IL DOPPIAGGIO DEI FILM: UN DANNO O UN VANTAGGIO?

Daniel N. Casagrande, direttore del Festival del Cinema Omosessuale di Venezia, ci scrive deprecandone l’uso. Un nostro redattore risponde in senso contrario. Il dibattito è aperto.

Gentile redazione,

come prima cosa mi complimento per la completezza e la tempestività con la quale segnalate, riportate e pubblicate tutte (o almeno, tante) news su cinema e cinema gay in particolare. Vorrei però muovervi un appunto: mi spiace leggere frasi come: “…assolutamente inediti e perfettamente doppiati in italiano…”. Io sono del parere che il doppiaggio (in particolare quello “creativo” italiano) andrebbe scoraggiato sempre e comunque, o quanto meno non incoraggiato o “idolatrato”.

Altri pezzi in passato riportavano i meriti di alcuni canali satellitari, rispetto ad altri, per aver doppiato certi prodotti anziché averli proposti nella loro sacrosanta integrità: quella cioè della versione originale sottotitolata (e mi riferisco agli articoli su Queer as Folk US, che “erano già stati trasmessi da Gay.tv, anche se solo in lingua originale coi sottotitoli”). “Solo”? Vogliamo dirla tutta?, grande Gay.Tv che li trasmetteva in originale con i sottotitoli (anche se spesso dettati da una scelta di contenimento dei costi), e non con quel becero doppiaggio che Jimmy ha commissionato per la serie americana (Emmet Honneycut, ad esempio, nella versione originale non ha una voce marcatamente femminea come invece i doppiatori italiani hanno deciso di dargli: scelte di questo tipo andrebbero pesantemente criticate!, per non parlare di alcune battute “ripulite” e rese meno hard rispetto alla versione originale)!

Personalmente poi sono stufo di vedere film, fiction, telefilm e quant’altro sempre costantemente ed inevitabilmente con le stesse fastidiose voci!, trovo imbarazzante sentire tutti i vecchi (in particolare quelli dei film iraniani) doppiati dalla voce di “nonno Simpson”!, sono stufo di sentire una voce inconfondibile come quella del doppiatore di Morgan Freeman, aggirarsi impunita nella Francia rivoluzionaria di Marie Antoinette di Sofia Coppola, son stufo di operazioni “creative” come quelle che attribuiscono un insopportabile accento romanaccio alle telefonate di “A est di Bucarest” di Corneliu Porumboiu: nel film parlano rumeno, non romano!!!

La maggior parte dei film d’essai o di nicchia non guadagnano un singolo spettatore ad uscire nelle sale in versione doppiata o con i sottotitoli! Io non pretendo che tutti si “adattino” ad imparare a leggere senza perdere la concentrazione dalle immagini, semplicemente rivendico la libertà di scegliere: in un paese civilissimo come la Francia (ma accade anche in Spagna, Belgio, ecc…), i film escono in doppia versione, ed uno può scegliere come meglio vederlo.

In Italia, anche in questo campo, siamo il fanalino di coda d’Europa, basta dare uno sguardo al mercato dei dvd per capirlo: il 50% dei dvd italiani riporta solo i sottotitoli in italiano per non udenti, come dire “tanto tutti gli altri se lo guardano doppiato, chi vuole i sottotitoli può tranquillamente adattarsi a leggere anche tutte le indicazioni per non udenti quali “cigolio di porta che si apre” o “musica romantica in sottofondo””. Per non parlare poi della delittuosa abitudine, tutta italiana, di ridoppiare i film: stanno scomparendo tutte le voce storiche degli anni ’30 ’40 ’50 e ’60! Se proprio devo vederla doppiata, pretendo di sentire la Garbo parlare con la voce di Tina Lattanzi, e non di Giuppy Izzo (tanto per fare un esempio “creativo”)! Perfino Grease di Randal Kleiser non è sfuggito a questa barbara pratica, il doppiaggio del 1978 è sparito per far posto ad una nuova imbarazzante versione targata 2002.

In Italia non c’è la minima cultura del sottotitolo al punto che una versione “director’s cut”, pur di non avere, anche solo in poche sequenze, la presenza dei sottotitoli sullo schermo (quelle cioè delle sequenze reintegrate dal regista) si decide di ridoppiarlo in toto, ad esempio come accaduto ad Amadeus di Milos Forman.

La tv non sfugge a questa logica: alcune serie già parzialmente doppiate da Italia 1, come Frasier o South Park, sono state interamente ridoppiate (dal primo episodio, sino a quelli inediti) dal satellitare Paramount Comedy. E chi in questi giorni nella sale non si è chiesto, vedendo ad esempio Babel di Alejandro González Iñárritu, “ma che voce hanno dato a quei poveri messicani?, sembrano dei deficienti!, i messicani non hanno quell’accento!”. Non ce l’hanno, ma per il doppiaggio italiano sì, i messicani parlano proprio come degli imbecilli, per il doppiaggio italiano siamo ancora ai tempi della Mamy di Via col vento doppiata come una “buona selvaggia” che si esprime usando i verbi solo all’infinito!

Che l’Italia sia ossessionata dal doppiaggio lo dimostra anche la scarsa pratica di girare i film in “presa diretta”: “tanto poi si doppia tutto, e se andiamo fuori sincrono per metà film – come nell’ultimo Le rose del deserto di Mario Monicelli – poco male, la gente non se ne accorgerà”.

Voi, proprio perché proponete un ottimo e lodevole servizio, dovreste cercare di non lodare forme discutibili di adattamento come il doppiaggio, non pretendo la pubblicazione di frasi come “assolutamente inediti, ma purtroppo doppiati in italiano”, ma almeno non leggerne l’inesistente risvolto positivo.

Sul doppiaggio poi si possono avere opinioni diverse, ma è indubbio che l’adattamento in un’altra lingua, sempre e comunque, stravolga un’opera, e questo, anche per rispetto agli autori dell’opera stessa, non andrebbe lodato e incoraggiato dagli addetti ai lavori e dai cinefili.

Queer as Folk (sia UK che US), tanto per rimanere in tema, è stato trasmesso dalla televisione di stato slovena (come tanti altri film e telefilm) in versione originale con i sottotitoli. Possibile che noi italiani siamo così stupidi da non poter imparare a leggere mentre guardiamo un film?, si tratta solo di abitudine!! Penso che almeno il satellite certe scelte coraggiose e rispettose potrebbe e dovrebbe prenderle.

Con stima ed affetto.

Daniel N. Casagrande

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Gentile Daniel,

anzitutto grazie per i complimenti che speriamo di potere continuare a meritarci.
Il problema che sollevi è annoso e spesso divide in due fazioni gli spettatori. Sono d’accordo anch’io che un film doppiato è come se fosse un’altro film, molto simile, ma altro. La voce, il timbro, le intonazioni, le sue modulazioni, sono una parte fondamentale dell’interpretazione e possono contribuire in modo determinante alla riuscita o meno dell’opera nel suo complesso. Il problema nasce quando la lingua parlata nel film non è la nostra o almeno non ne abbiamo una sufficiente padronanza, e quindi ci perdiamo moltissimo di quanto sopra specificato.

