QUANDO IL DOPPIAGGIO VIENE USATO PER FARE CENSURA

Continua il dibattito su doppiaggio o sottotitolazione dei film. Un intervento che mette sotto accusa una possibile (e a volte reale) strumentalizzazione del doppiaggio. L’incredibile divieto a Lars Von Trier.

E’ di questi giorni la notizia (questa sì scandalosa) del divieto ai minori di 14 anni che la Commissione di revisione di primo grado ha affibbiato al film “Il Grande Capo” di Lars Von Trier, uno dei film più intelligenti in circolazione, con la motivazione che conterrebbe «una scena esplicita e chiaramente rappresentativa di un rapporto sessuale poco coerente con l’intero contesto narrativo e di carattere molto spinto e gratuitamente volgare». Guarda caso la scena (che vi mostriamo qui sotto) è contenuta proprio dentro la breve storiella gay del film. A noi risulta che la Commissione dovrebbe attenersi alle direttive vigenti che richiedono la proibizione ai minori nel caso che i film “possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, che contengano scene di violenza gratuita o pornografiche, che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza sesso religione o nazionalità (art.15 paragr.10 legge 6 agosto 1990 n.223). Non ci sembra ammissibile che invece la Commissione possa basare i propri giudizi sulla critica o la qualità artistica dell’opera in questione.
Ma nel nostro Paese la censura trova spesso i modi più “originali” e vari per intervenire, come risulta anche dalla lettera che Massimo Benvegnù ci ha inviato per continuare il dibattito sul doppiaggio dei film.

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A questa pagina trovate tutti i precedenti interventi
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Cari amici e amiche, appassionati, doppiatori, cultori della materia,

leggo sempre con interesse i dibattitti aperti sul doppiaggio cinematografico e televisivo in Italia, anche se ormai stanno diventando tutti uguali, con bordate a base di luoghi comuni come: “I film sottotitolati non li guarda nessuno!”, “Abbiamo i migliori doppiatori al mondo!”, “In Francia si può scegliere!”, “Se leggo dopo non riesco a guardare!”, etc. Perdonatemi quindi se mi permetto di scrivere anch’io qualche luogo comune sull’argomento, spero almeno con qualche spunto di originalità…

L’industria cinematografica e televisiva in Italia ha bisogno del doppiaggio. Pasolini diceva, quaranta anni fa, che abbiamo la borghesia più ignorante d’Europa (lo faceva dire ad Orson Welles, che si doppiava da solo in italiano), e sinceramente penso che l’improvviso sottotitolaggio totale di tutta l’offerta audiovisiva nazionale porterebbe a diversi sconquassi del mercato.

Detto questo, sta crescendo sempre più, grazie al Satellite, ai DVD, alle decine di festival cinematografici, il pubblico che apprezza la visione in lingua originale. E per fortuna.

Non bisogna secondo me opporsi al doppiaggio, bisogna opporsi al CATTIVO doppiaggio.

L’intervento di Mazzotta ci rende partecipi dei problemi, anche economici, del mondo dei doppiatori e dei sottotitolatori, in una giungla di contratti sottopagati, lunghe ore di lavoro, deadlines che pressano, budgets risicati, etc. etc. OK, però il problema rimane:
quando il pubblico da casa si accorge dell’errore, della castroneria, dello stravolgimento, significa che quel lavoro non è stato fatto bene. E se se ne accorge il pubblico da casa, come è possibile che gli ‘addetti ai lavori’ (i doppiatori come i committenti) non se ne accorgano? Ne sanno meno di noi?

Lasciando perdere le caratterizzazioni (voci più o meno stridule, accenti, toni diversi, etc.), vogliamo parlare delle traduzioni?

Ad esempio, una delle mie ‘guilty pleasures’ è la serie TV Friends, che nel doppiaggio RAI diventa una innocua serie da prime time, mentre l’originale contiene un linguaggio decisamente più adulto.

