Mi sono voltato verso di lui. Il mio amico. Khalid. Lui aveva gli occhi chiusi. E aveva il corpo rigido, freddo, distaccato dal mio. Il suo corpo era tornato a essere orgoglioso. Egoista. Aveva raggiunto il suo mondo originario. E ho capito. Khalid era il mio nemico. Io ero il suo nemico. Era scritto. Niente poteva cambiare quella fatalità. Ho chiuso anch’io gli occhi. Per prepararmi meglio all’ultimo combattimento. L’ultimo round. L’ultimo capitolo. Uno contro l’altro. Quello che seguiva era giustificato. Logico. È la legge, può esserci un solo vincitore. Quello che ne sarebbe scaturito era l’amore. L’amore cieco, senza Dio né madre a proteggerlo. Era la guerra. Senza parole. Fuori dal mondo. La guerra degli esordi. Al di là di me. Al di là di Khalid. E attraverso noi due ricominciava il combattimento primitivo, innocente, selvaggio, libero. Il ponte rotto era il nostro teatro. Senza spettatori. Senza regista. Il male era ancora in noi. Gli occhi chiusi, ognuno lo accoglieva a modo suo.
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