Sia chiaro che, piuttosto di niente, ben vengano i film originali coi sottotitoli, sia al cinema che in tv, anche se purtroppo sappiamo benissimo che questi resteranno un prodotto di nicchia. Mentre noi oggi abbiamo l’urgenza di fare conoscere le nostre storie al pubblico più vasto possibile, un pubblico che fino a ieri non sapeva quasi della nostra esistenza e al quale ora chiediamo addirittura di appoggiare le nostre rivendicazioni. Nessuno può appoggiare o condividere quello che non conosce. E non penso nemmeno che possiamo permetterci il lusso di attendere che il pubblico impari ad apprezzare il film coi sottotitoli.

Ma poi siamo così sicuri che il film sottotitolato sia veramente la soluzione migliore, almeno fino a quando non saremo tutti poliglotti?
Analizziamo un attimo come viene fruito dallo spettatore un film in lingua originale coi sottotitoli.
Mentre si legge il sottotitolo non si possono seguire le espressioni del viso della persona che sta pronunciando quelle parole, quindi si perde qualcosa delle immagini.
Le traduzioni scritte nei sottotitoli sono parziali, spesso riassuntive, perchè sia lo spazio sullo schermo che il tempo di lettura non permettono sempre una traduzione letterale completa, quindi si possono perdere parole e sfumature gergali.
Spesso mentre stiamo leggendo la frase detta da un personaggio, sullo schermo sta già parlando un’altro attore e rischiamo di non capire più chi ha detto cosa. E se non siamo più che veloci può capitarci di vedere cambiare il sottotitolo prima che siamo riusciti a leggerlo completamente.
Per non parlare poi di quando, al cinema, devi fare i contorsionismi per riuscire a superare la schermature delle teste che sono nelle file davanti. Il risultato finale è quello di una stanchezza doppia, di non essermi goduto buona parte delle immagini e di avere perso anche parte di quello che gli attori hanno detto e soprattutto di come l’hanno detto (perchè io in quel mentre stavo leggendo).

Mi spiace dirlo ma credo, personalmente, che questo non sia cinema, non sia godersi un film, non sia lasciarsi trasportare dentro le immagini e la vicenda. E’ solo un assaggio del film, una specie di spot lungo purtroppo quanto il film. Ultimamente mi è capitato di vedere Shortbus prima coi sottotitoli, poi doppiato. La prima volta avevo intuito che era un buon film, la seconda volta (che in realtà mi sembrava la prima) mi sono trovato davanti a un piccolo capolavoro.

Come ci troviamo invece davanti a un film doppiato? Se il film è doppiato bene in pratica potremmo non accorgerci nemmeno che è un film doppiato. Ci sono stati casi in cui il regista stesso del film ha detto che il doppiaggio era meglio dell’originale.
La tua critica al fatto che ti capita di sentire sempre le stesse voci, potresti farla anche al fatto che in tanti film si vedono sempre gli stessi attori (e quindi le stesse voci). Se un attore è bravo fa sempre piacere rivederlo, lo stesso dovrebbe essere per un bravo doppiatore. Il cinema in fondo è un gioco, un gioco di finzione, con le sue regole e i suoi trucchi, che richiedono una certa complicità anche da parte dello spettatore.

Volendo concludere, posso solo dire che invidio quelli che riescono a godersi un film coi sottotitoli, ma che purtroppo non è il mio caso e penso che non lo sia nemmeno per la grande maggioranza degli spettatori italiani se confrontiamo, quando viene offerta questa possibilità, quanti sono quelli che vanno a vedere lo stesso film nella versione doppiata o in quella originale. Quando mi è capitato di fare questa scelta, del film originale, mi sono accorto che la grande maggioranza (delle poche persone presenti in sala) erano poliglotti, che quindi non leggevano nemmeno i sottotitli, a cui si doveva aggiungere qualche studente (che univa l’utile al dilettevole) e solo pochissimi, come il sottoscritto, erano cinefili appassionati della purezza filmica.

In Italia, come dicevo sopra, abbiamo bisogno che il cinema omosessuale non rimanga un prodotto per pochi, ma che sia fruibile dal maggior numero di persone possibili. Moltissimi, nella mia famiglia tutti, quando in tv vedono un film coi sottotitoli cambiano subito canale. Se poi aggiungiamo che oggi la tv satellitare, come i DVD, offre quasi sempre la possibilità di vedere i film anche in lingua originale, il problema è risolto.

Potrebbe invece essere un’automutilazione escludere di partenza il doppiaggio, privandoci della grande maggioranza del pubblico tv. Nel nostro paese siamo abituati al cinema doppiato, una scelta fatta negli anni ’30, proprio per rendere il cinema fruibile dalla grande massa. Questa tradizione ha prodotto in Italia una delle migliori scuole di doppiatori, che molti paesi ci invidiano, anche se ora, come giustamente rilevi, sembra qualitativamente in declino. Nei paesi dove questa tradizione non esiste, vedi gli USA, i film stranieri circolano pochissimo e male, sono e restano un prodotto di nicchia. E quando vogliono farne vedere uno, lo rifanno completamente (sic!).

Il cinema non è come l’opera musicale, dove puoi tranquillamente leggere il libretto mentre ascolti la musica, tanto la scena cambia ogni mezz’ora, e i volti dei cantanti li puoi vedere solo col binocolo. Il cinema è fatto di immagini che cambiano continuamente e che non puoi perderti, così come di espressioni sui volti che devi seguire attentamente se vuoi capirne i sentimenti. Il cinema è sogno, e non ho mai visto nessuno sognare e leggere nello stesso tempo. Ma forse anche questo è opinabile.

Con simpatia e stima

Gianco Mangiarotti

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Se qualche lettore vuole intervenire nel dibattito può scriverci le sue opinioni a questo indirizzo [email protected]. Provvederemo subito ad inserirle in questo spazio.

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Il doppiaggio ( se fatto bene ) aggiunge un plusvalore ai telefilm e ai film

Una doverosa premessa:io se devo leggere “ Guerra e pace” di Tolstoj non lo leggo in Russo ma preferisco una buona edizione con ( se possibile) una buona traduzione.

Ma senza andare a scomodare i classici Russi, di qualsiasi lingua si tratti se esiste una versione Italiana scelgo quella.

E questo vale anche per i film.

Il doppiaggio è per sua natura traditore, si dirà, ed è oggettivamente vero. Ma a parte la praticità e l’immediatezza rivolta a un pubblico eterogeneo di cui si è già discusso, a volte un edizione Italiana è indispensabile.