Perchè Rachel che dice a Ross “I’m not wearing any underwear” (non porto le mutandine) si trasforma in Italiano in “Sono tutta un bollore”?

Perchè l’invito dell’ospite Jean Claude Van Damme “to have a threesome with me and Drew Barrymore” (fare sesso a tre con me e Drew Barrymore) diventa “andare a giocare a golf con Drew Barrymore”?

Visto che gli esempi sono tantissimi, devo forse pensare che il doppiaggio viene usato per fare censura? O si tratta come dicono di ‘adattare le intenzioni dell’autore a quelle del mercato locale’?
Significa che Friends, che nasce in America come telefilm da 9 di sera per un pubblico adulto, in Italia deve diventare una serie da ragazzini per essere trasmesso alle 8 da Rai3? E chi glielo ha detto?
Chi li ha autorizzati?

E nota, stiamo parlando del fondamentalmente innocuo Friends – non di qualche serie ‘unpolitically correct’! Cosa potrebbe accadere con materiale più scottante, o scomodo?

Oppure devo pensare che il traduttore italiano non sa cos’è un ‘threesome’, e pensa che si tratti di un campo da minigolf?
D’altronde, gente che traduce la battuta di Chandler che consiglia all’amico attore Joey ‘to do like Good Will Hunting’ (‘di fare come quelli di Good Will Hunting, cioè di autoprodursi), e la rende così:
“di fare come il cacciatore bene intenzionato” – alla faccia del professionista dell’audiovisivo! Mi trovo a suppore che non solo non conoscono il cinema contemporaneo, ma neanche l’inglese!

Capisco benissimo i problemi della categoria – ma allo stesso tempo se guardo qualche programma sottotitolato sul satellite e mi accorgo dell’errore di traduzione, mi DEVO chiedere se questi signori sanno fare il loro mestiere. Possono arrivare tutte le scusanti che vogliono, soprattutto quella di avere poco tempo e pochi soldi a disposizione. Ma non penso che sia l’unica professione sottopagata d’Italia – penso, tristemente, al giornalismo… dove si leggon tante cazzate, ma anche tanti bravi sottopagati che fanno comunque bene il loro lavoro con sacrificio e dignità.

Quindi inviterei i traduttori/doppiatori, quelli bravi, a far valere la loro professionalità, e a fare il loro lavoro al meglio. Senza diluire i significati e senza fare strafalcioni linguistici. In Italia ci sarà sempre un pubblico che avrà bisogno di voi.

A Daniel e a tutti quelli che vogliono più sottotitoli e lingua originale, rispondo che vent’anni fa, quando ho iniziato ad appassionarmi al cinema, esistevano pochissime copie di film non doppiate in Italia (di solito quelle provenienti dal Festival di Venezia…) che si ammiravano in proiezioni carbonare in salette di periferia. Ed era un mezzo miracolo trovare una videocassetta in originale, a meno di non andare a comprarla a Londra, almeno fino all’apertura di qualche Feltrinelli International dove trovare, perfino, qualche rivista inglese, francese o americana!

Se penso che oggi c’è Sky, migliaia di DVD con doppio audio, e da casa mia mi posso leggere in santa pace il New York Times, guardare in streaming la CNN, non mi posso certo lamentare sull’offerta in generale di contenuti nella loro lingua d’origine. Col tempo potrà solo migliorare.

Lamentiamoci invece, da consumatori, quando il prodotto doppiato o sottotitolato che vediamo è fatto male. E in generale di un certo lassismo italico a base di ‘chissenefrega’, sia quando si tratta di sforzarsi ad imparare una lingua, sia quando un lavoro importante viene lasciato fare con pressapochismo.

Saluti,

Massimo Benvegnù

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Per intervenire nel dibattito scrivete a [email protected]
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Qui sotto la scena che ha determinato il divieto ai minori di 14 anni del film “Il Grande Capo”


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