Una eccezionale prima visione in DVD, questo “AKA, le bugie sono come i desideri” di Duncan Roy (del quale vedremo presto il suo ultimo film un “Ritratto di Dorian Gray”, molto gay) che ci aveva già stupiti al festival del cinema gay milanese e che ora ci stupisce di nuovo in questa edizione in dvd della Dolmen (serie Queer). Al festival ci aveva stupiti per l’originalità della rappresentazione, ma non solo, che divideva lo schermo in tre parti uguali, ognuno con una inquadratura differente della medesima scena o con scene collaterali, che ci permettevano, ad esempio, di seguire il personaggio parlante e nello stesso tempo di vedere le reazioni sul viso del personaggio che sta ascoltando, oppure di seguire contemporaneamente l’azione di due o più personaggi nello stesso ambiente. L’altro e più importante motivo che ci aveva stupito era la straordinaria qualità di un’opera, che univa una storia accattivante (basata su un fatto di cronaca reale) con personaggi molto bene indagati anche nello sviluppo psicologico, una fotografia bellissima, una musica (con tre canzoni da oscar) e una regia degni di un maestro del cinema. Difficile trovare al momento nelle sale un film che abbia le medesime qualità.
Appena abbiamo visto il dvd nei negozi ci siamo quindi precipitati ad acquistarlo, anche se pensavamo che non avremmo potuto trovarvi la stessa magia, perchè dividere in tre parti lo schermo televisivo, già piccolo di per sè, sarebbe stata una pesante limitazione all’efficacia dell’opera nel suo complesso. Ma la perplessità è durata solo il tempo di arrivare a casa e mettere il dvd nel cassetto del lettore, perchè quello che ci è apparso sullo schermo, non più tripartito ma con una normale unica inquadratura, è stato un film che ci ha sorpreso, se possibile, ancora di più della prima volta. Un perfetto montaggio e una visione a schermo unico e quindi più semplificata (soprattutto per chi deve leggere i sottotitoli) ci hanno permesso di entrare in una storia bellissima e intensa che difficilmente ci stancheremo di rivedere.
Il film è una pungente e impietosa analisi della società inglese negli anni ’70, una società dove la divisione delle classi è ancora molto forte, con una aristocrazia in piena decadenza ma proprio per questo arroccata e inespugnabile, circondata da una classe lavoratrice che ne subisce il fascino esteriore e rituale, pubblicizzato dai rotocalchi patinati, ma che vive in una profonda e quasi disumana rassegnazione, dove spesso la violenza e la disperazione conducono verso un’altrettanto implacabile degenerazione. Dean è un ragazzo 18enne che vive in una famiglia di lavoratori ed aspira a frequentare il college per migliorare la sua condizione. La madre, che lavora come cameriera in un ristorante frequentato dalla nobiltà, sollecita indirettamente le aspirazioni del ragazzo che però vengono quotidianamente mortificate con botte ed abusi sessuali dal patrigno disilluso e violento. Per una serie fortuita di casi Dean riuscirà, in maniera poco ortodossa, a realizzare temporaneamente il suo sogno di elevarsi socialmente, scoprendo però nel contempo che non è oro tutto quello che luccica.
Bellissima la soluzione, lasciata sperare per breve tempo, della storia d’amore tra i due ragazzi sottoproletari, Dean e Benjamin, quest’ultimo una marchetta americana che cerca solo una “sistemazione” economica, che poteva essere una rivincita dei “valori” e dei sentimenti nei confronti di una aristocrazia che ne è priva e che vive solo di se stessa e della sua sterile arroganza.
Il regista, o forse la realtà, sembra quindi impietoso verso chiunque cerchi di cambiare le regole, le categorie e le divisioni sociali. Anche all’aristocratico David, che in quanto omosessuale si sente di appartenere ad una categoria che potrebbe essere interpartes, e che è disposto a sacrificare tutto per un po’ di autentico amore, le cose non andranno meglio. Ma nel finale del film, che non possiamo certo raccontarvi, nel finale di questa storia che, come dicevamo è tratta da un fatto di cronaca realmente accaduto, qualcosa di positivo viene fuori, qualcosa che darà un senso e una “giustificazione” a questa bellissima parabola dei nostri tempi.
Qui sotto due immagini dal film