L’autore quando crea un’opera si rivolge a un suo pubblico, ci dialoga, gli strizza l’occhio, gli propone un certo linguaggio che non sempre è universale ( per via di modi di dire, abitudini culturali, ecc…).

Pensate a un film di Totò all’estero. Chi capirebbe l’espressione “ Guarda Omar quant’è bello, spira tanto sentimento.” ? Un doppiaggio è d’obbligo, in questi casi.

Ma all’inverso in un film con Groucho Marx questo deve sigillare una lettera e dice al fratello:”Give me the seal!” ( Seal in Inglese vuol dire sigillo ma anche foca) E il fratello gli porta una foca! In Italiano per poter mantenere il gioco di parole visivo venne doppiato con : “ Focalizziamo!”

E’ assolutamente vero che esistono doppiaggi sciatti o quantomeno ingenui, ma non ritengo che siano la maggioranza.

Purtroppo , oggi, a differenza degli anni 40, si deve fare i conti con una realtà industriale fatta di innumerevoli emittenti tv e satellitari, videogiochi, dvd ecc…che impone una lavorazione a ritmi serratissimi che ha contribuito, talvolta, a un appiattimento qualitativo.

La politica della concorrenza spietata, l’appalto al prezzo più basso, un atteggiamento sindacale discutibile e la scarsa considerazione degli imprenditori e distributori su questa questione rischiano di incrinare il primato Italiano dei migliori doppiaggi.

Fortunatamente accostamenti eccessivi e assurdi come Tina Lattanti e Giuppy Izzo non esistono: è solo un paradosso provocatorio.

Le serie di Frasier e South Park, per la cronaca, non sono state completamente ri-doppiate: tutt’altro! Il doppiaggio, da un certo punto in poi, è stato cambiato e sono state sostituite le vecchie voci solo per un motivo economico.

Un buon doppiaggio, si sa, costa. A volte se ne fa anche a meno: molto meglio spendere soldi in altro modo che doppiare un film. Proprio per questo motivo , contrariamente a quanto si dice, da alcuni anni tantissimi film vengono girati in presa diretta.

Tanto se a parlare è la stellina di turno e non sa spiccicare due parole in fila, che importa? Però la stellina che è innalzata a prima attrice ha una paga stratosferica, il doppiatore che ( eventualmente) deve rimediare alla sua recitazione è tanto se piglia cento euro!

Ci sono anche casi di pessimo doppiaggio: voci sbagliate, adattamenti raffazzonati, scelte di direzione ingenue e via dicendo…Ma, a mio avviso, a volte la colpa è del disinteresse del committente. A volte ci si affida a professionisti sbagliati: magari anche bravi ma non abbastanza da cogliere l’atmosfera di un certo film. C’è chi è bravo a dirigere il doppiaggio di cartoni animati, chi di film d’amore e chi di film a tematica omosessuale, per esempio. Ma senza creare assurde divisioni c’è chi è bravo a fare tutto! Basta cercarlo e..pagarlo il giusto. Però alla voce “doppiaggio” il portafoglio langue sempre.

Eppure lo sapete quanto guadagna un doppiatore? 67,32 euro ogni tre ore di lavoro, più 2,14 euro ogni riga di copione che legge! Molto meno di tanti attori che imperversano a Natale, tanto per dirne una, ma probabilmente più bravi.

Per concludere , va da sé che sono favorevole alla scelta di poter vedere i film ANCHE in lingua originale ,se si vuole, ma ritengo che un’opera dell’ingegno ( telefilm, film, libro, fumetto…) debba essere usufruita da tutti e nel modo più consono. Il doppiaggio ( se fatto bene ) assolve egregiamente questo compito e aggiunge un plusvalore ai telefilm e ai film.

Fabrizio Mazzotta

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NON DOPPIARE

Ma come? Ma se in Italia abbiamo i migliori doppiatori del mondo!
Certo, è quello che piace pensare in Italia, soprattutto ai doppiatori.
Sicuramente i nostri doppiatori sono dei professionisti, ma si tratta di professionisti che molto spesso non hanno mai messo piede su un set cinematografico, ora non voglio arrivare a dire che si tratta di una scelta di ripiego per arrivare a fine mese e pagare l’affitto ma…
A proposito di SHORT BUS, spero che Gianco Mangiarotti abbia voglia di scherzare. Anche io ho visto il film una prima volta in VO e una seconda volta doppiato. Che dire, in Italiano era a dir poco grottesco.
Ma vogliamo veramente pensare che il lavoro di due anni di John Cameron Mitchell e dei suoi meravigliosi attori possa essere ‘reso’ in pochi turni di doppiaggio? Ma se così fosse invito simili mostri di bravura a non rimanersene nell’asfittica realtà italiana e a salire in massa sul primo jet diretto a New York, hanno una carriera assicurata.
E che dire di Brokeback Mountain? Il personaggio di Ennis è stato completamente manomesso dal doppiaggio. In versione originale Heath Ledger esibisce una recitazione dolente, trattenuta, dolorosa. E in Italiano? Ogni sillaba è cristallina, enunciata per raggiungere anche il più duro d’orecchio fra gli spettatori. Questi sono solo due esempi del malcostume italico di ri-leggere e re-interpretare film che andrebbero apprezzati come sono stati concepiti e girati. Ma che importanza ha capire ogni singola sillaba quando si tratta semplicemente di una copia carbone sbiadita e non dell’originale? Avete presente NON E’ PECCATO? Un film bilingue girato in spagnolo e inglese viene proposto al pubblico italiano interamente doppiato in italiano. Scelta interessante per rappresentare lo scontro tra due culture così impermeabili tra loro.
Eviterò di addentrarmi nel museo degli orrori degli attori bambini doppiati da donne ormai ben oltre gli anta… ma vorrei osservare un minuto di silenzio in memoria delle vittime del re-mixaggio. Nelle versioni italiane, musica ed effetti sonori vengono drammaticamente abbassati rispetto all’originale perchè quello che si deve sentire è ogni singola inflessione, sospiro e fremito della recitazione da filo-drammatica dei patri doppiatori, conferendo così, alla già straziante esperienza di vedere un film doppiato, un’estraniante atmosfera da stazione orbitante. D’altronde Kubrick c’insegna che nello spazio profondo non ci sono rumori.
Vorrei concludere chiedendo, ma ve li immaginate Totò, Sordi, Tognazzi, Gassman doppiati in un’altra lingua? No? Appunto.

