Zazie nel metrò

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Zazie nel metrò

Al suo quarto film, dopo un documentario, un thriller e lo scandalo de “Gli amanti” Luis Malle accetta la sfida di tradurre per il cinema il romanzo gioco di Quenau. Come racconta il suo co-sceneggiatore Rappenau, nell’intervista-extra presentata nel DVD, Malle voleva creare un parallelo cinematografico. Come il libro è una galleria di giochi linguistici il film sarà una galleria di giochi visivi, di citazioni linguistiche sul cinema: dissolvenze di tutti i tipi, slow motion, accelerazione, etc. La storia di Zazie lasciata per un giorno a Parigi con lo zio (Noiret) dalla mamma, diventa sullp schermo un’altra cosa. Nel libro Quenau usa una lingua inventata, molto divertente ma comprensibile per descrivere il mondo visto da Zazie. Nel film il punto di vista di Zazie si attenua, l’effetto della lingua tende a normalizzarsi e il punto di vista visivo diventa quello del regista. Non all’altezza del romanzo il film diverte incuriosisce, anticipa il discorso sul linguaggio proprio della Nouvelle Vague, e merita di essere visto, anche per un Vittorio Caprioli, al suo meglio, molto più considerato in Francia che da noi. (Federico Passi – icine.it).
Nel film il personaggio dello zio, interpretato da Philippe Noiret, lavora come travestito (drag queen) in un locale. Quando la bambina, ripetutamente e con decisione, gli chiede se è omosessuale, lo zio evade sempre la risposta cambiando argomento (anche se la cosa appare evidente).

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Bimbetta di 10 anni arriva dalla provincia a Parigi e scopre la città, i suoi strani abitanti, il suo traffico folle. Ma il suo sogno è un viaggio in metropolitana. Nello spericolato tentativo di trasformare la comicità verbale del romanzo (1959) di Raymond Queneau in buffoneria visiva, Malle casca in piedi. Da godere a frammenti, in mezzo a un disordine premeditato e a molte invenzioni. (Il Morandini)

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