“Dapprima fui molto spaventato: l’omosessualità è una delle più gravi trasgressioni della Torà. Ma accanto alla paura abissale provavo un piacere oscenamente sfrenato per aver scoperto simili sorgenti segrete. Durante le poche settimane che trascorsi in compagnia di Channa, il mio corpo conobbe brividi di piacere mai provati. Allora consideravo la cosa come un dono meraviglioso concesso a me in particolare. Nessuno intorno a me può provare un briciolo di questa gioia fisica che io provo alla vista del volto di un quindicenne. Nessuno tra i miei conoscenti può nemmeno immaginare che esista una cosa simile; io, del resto, prima lo ignoravo”. Nella cornice di Meah Shearim, il quartiere ultraortodosso di Gerusalemme, trasgressione e rigore della fede si scontrano in un dramma tutto interiore in cui il protagonista paga la sua spietata lucidità nei confronti di se stesso con l’accettazione di una maschera che lo relega in una solitudine senza fine.
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