WMC

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IL DOPPIAGGIO IN ITALIANO SERVE AD AVVICINARE UN PUBBLICO PIU’ VASTO

E’ interessante chiedersi perché al signor Casagrande dia fastidio il commento (citato più volte) “Film assolutamente inediti e perfettamente doppiati in italiano” senza mai citare la serie di film che ha ricevuto questo (meritatissimo) commento dalla redazione di cinemagay.it, ovvero “Funny and Gay” la serie di film che Simone Morandi porta ogni venerdì sera sul canale SkyShow.
Perché?
Non si sa, intanto lui coglie il pretesto per farne una battaglia etica e bisbetica sul sottotitolo.
Cerchiamo di spiegare al signor Casagrande il valore del doppiaggio in un’operazione simile.
Punto uno: Siamo su un canale satellitare (non in sala) e il pubblico è libero di scegliere di vedere il film in lingua originale sottotitolato o (premendo un comodo tasto sul telecomando) il film doppiato in italiano.
Punto due: Siamo su un canale d’intrattenimento specificatamente “comico”, non in un cinema d’essay, chi propone i film deve quindi tener conto di ogni tipo di pubblico, anche quello (in italia la maggioranza) che preferisce i film doppiati.
Punto tre: Se il doppiaggio in italiano serve ad avvicinare film così sensibili alle tematiche gay , che non avrebbero avuto nessun’altra possibilità di visione, ad un pubblico più vasto, mi sembra solo una scelta che meriti la lode, non un cavillo a cui aggrapparsi per affermare la supremazia del sottotitolo.
Siamo tutti d’accordo con te, il film in lingua originale è meglio, ma qui si cerca di uscire da un ghetto, di avvicinare il pubblico, non di respingerlo.
A proposito di ghetto, trovo molto più avvilente di un film doppiato in italiano, una rassegna “collaterale” gay al festival di Venezia, o la pretesa di avere un premio ufficiale al “miglior film gay”, non siamo un genere collaterale, non siamo un panda da salvare, basta con questa voglia di ghetto.
Avrei concluso.

Giovanni Franci

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L’IMPORTANTE E’ CHE ARRIVINO AL PUBBLICO

Punto fermo di partenza: se fossi poliglotta mi vedrei tutti i film in lingua originale.

Detto questo ammetto che quando ho disponibili le varie opzioni, come ad esempio nel caso di una visione DVD in casa, pur facendo qualche passaggio veloce in lingua originale per rendermi conto delle voci “vere” e “sentire” il film più intensamente, me lo vedo praticamente tutto doppiato in italiano, e questo semplicemente perché è più comodo e alle comodità è difficile rinunciare se ci sono.

Non sono comunque contrario, anzi ne sono un sostenitore da sempre, ai film in lingua originale sottotitolati e quando, come nel caso di alcuni titoli della linea Queer, mi capita di doverli vedere per forza non ne sono affatto infastidito e per assurdo sotto sotto ammetto di esserne contento perché in questi casi la pigrizia non può prendere il sopravvento e non posso fare diversamente.

Certo è innegabile che molte, troppe volte il sottotitolo è ridotto all’osso ma per me rimane sempre una piacevole visione e ormai mi sono abituato e mi pare di non perdere poi tanto di quel che accade sullo schermo (e se proprio qualcosa mi sfugge mi basta rivedere la scena… certo cosa questa che non è possibile al cinema).

I doppiatori italiani sono sicuramente bravi, sono dei professionisti, hanno delle voci (per noi) bellissime, che a volte ci sembrano più belle di quelle degli attori stessi, ma senza volerlo appiattiscono le pellicole rendendole tutte “italiane”, e non tanto perché parlano in italiano, ma perché cadenzano e parlano come italiani facendo perdere ai film molti particolari che potremmo chiamare etnici o quantomeno caratteristici della personalità dell’attore doppiato.

Questa cosa comunque accade anche in altre nazioni e probabilmente è inevitabile, avete mai visto un film doppiato in spagnolo? Con quelle voci femminili così particolari e così “spagnole” appunto? Ecco, qualsiasi pellicola doppiata viene permeata dalla educazione personale del doppiatore italiano, spagnolo o di qualunque parte del pianeta sia, che recita la sua parte rendendo il suo personaggio più vicino al pubblico delle sale del suo paese, ma non sempre altrettanto vicino all’originale.

La mia sentenza finale? Sarebbe bellissimo poter scegliere, ma visto che già è un miracolo poter vedere certi film io dico che l’importante è che arrivino in qualche modo al pubblico, se anche doppiati tanto meglio, e la mia pigrizia mi farà scegliere questa opzione, ma se il doppiaggio non c’è o costa troppo nessun problema, ben vengano i sottotitoli, per me l’importante è rendere accessibile in un modo o nell’altro più materiale possibile a un pubblico più vasto possibile, e a quel punto ognuno di noi sceglierà cosa e come vedere le opere che gli interessano miscelando le opzioni disponibili con le proprie preferenze.

Maurizio Giannini

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Quanta visibilità hanno i film stranieri sottotitolati?

Amo molto il cinema, vedo tanti film e acquisto molti DVD, quando escono solo in lingua originale sottotitolati li prendo comunque.

I film recitati nelle lingue che conosco, li guardo nella lingua originale, per gli altri leggo i sottotitoli perdendomi buona parte delle immagini, soprattutto la mimica dei volti; col risultato che non li apprezzo mai molto e sono costretto a rivederli + volte; questo si può fare stando in casa, al cinema sarebbe + complicato.

Auspico anch’io x lo spettatore la possibilità di scegliere tra il film originale e quello doppiato, come avviene in altre nazioni, ma in queste nazioni quanta visibilità hanno i film stranieri sottotitolati?
Spesso mi è capitato di assistere a Parigi a film italiani (che in Italia hanno avuto una buona accoglienza cinematografica) dove in sala si contano non + di dieci spettatori; anche negli Stati Uniti i film stranieri, salvo eccezioni; non hanno grossa distribuzione.

Non entro nel merito delle capacità dei doppiatori italiani su cui si è detto e scritto molto, ma il gradimento della voce data ai personaggi è un fattore personale, può piacere o disturbare quanto quella originale; nel doppiaggio si perdono sfumature, accenti, dialetti, inflessioni, ma la lettura dei sottotitoli penalizza la visione della pellicola.

Come disturba un doppiaggio mal eseguito, con voci non appropriate e fuori sincrono, altrettanto infastidisce una traduzione scritta non corretta, abbreviata o troppo lunga per cui non si riesce a leggerla tutta; non è mera pigrizia mentale!

Chi ha visto Shortbus solo in Italiano, almeno l’ha visto, se poi è interessato, potrà rivederlo nella versione originale quando uscirà in DVD.

Se si vuole dare ampia visibilità ad un film in lingua, è necessario doppiarlo (tra l’altro gli italiani sono gli ultimi in Europa nella conoscenza delle lingue), se invece s’intende il film un fatto elitario x conoscitori linguistici, si distribuisce nella lingua originale (non sono necessari i sottotitoli!)

