THE BEiRUT apt (l’appartamento di Beirut)
Lebanon, Spring 2007
Dopo la guerra contro Israele, il Libano è diviso. Gli Hezbollah puntano al governo, rappresentando la risposta più decisa al sionismo e all’Occidente. Crescono così i valori più conservatori, omofobia compresa. L’articolo 534 del codice penale vieta l’omosessualità, la psicologia e la psichiatria sono considerate la cura contro questa “malattia”, e spesso tutto è permesso per preservare l’onore famigliare.
Eppure qualcosa si muove, e a Beirut nasce la prima organizzazione del mondo arabo per i diritti di gay e lesbiche.
Al centro di questa spaccatura cinque videomakers daranno voce – e dei volti – al cambiamento, in un appartamento dove le parole non temono la luce del giorno.
Una nuova Produzione Dal Basso presentata dal Collettivo Don Quixote, associazione torinese che dal 2002 realizza documentari e reportage fotografici.
Con una quota di 10€ è possibile sostenere il progetto diventandone co-produttori, per ricevere poi una copia del dvd quando questo sarà pronto (agosto).
Viaggiando attraverso Israele lo scorso agosto, durante la guerra contro il Libano, ci siamo resi conto che il conflitto di identità che dissangua il Medioriente da quasi 50anni assume una dimensione ancora più delicata quando entra in gioco un’ulteriore identità, quella omosessuale. Alcune identità hanno un peso particolarmente ingombrante nella nostra vita, e ci condizionano quotidianamente. In Fuorifuoco ogni personaggio ha un rapporto diverso con la propria identità etnico-politica da un lato, e con quella di orientamento sessuale dall’altro. Lior accetta la sua identità di israeliana con fervore, tatuandosi una stella di David sul corpo e dichiarandosi pronta a morire per Israele. Mor ne è schiacciata, sente il bisogno di evadere dal suo mondo per l’India o la Thailandia, ma anche lì, in mezzo ad un gruppo di coetanei, teme che le vengano rinfacciate tutte le colpe di Israele. Raafat ha una forte coscienza politica, chiede la liberazione della Palestina e una maggiore educazione per gli arabi israeliani, ma allo stesso tempo chiede di non essere categorizzato come arabo, come palestinese, come gay. In mezzo a tutto questo bisogna fare i conti con le proprie famiglie, siano esse ortodosse o musulmane, e con il ruolo schiacciante esercitato dalla religione.
Se questo è quello che abbiamo visto in Israele, perchè non attraversare il confine alla volta del Libano? La terra dei cedri rappresenta lo stato arabo più contraddittorio in assoluto. Vi convivono 18 confessioni religiose, e un modello di democrazia del tutto peculiare. Che spazio trova in tutto questo la laicità, e che spazio potrebbe trovare la questione dei diritti degli omosessuali? In una terra di contrasti, dove gli sfrenati costumi occidentali convivono con l’integralismo islamico dei sunniti Hezbollah, cosa significa essere gay o lesbiche?
Abbiamo intenzione di chiederlo ai ragazzi di Helem a Beirut, la prima associazione lgbt del mondo arabo; ai redattori di Barra, l’unica rivista gay di tutto l’Islam; alla dottoressa Brigitte Khoury, psicologa che a differenza dei suoi colleghi non usa l’elettroshock per curare l’omosessualità, bensì pratica la teoria dell’autoaffermazione del sè; a Jussef, vistosa drag queen proveniente da una rigida famiglia musulmana; alla proprietaria di un hotel a Damasco, frequentato da anonimi clienti omosessuali; a tutti i ragazzi e le ragazze che vorranno passare dall’appartamento di Beirut per lasciare il loro contributo.
L’appartamento di Beirut è un nuovo modo di documentare una realtà difficile. In un Paese dove l’omosessualità è illegale, lo è anche parlare di omosessualità. L’appartamento si propone di diventare una terra di mezzo, un luogo dove raccontare di sè in scioltezza quando ciò non è possibile in un luogo pubblico.
Dal sito del regista Daniele Salaris
Ultime due date della presentazione del progetto: