno stile visionario e allucinato, alla maniera della videoarte, che richiede allo spettatore molta concentrazione. Notevole comunque la descrizione del disagio psicologico del giovane protagonista che deve confrontarsi con un’identità sessuale diversa, probabilmente transgender, esemplificata nel film anche con la curiosa storia di un puma (l’animale del titolo) che entra nella scuola terrorizzando tutti, e che alla fine del film vedremo riapparire nell’immaginazione di Logan, come simbolo della sua determinazione.

Ancora estremamente interessante e molto bello esteticamente il secondo film di Philippe Vallois presentato nella sezione a lui dedicata, “Johan, journal intime homosexue d’un été ’75” insieme al documentario che racconta le riprese del film. Presente il regista ha dichiarato che quando girò il film nel 1975 era consapevole di stare facendo il primo film gay francese (specificando che allora non si diceva gay ma omosessuale) e che a quel tempo bisognava essere molto coraggiosi per parlare di queste cose, tanto che altri registi omosessuali dell’epoca, non ancora dichiarati, come Patrick Giraud e André Techiné, gli dissero che era pazzo. Il film, molto autobiografico, è interpretato dallo stesso regista, giovane e bellissimo, nella parte di un regista che scrive al suo attore preferito, momentaneamente in carcere, le sue ricerche nell’ambiente gay parigino di un personaggio che possa sostituirlo. Con questa scusa l’autore riesce a descriverci molto bene l’ambiente e la vita omosessuale di quel periodo, regalandoci anche scene di sesso assai esplicite e una interessante intervista alla madre.

Oggi è stato presentato anche il primo gruppo dei cortometraggi in concorso, come dicevamo sopra, in una sala completamente esaurita e con un pubblico severo e particolarmente attento e partecipe. Diciamo severo perchè applaudiva solo i corti di suo gradimento (basandosi molto sulla tematica affrontata) lasciando chiudere in un gelido silenzio gli altri (praticamete 5 si contro 2 no). A noi questi corti sono sembrati in realtà dei piccoli interessanti film, tra i quali spiccano per intensità “My Little Boy” (il più applaudito) con due splendidi giovani che vivono il loro ultimo incontro d’amore mentre inizia la persecuzione nazista, “Shugar Shank” che ci racconta il tormento di un amore lesbico non corrisposto all’interno di una nascente band, “Godkank” intenso dramma che si svolge tra un ragazzo represso e una coppia di amanti che vogliono sedurlo per poi ricattare la madre. Il corto ha poco di gay, ma è un ritratto molto efficace dell’ambiguità e della prepotenza giovanile, emblema di una società corrotta e violenta. L’ultimo che ci piace ricordare, anche se rimasto privo di appalusi, è “Amar” su un intenso rapporto d’amore etero dove la ragazza penetra per la prima volta il suo amato ragazzo usando lo strumento che questi gli ha appena dato come regalo. Vi ricordiamo che tutti questi corti saranno in replica il 26 aprile, ulimo giorno del festival.

ALCUNE IMMAGINI DELLA SERATA

La regista Pratibha Parmar
Pratibha Parmar, Simone Morandi (Fourlab)
Il regista Stefan Westerwelle

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