Il mercato italiano, ben inserito nella globaliz. dei media, è dominato da pellicole sicure di grande diffusione, mentre trovano sempre meno possibilità di distribuzione i film definiti d’essai; ritengo più importante darsi da fare per fare circolare pellicole che non hanno visibilità, o che se distribuite rimangono non + di 3 giorni e in pochissime sale nelle grandi aree urbane.

Il cinema è in crisi, almeno la visione nei cinematografi, che perde sempre + consensi; è una soluzione proporre film in lingua originale sottotitolati?

Cordialmente
Ivo Fontanelle

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Prima di criticare bisogna conoscere

Caro signor Casagrande,
sono Georgia Lepore, una degli appestati doppiatori italiani che lei tanto detesta.
Mi spiace che lei si accanisca tanto su un argomento che evidentemente non conosce. Rispetto le opinioni di tutti (persino la sua), ma che siano supportate da una cosa che ritengo fondamentale, essenziale nella vita: l’educazione. Il suo intervento mi sembra arrogante, livoroso, presuntuoso (ma questo è solo un suo problema) e soprattutto poco competente (e questo può essere un problema per chi la legge).
Per parlare in quel modo di un lavoro che ha una sua ben precisa dignità e funzione bisogna conoscerlo, saperne. E a me, che lo conosco e lo faccio da trent’anni, sembra proprio che lei parli senza sapere.
Il mio amico e collega Fabrizio Mazzotta (stimatissimo professionista) ha già detto tutto ciò che c’era da dire.
Io avrei molto ancora da aggiungere, ma temo che questa volta la mia regola fondamentale di vita verrebbe meno. Quindi sa che le dico? Non ne vale la pena. Non le risponderò più a lungo.

cordiali saluti
Georgia Lepore

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Cara signora Lepore,

alias Gwyneth Paltrow, Kelly Macdonald, Nathalie Portman, Renée Zellweger, Cameron Diaz, Penélope Cruz, Courteney Cox, Heather Graham, Lucy Liu, Téa Leoni, Julie Delpy, Shannen Doherty, Penelope Ann Miller,, ecc…, ecc…, devo supporre non abbia avuto la pazienza e la cortesia di leggere attentamente il mio intervento prima di rispondere, altrimenti non lo avrebbe trovato “arrogante, livoroso e presuntuoso”, così come non lo avrebbe trovato poco “competente”, al contrario.

Nella mia lettera trova molti esempi concreti, risponda a quelli invece di trincerarsi dietro alle sue “regole di vita” e ad una finta educazione che dalla sua lettera certo non traspare. Sa signora Lepore, la mia era una critica alla categoria, i suoi invece erano insulti personali, io non mi sarei mai permesso di attaccarla personalmente, e sicuramente non con così poca classe ed eleganza, per di più senza motivare e dare un senso alle mie ragioni, sa, se qualcuno criticasse in modo tanto preciso, dettagliato e puntuale il mio lavoro, e la critica arrivasse da una persona che da 10 anni si occupa di cinema, che si vede 500 film all’anno, che si fa 8 festival nell’arco di 12 mesi, che ha tenuto lezioni di storia di cinema all’università, che ha scritto libri a riguardo, che fa parte del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici, che si è fatto due anni dietro le quinte lavorando nel mondo del teatro a contatto diretto con l’arte pura della recitazione, ecc…, ecc…, ecc…, non mi permetterei di liquidare con degli insulti le sue critiche, cercherei di capirle, e poi, ma solo dopo, deciderei se condividerle o cassarle (ma gentilmente e con classe)!

Crede davvero che quello che ho scritto sia “incompetente”?, beh, risponda concretamente a questo: non è forse vero, ad esempio, che le telefonate del film rumeno “A est di Bucarest” sono doppiate con un forte accento romano?, e chi ha deciso un intervento “creativo” di questo tipo?, l’autore del film è stato forse interpellato?, quale artistica e dignitosa ragione ha spinto il direttore del doppiaggio a scegliere un registro di questo tipo?, forse nella versione originale il rumeno delle telefonate somigliava a quello di Tor Vergata?

Sa, il film ho avuto il piacere di vederlo con uno dei maggiori critici cinematografici italiani (oltre che essere un caro amico), entrambi siamo usciti dalla proiezione infastiditi allo stesso modo dalla “qualità” del doppiaggio, anche lui è “arrogante”?, ed i critici di Film Tv Pedroni, Gervasini, Bocchi, Fittante che nelle loro recensioni spesso denunciano doppiaggi criminosi: anche loro “incompetenti, arroganti e presuntuosi”?

Le domande sono chiaramente retoriche, perché le risposte sono ovvie. C’è una presunzione di fondo tra chi fa il vostro lavoro: quella di credere che in pochi e veloci turni di doppiaggio, siate in grado di fare ciò che attori impiegano mesi a preparare. Ci sono fior fiore di attori che trascorrono settimane, se non mesi, per calarsi in un ruolo (come i Robert De Niro insegnano), immagino invece che i Ferruccio Amendola (pace all’anima sua!) non impieghino altrettanta paziente e costosa preparazione per doppiare il “Toro scatenato” di turno, e se lo fanno, beh, i risultati sono a dir poco scarsi!

Sa signora Lepore (e signor Mazzotta), io non ho nulla contro il vostro lavoro, che al contrario di quanto lei crede e scrive, rispetto!, quello che non accetto e NON rispetto è essere costretto ad ascoltarlo senza alternativa alcuna, non avere cioè quella libertà di scelta che in altri paesi è garantita grazie alle doppie uscite.

Doppiate pure 600/700 film all’anno con le stesse 20 o 30 voci (la sua stessa carriera è lì a dimostrarlo: 1 VOCE per più di 12 ATTRICI di primissimo piano), non mi importa, purché, anche in questo paese, sia dato allo spettatore la LIBERTÀ di ascoltare le telefonate di “A est di Bucarest” in rumeno e con i rumori di fondo che il regista ed il fonico del film hanno deciso si dovessero sentire!

Con stima,

Daniel N. Casagrande
giornalista,
direttore Giornate di Cinema Omosessuale di Venezia,
direttivo Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani.

