In una intervista alla stampa cinese (trasmessa anche dalla tv di Hong Kong) Ang Lee ha detto che il suo film non voleva essere un’opera rivoluzionaria e nemmeno una critica alla società e non pensa di avere perso l’Oscar del miglior film a causa della tematica gay, nonostante che molti abbiano affermato che l’Academy non è ancora pronta a dare il massimo premio ad un film gay. “Ho voluto solo raccontare come si sentono due persone che si amano e che hanno paura” ha continuato il regista, “è molto fastidioso che le persone debbano sempre venire etichettate, le persone sono diverse, il mondo tutto è complesso, variegato e pieno di eccezioni che insieme compongono la sua straordinaria bellezza”. Ha poi aggiunto “anche i film devono essere diversi se vogliono rispecchiare la realtà, non possiamo accettare nessuna omologazione, è importante il diritto al dissenso”. Ha poi terminato affermando di essere rimasto molto deluso per il mancato premio del miglior film “abbiamo vinto ogni premio da settembre, ma abbiamo mancato l’ultimo, il più importante” aggiungendo che questo suo sconforto “fa parte della natura umana, ma non è solo per me stesso, è anche per tutti quelli che lo aspettavano con me”.
Il film è stato accolto molto bene a Taiwan e Hong Kong ed è invece stato proibito in Cina e nella Malesia mussulmana. Oggi la Cina non perseguita i gay ma l’omosessualità è ancora vista come un tabù e la censura del governo comunista impedisce ai media di mostrare contenuti gay, sebbene anche la psichiatria ufficiale cinese non consideri più l’omosessualità come una devianza. Nonostante ciò il giornale cinese più diffuso “China Daily” ha scritto, dopo l’assegnazione degli Oscar, che “Ang Lee è l’orgoglio della Cina in tutto il mondo, ed è la gloria della cinematografia cinese”. Precedentemente Ang Lee aveva affermato che gli asiatici sono più tolleranti degli americani riguardo alle tematiche gay. Ad esempio il “Banchetto di Nozze”, che raccontava di un gay cinese che si sposava per non deludere i genitori, vinse cinque premi Golden Horse, che sono gli “Oscar” cinesi. (AP)
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