Iniziata la notte scorsa la settimana della trasmissione “25a ora”, sul canale La7, dedicata al Festival del Cinema Gay & Lesbico di Torino. Una esperienza bellissima, sembrava di avere il Festival in casa, con Paola Maugeri, la conduttrice della trasmissione, che intervistava Giovanni Minerba, il direttore del Festival, negli intervalli del film “Dalla vita di Piero”, prima opera cinematografica della coppia, anche nella vita, Ottavio Mai – Giovanni Minerba (quest’ultimo anche protagonista del film).
Giovanni ha iniziato lamentandosi del fatto che ancora oggi, un film come “Il padre delle spose”, presentato in prima serata su Rai Uno, abbia sollevato proteste da diverse parti politiche, come se fosse stato trasmesso un film porno. Paola ha quindi sottolineato come doveva essere difficile 25 anni fa trattare questi temi e fare il lavoro che Giovanni, insieme al suo compagno Ottavio, hanno fatto.
Giovanni ha quindi raccontato come iniziò il loro interesse verso il cinema. Entrambi, lui e Ottavio, erano attivisti politici, dal 1977 militavano nel FUORI (Ottavio fu anche presidente del FUORI di Torino) e avevano in comune la passione per il cinema. Fu proprio dopo avere visto un film che presentava per l’ennesima volta gli omosessuali come delle macchiette stereotipate che, di fronte alla lamentele di Ottavio, Giovanni lo convinse a comperare una videocamera con la quale avrebbero potuto fare loro del cinema con personaggi gay veri. La possibilità era reale in quanto erano appena uscite sul mercato le prime videocamere che potevano permettere di fare cinema con poca spesa. Entrambi pensavano a questa possibilità come a un modo diverso di continuare il loro impegno politico, più che a una vocazione per l’espressione cinematografica in sè. Il primo film che fecero, “Dalla vita di Piero”, è stato proprio quello presentato questa notte durante la trasmissione, un film con molti riferimenti autobiografici, una intensa testimonianza sulla difficile presa di coscienza di un omosessuale che vive a Torino alla fine degli anni ’70.
Paola ha chiesto a questo punto come fu che Giovanni conobbe Ottavio. Ottavio faceva il taxista e Giovanni il macellaio. Una sera uscendo da una discoteca Giovanni incrociò lo sguardo di Ottavio che stava passando col taxi e fu amore a prima vista. Nel film l’unica differenza sostanziale con le loro storie è forse quella che Giovanni, nella sua storia reale, fece coming out, riconoscendo definitivamente la propria omosessualità, due anni dopo essersi sposato. Si era sposato, dopo essersi trasferito dalla Puglia a Torino, con una ragazza del suo paese. Nonostante conoscesse già le proprie inclinazioni sessuali, l’ambiente in cui viveva non gli aveva permesso di esprimerle e dentro di sè aveva pensato che magari il matrimonio l’avrebbe “guarito”. Dopo due anni, in cui aveva passato le notti “guardando il soffitto”, sentì che era impossibile continuare così, anche per il rispetto che provava per la ragazza che aveva sposato, e si decise a separarsi cambiando completamente vita.
Nel film, anche se non c’è il matrimonio, c’è comunque una fidanzata di lunga data, e uno dei momenti clou è proprio quando le dichiara la propria omosessualità (notare che nel film non viene usato questo termine – a quei tempi era troppo inusuale e forte – ma lunghi giri di parole, comunque chiari).
Un fatto curioso, e rimasto fino ad oggi misterioso, è stato quando presentarono la cassetta VHS del film al Festival del Cinema Giovani di Torino. Questi gli telefonarono dopo alcuni giorni, dicendo che la cassetta era scomparsa. Fortunatamente ne avevano un’altra copia e il film potè essere presentato al Festival, dove ottenne un grande successo, tanto che dopo pochi giorni ricevettero dal Festival Europeo, che allora si svolgeva a Lecce, la richiesta di fare un film di 15 minuti. Questo secondo film, che s’intitola “Messaggio”, fece poi un grosso scandalo al Festival di Lecce, proprio per il successo che anch’esso ottenne (Paolo d’Agostino scrisse su Repubblica che il film aveva ricevuto sette minuti di applausi).
Questa notte continua l’incontro con Giovanni Minerba negli intervalli del film “Inficiati dal male” (1984), primo documentario di Mai-Minerba. Il film parte da uno spunto di cronaca, il suicidio di una coppia di ragazzi omosessuali osteggiati dai famigliari e dalla società in Sicilia, che induce Giovanni a ritornare nel suo paese in Puglia dove inizia un dialogo col parroco ponendo domande sulla condizione degli omosessuali. Registrazione obbligatoria!
Qui sotto due immagini dalla trasmissione