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Il diritto di sentire Rita Hayworth, anche con il suo tono stridulo e male impostato, senza dover sottostare alle imposizioni del doppiatore di turno

Trovo abbastanza avvilente e fastidiosamente partigiana l’alzata di scudi della signora Georgia Lepore sul tema del doppiaggio.
Sostenere che l’intervento del signor Casagrande, che si occupa di cinema da anni, sia maleducato, livoroso ed incompetente è quantomeno altrettanto maleducato e livoroso. Nessuno vuole detrarre meriti al doppiaggio, quando questo è ben fatto, ma perché arroccarsi su posizioni di difesa e negare i danni che lo stesso fa ed ha fatto in molti casi, quando questi sono sotto gli occhi (ed a portata d’orecchio) di tutti?
Noi amanti, fruitori e conoscitori (competenti, scusi la presunzione, signora Lepore) di cinema ci troviamo di fronte al prodotto finito, al film doppiato che esce in sala o nel canale satellitare che dirsi voglia. E negare che sempre più spesso ci si trovi di fronte ad esempi di doppiaggio vergognosi e che gettano fango anche sul buon lavoro fatto in moltissimi altri casi, è negare l’evidenza. Solo per citare uno tra gli ultimi casi, l’indecente accento “regionale” appioppato a Sean Penn nella versione italiana di Tutti gli uomini del re (era necessario? serviva a far capire all’Italia tutta che trattavasi di politico “del Sud?”.. peccato che di Sud degli Stati Uniti si trattasse, ma se l’intenzione era quella, mi attendo d’ora in poi di sentire tutti i film ambientati a New Orleans doppiati con un tocco di pugliese, o un’eventuale ridoppiaggio di Fargo con voci simil-trentine per rendere le inflessioni presenti nella pellicola). Del doppiaggio (innegabilmente) sciatto di Shortbus, si è già parlato, così come dei messicani di Babel, proposti nella versione italiana con un accento che faceva sghignazzare il pubblico in sala (fatto curioso, trattandosi non esattamente di una commedia), o di infiniti altri casi che è inutile stare a citare.
Ripeto, nessuno vuole svilire il lavoro dei doppiatori, quando è ben fatto, ma perché mettere la testa sotto la sabbia e far finta di non accorgersi di lavori di qualità inferiore o oggettivamente mal fatti?
Per quale motivo ho dovuto rivedere Mystic River in lingua originale per riuscire a capire perché l’interpretazione di Tim Robbins fosse stata (degnamente) incoronata da un Oscar, quando nella versione italiana la stessa mi aveva lasciato freddo ed interdetto?
Perché Scarlett Johansson ha dato una delle sue prove migliori in Match Point, ma vedendone la versione italiana ci si trova di fronte ad una voce dubbia e che in alcune scene letteralmente “parla per conto suo” mentre le labbra fanno tutt’altro se non addirittura starsene bellamente serrate?
Perché Heath Ledger in Brokeback Mountain adotta un tono di voce impastato, impacciato ed interiorizzato, forse di comprensione non facilissima ma di grandissimo effetto, mentre nella versione italiana ha una pronuncia tanto perfetta quanto anonima?
Personalmente, apprezzo moltissimo la voce della signora Lepore, mi sono affezionato alla “sua” voce di Penélope Cruz quando l’ho vista in Tutto su mia madre.. Ho accolto quindi con un certo disorientamento il film Vanilla Sky, in cui Georgia prestava la voce a Cameron Diaz; scelta obbligata, certo, essendo nel film presenti sia Diaz che Cruz, ed avendo la Lepore già doppiato più volte in precedenza anche la Diaz, ma è un piccolo esempio che evidenzia uno dei tanti limiti del doppiaggio, a prescindere dalla qualità dello stesso.
Il signor Casagrande stigmatizza l’uso della voce di “nonno Simpson” in numerosi film iraniani.. Come lui, io mi affeziono ed arrivo a riconoscere le voci dei doppiatori (come credo sia giusto), e pure io ho vissuto lo stesso senso di straniamento nel sentire la suddetta voce in Viaggio a Kandahar, o in un ruolo ultrasecondario in Cast Away (è il pilota dell’aereo su cui viaggia Tom Hanks al momento del naufragio); pure io ho vissuto lo stesso senso di straniamento nel sentire la vicina di casa di Harrison Ford e Michelle Pfeiffer, in Le verità nascoste, parlare con l’inconfondibile voce italiana di Cher. Pedanterie? Direi di no, le definirei piuttosto elementi che contribuiscono a distrarre durante la visione del film.
E questo solo per dire del doppiaggio in sé, senza volersi addentrare nella giungla della traduzione e dell’adattamento dei dialoghi, che in quanto “adattamento” non sono appunto l’originale. A volte son fedelissimi quanto più possibile all’originale, altre volte necessariamente e creativamente vincenti, altre volte penosamente e/o colpevolmente scorretti (esempio stupido? Danko, film non eccelso con Arnold Schwarzenegger in cui lo stesso interpretava un poliziotto russo; in un dialogo con Jim Belushi ad un certo punto si fa riferimento ad una 44 Magnum ed a “Dirty Harry” (l’ispettore Callaghan di eastwoodiana memoria).. Beh.. il Dirty Harry in italiano è stato tradotto “Larry Latrina”… Alla faccia! Cosa ci si può aspettare da un traduttore/adattatore di dialoghi che commette un errore tanto madornale? Chiunque abbia la benché minima conoscenza di cinema non avrebbe potuto commetterlo. E l’esempio è solo uno dei tanti che si potrebbero fare
Il sottotitolo ha anch’esso i suoi problemi, ma per favore, non tiriamo fuori argomentazioni del tipo “i sottotitoli devono necessariamente condensare i dialoghi e quindi non rendono tutte le sfumature di una frase”.. Come per il doppiaggio, esistono scuole per il sottotitolaggio, ovviamente più diffuse all’estero che in Italia, che insegnano a fare delle traduzioni opportune e leggibili, e soprattutto insegnano la scansione dei tempi e della lunghezza dei sottotitoli, in modo da evitare traduzioni troppo lunghe da leggere, o traduzioni che, ad esempio, permettano di leggere una battuta prima che la stessa venga pronunciata. Esistono ottimi sottotitolatori, e ne esistono di mediocri.
Così come per i doppiatori.
Quanto alla difficoltà di leggere i sottotitoli e seguire l’azione sullo schermo allo stesso tempo.. beh.. se ne dovrebbe dedurre che gli italiani sono un popolo svantaggiato rispetto al resto d’Europa, l’unico popolo che non riesce a leggere e vedere quel che accade sullo schermo allo stesso tempo? Spero ed auspico che non sia così, ed a riprova di ciò, basterebbe andare ad una qualsiasi proiezione di un qualsiasi festival cinematografico dove i film siano proiettati in originale con sottotitoli.. Mai sentito nessuno che si lamentasse della difficoltà di seguire ciò che accadeva sullo schermo. O basterebbe vedere ciò che accadde con La passione di Cristo o ciò che accade con Apocalypto.. Entrambi usciti sottotitolati. La passione di Cristo, con buona pace di chi vede nel sottotitolo un gadget da intellettualoidi spocchiosi o da film d’essai nonché uno spauracchio per il “grande pubblico”, fu il 4° film con maggiore incasso in Italia nella stagione 2003/2004, surclassando addirittura il cinepanettone Natale in India, ed è il 19° maggiore incasso in Italia dal 2000 ad oggi, avendo guadagnato al botteghino più di Spider-Man (1 e 2), o di La maledizione della prima luna, o di Troy, tanto per citare qualche titolo. Ed aggiungo, cotanto risultato per una pellicola NON SOLO sottotitolata, ma recitata in latino, greco antico ed aramaico, giusto per smentire chi vede nel sottotitolaggio un’opportunità di apprezzare la pellicola solo a patto di conoscere la lingua in cui viene proposta.
Concludo questo mio lungo intervento ricordando un’intervista di una delle più grandi doppiatrici, la celeberrima Tina Lattanzi (che, premetto, adoro). Le venne chiesto quali attrici amava di più doppiare.. Rispose che adorava doppiare la Garbo, che fu una sua sfida personale adattare la propria voce a quella di Greer Garson, ma.. poi disse “ah, no, la Hayworth non la sopportavo! Detestavo la sua voce, era stridula e male impostata. Io invece gliela cambiavo, la facevo più calda, la rendevo una donna fatale”.. Ma scherziamo? Credo di avere il diritto di sentire Rita Hayworth, anche con il suo tono stridulo e male impostato, senza dover sottostare alle imposizioni del doppiatore di turno.

Cordialmente,
Marco Busato

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Non bisogna secondo me opporsi al doppiaggio, bisogna opporsi al CATTIVO doppiaggio

Cari amici e amiche, appassionati, doppiatori, cultori della materia,

leggo sempre con interesse i dibattitti aperti sul doppiaggio cinematografico e televisivo in Italia, anche se ormai stanno diventando tutti uguali, con bordate a base di luoghi comuni come: “I film sottotitolati non li guarda nessuno!”, “Abbiamo i migliori doppiatori al mondo!”, “In Francia si può scegliere!”, “Se leggo dopo non riesco a guardare!”, etc. Perdonatemi quindi se mi permetto di scrivere anch’io qualche luogo comune sull’argomento, spero almeno con qualche spunto di originalità…

L’industria cinematografica e televisiva in Italia ha bisogno del doppiaggio. Pasolini diceva, quaranta anni fa, che abbiamo la borghesia più ignorante d’Europa (lo faceva dire ad Orson Welles, che si doppiava da solo in italiano), e sinceramente penso che l’improvviso sottotitolaggio totale di tutta l’offerta audiovisiva nazionale porterebbe a diversi sconquassi del mercato.

Detto questo, sta crescendo sempre più, grazie al Satellite, ai DVD, alle decine di festival cinematografici, il pubblico che apprezza la visione in lingua originale. E per fortuna.

Non bisogna secondo me opporsi al doppiaggio, bisogna opporsi al CATTIVO doppiaggio.

L’intervento di Mazzotta ci rende partecipi dei problemi, anche economici, del mondo dei doppiatori e dei sottotitolatori, in una giungla di contratti sottopagati, lunghe ore di lavoro, deadlines che pressano, budgets risicati, etc. etc. OK, però il problema rimane:
quando il pubblico da casa si accorge dell’errore, della castroneria, dello stravolgimento, significa che quel lavoro non è stato fatto bene. E se se ne accorge il pubblico da casa, come è possibile che gli ‘addetti ai lavori’ (i doppiatori come i committenti) non se ne accorgano? Ne sanno meno di noi?

Lasciando perdere le caratterizzazioni (voci più o meno stridule, accenti, toni diversi, etc.), vogliamo parlare delle traduzioni?

Ad esempio, una delle mie ‘guilty pleasures’ è la serie TV Friends, che nel doppiaggio RAI diventa una innocua serie da prime time, mentre l’originale contiene un linguaggio decisamente più adulto.

Perchè Rachel che dice a Ross “I’m not wearing any underwear” (non porto le mutandine) si trasforma in Italiano in “Sono tutta un bollore”?

Perchè l’invito dell’ospite Jean Claude Van Damme “to have a threesome with me and Drew Barrymore” (fare sesso a tre con me e Drew Barrymore) diventa “andare a giocare a golf con Drew Barrymore”?

Visto che gli esempi sono tantissimi, devo forse pensare che il doppiaggio viene usato per fare censura? O si tratta come dicono di ‘adattare le intenzioni dell’autore a quelle del mercato locale’?
Significa che Friends, che nasce in America come telefilm da 9 di sera per un pubblico adulto, in Italia deve diventare una serie da ragazzini per essere trasmesso alle 8 da Rai3? E chi glielo ha detto?
Chi li ha autorizzati?

E nota, stiamo parlando del fondamentalmente innocuo Friends – non di qualche serie ‘unpolitically correct’! Cosa potrebbe accadere con materiale più scottante, o scomodo?

Oppure devo pensare che il traduttore italiano non sa cos’è un ‘threesome’, e pensa che si tratti di un campo da minigolf?
D’altronde, gente che traduce la battuta di Chandler che consiglia all’amico attore Joey ‘to do like Good Will Hunting’ (‘di fare come quelli di Good Will Hunting, cioè di autoprodursi), e la rende così:
“di fare come il cacciatore bene intenzionato” – alla faccia del professionista dell’audiovisivo! Mi trovo a suppore che non solo non conoscono il cinema contemporaneo, ma neanche l’inglese!

Capisco benissimo i problemi della categoria – ma allo stesso tempo se guardo qualche programma sottotitolato sul satellite e mi accorgo dell’errore di traduzione, mi DEVO chiedere se questi signori sanno fare il loro mestiere. Possono arrivare tutte le scusanti che vogliono, soprattutto quella di avere poco tempo e pochi soldi a disposizione. Ma non penso che sia l’unica professione sottopagata d’Italia – penso, tristemente, al giornalismo… dove si leggon tante cazzate, ma anche tanti bravi sottopagati che fanno comunque bene il loro lavoro con sacrificio e dignità.

Quindi inviterei i traduttori/doppiatori, quelli bravi, a far valere la loro professionalità, e a fare il loro lavoro al meglio. Senza diluire i significati e senza fare strafalcioni linguistici. In Italia ci sarà sempre un pubblico che avrà bisogno di voi.

A Daniel e a tutti quelli che vogliono più sottotitoli e lingua originale, rispondo che vent’anni fa, quando ho iniziato ad appassionarmi al cinema, esistevano pochissime copie di film non doppiate in Italia (di solito quelle provenienti dal Festival di Venezia…) che si ammiravano in proiezioni carbonare in salette di periferia. Ed era un mezzo miracolo trovare una videocassetta in originale, a meno di non andare a comprarla a Londra, almeno fino all’apertura di qualche Feltrinelli International dove trovare, perfino, qualche rivista inglese, francese o americana!

Se penso che oggi c’è Sky, migliaia di DVD con doppio audio, e da casa mia mi posso leggere in santa pace il New York Times, guardare in streaming la CNN, non mi posso certo lamentare sull’offerta in generale di contenuti nella loro lingua d’origine. Col tempo potrà solo migliorare.

Lamentiamoci invece, da consumatori, quando il prodotto doppiato o sottotitolato che vediamo è fatto male. E in generale di un certo lassismo italico a base di ‘chissenefrega’, sia quando si tratta di sforzarsi ad imparare una lingua, sia quando un lavoro importante viene lasciato fare con pressapochismo.

Saluti,

Massimo Benvegnù
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Caro signor Casagrande,

mi scusi ma io HO letto il suo intervento per intero e non cambio idea sull’impressione che ne ho ricevuto.
E mi scusi ancora ma non credo proprio di essere stata maleducata nel mio intervento. Forte si, ma non maleducata.
Detto questo, penso di essere in grado (senza sciorinare un curriculum, cosa che ha fatto lei per entrambi) di riconoscere e distinguere un buon doppiaggio da un cattivo doppiaggio. E so molto bene quanto, ahimé, siano sempre più frequenti questi ultimi. Non creda che non ne soffriamo anche noi. Non creda che per noi non sia un cruccio fare in una settimana quello che “loro” hanno fatto in 18.
Ma converrà che la loro responsabilità è leggermente diversa dalla nostra. Noi abbiamo a disposizione solo la nostra voce là dove loro hanno il corpo, gli occhi, i silenzi (perché no?) in più per trasmettere tutto ciò che deve arrivare al pubblico. E siccome a noi è richiesto “solo” questo si pretende che si faccia in meno tempo. Si fa tanto parlare di arte, ma il tempo è denaro anche in questo campo, non ce lo dimentichiamo.
Certo, sono daccordo con lei che se la scelta del doppiatore, cioè della voce che ha la suddetta responsabilità, è infelice, allora è un gran peccato.
Ma non è “colpa” del doppiatore.
Noi siamo dei semplici interpreti (più o meno capaci, ma diciamo mediamente bravi) e rispondiamo a un direttore che a sua volta risponde a un supervisore designato dalla casa di distribuzione o dalla rete televisiva di turno. In tutto questo passaggio di cervelli (sul cui funzionamento, ammetto, non sono sempre d’accordo) lei capirà che può accadere che una serie divertente, acuta e brillante come Friends venga edulcorata ( è la rai che la vuole così. Siamo in Italia, sotto al Vaticano, il sesso a tre con Drew Barrymore non è contemplato..) oppure che si faccia l’infausta scelta di scambiare la Louisiana con la Calabria. Che pensa? Che io non sia saltata sulla sedia solo perché Massimo Rossi è un mio amico e di solito è molto bravo? Quello che cerco di spiegarle è che l’unica responsabilità che il doppiatore ha è usare la sua voce al meglio. Le intenzioni che deve avere, l’inflessione che deve avere, le parole che deve dire, non sono una sua scelta. Arriva a dialoghi già scritti da altri, con un direttore che ha le sue idee di interpretazione, e un supervisor che a sua volta ha le sue (a volte decisamente bizzarre, glielo assicuro).
Certo che i messicani di Babel facevano ridere perché sembravano genovesi, ma in sala con i doppiatori c’era un dialog-coach messicano (voluto dal fantasioso supervisor) che gli faceva sentire l’inflessione che dovevano avere… con i risultati che ben sappiamo.
Non scambi il mio intervento per una cieca alzata di testa in difesa del doppiaggio in generale. La stupirà sapere che io sono una “doppiatrice” anomala. Cerco di fare il mio lavoro al meglio, certo, ma vado a vedere i film in originale. Li compro in originale e scelgo l’originale sui dvd quando c’è la possibilità. E questo non perché disprezzi il doppiaggio, ma perché amo il lavoro degli attori e amo la lingua inglese che ho la fortuna di capire e parlare abbastanza da godermi il film. Molti di noi non fanno solo il doppiaggio sa? Nel suo intervento si chiedeva ironicamente se un doppiatore è mai stato su un set cinematografico… Si. Molti di noi ci sono stati eccome e molti ancora ci stanno. Come molti sono costantemente in palcoscenico. Ma questo non fa di loro dei migliori o dei peggiori doppiatori. Il doppiaggio non richiede solo un talento recitativo, è anche una tecnica di lavoro ben precisa e molto diversa da quella del cinema o del teatro.
L’aggettivo “incompetente” non è un insulto, signor Casagrande, l’ho scelto perché indica la “non-competenza” di qualcosa, cioè la non conoscenza e la non partecipazione. Diciamo che io conosco e partecipo un pò più di lei perchè conosco e partecipo da “dentro”.
Posso discutere con lei quanto vuole del cattivo doppiaggio (e non solo lo farei con piacere, ma mi accalorerei quanto lei) ma non qui magari.
Dovrei fare nomi e cognomi e non è elegante.
Solo non spariamo a zero sui doppiatori attribuendogli colpe, scelte, responsabilità che non hanno.
Alcuni non sono niente di che, o hanno solo una bella voce e la usano al minimo, d’accordo. Ma ce ne sono anche tanti bravi,che sanno fare il loro lavoro e molto bene, spesso in condizioni non ottimali. E se lei li ascoltasse con un orecchio meno condizionato dal rifiuto a priori sono sicura che ne converebbe con me.
Quanto all’esempio che ha fatto della mia carriera, mi spiace ma non calza. E’ vero che io ho doppiato quelle attrici, ma alcune di quelle le ho doppiate una volta sola, in un solo film, e quelle che ho doppiato di più non le ho neanche doppiate sempre. Come l’ha messa lei, 1 x 12, sembra che in giro, da anni, si senta solo me! Non è così.
La proporzione in alcuni casi è 1 film doppiato da me su 15-20 fatti da loro… che poi sono “migrate” verso altre colleghe, sempre per le famose scelte che non dipendono da noi ma dal cervello di turno..
( che magari ha avuto anche ragione, per carità, ma in qualche caso mi è veramente dispiaciuto..) Faccio un ultimo esempio proprio a proposito di “Vanilla Sky”. E’ stato il supervisor, messo di fronte al fatto che la Diaz e la Cruz erano entrambe attrici che avevo più o meno sempre doppiato, a decidere che io dovessi doppiare la Diaz. Non hanno detto a me “Scegli”…
Comunque.
Sono d’accordo sul fatto che ognuno è libero di scegliere come vedere un film. Quando ci viene richiesto , noi cerchiamo di doppiarlo al meglio. Chi non vuole sentirci, può andare al cinema che da la versione originale (pochi, ne convengo) oppure scegliere l’opzione della lingua originale sul dvd. E possiamo vivere tutti felici e contenti.

Torino è una città che amo molto e nella quale sono spesso venuta in turné con grande piacere…non è escluso che in un prossimo futuro venga a farmi offrire una cioccolata, davanti alla quale parleremo liberamente di cinema, doppiaggio e quant’altro, scoprendo di avere in comune molte più cose di quanto crediamo…

cordiali saluti
Georgia Lepore

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