Il film ha vinto il Teddy Bear al festival di Berlino 2004 come miglior film a tematica glbt per “la bellezza e onestà senza compromessi della sua storia e per il tenero ritratto dei suoi personaggi”. La storia parla di tre personaggi dall’equilibrio instabile: Sylvie, una transessuale, Mikhaïl, un immigrato russo, disertore della guerra in Cecenia e Jamel, un giovane magrebino che si prostituisce. I tre si incontrano e grazie all’amore reciproco, trovano un cammino di vita possibile. Nella seconda parte del film, i tre personaggi escono dalla tumultuosa vita parigina per andare a trovare la madre di Sylvie che ha una malattia incurabile. Si ritrovano così in una fattoria nel nord della Francia, in pieno inverno, per accompagnarla nei suoi ultimi giorni.
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Un film molto interessante, tenue e garbato nel raccontare la vita passata e presente dei tre uomini, in cui risulta impossibile non affezionarsi ai personaggi e alle loro storie. Sicuramente malinconico, come piacciono a me, ma anche vero e un po’ commovente. Mi è piaciuta la regia, le ambientazioni e gli attori, un pacchetto molto ben confezionato per essere francese.
Tre uomini (uno è un trans) con alle spalle un passato penoso, precipitati in un presente misero, ma proiettati verso un futuro migliore. Semplicemente stando insieme. Condividendo la vita così com’è, ma riempiendola d’amore. Un film che tocca nell’anima. Complimenti Lifshitz.
nonostante la lentezza (che non amo, ma che ritrovo spesso nei film “frandesi”), molto dolce!
Gran classe.
quanta dolcezza e delicatezza. e l’amore sopra tutto e tutti…
Bellissimo, bellissimo, bellissimo lo consiglio a tutti!
Confermo, un capolavoro.
Davvero molto bello. Lo consiglio fortemente, stupendi i personaggi, e i colori del film.
mi piacerebbe vederlo
Film meraviglioso. Mai una vicenda così “scomoda” era stata trattata con tanta dolcezza, purezza e rispetto. Mai un ménage à trois apparentemente così “precario” era apparso così possibile. Dopo “Presque rien”, Sébastien Lifshitz ci consegna un altro piccolo, grande capolavoro. Che dire poi di Antony che all’inizio della pellicola canta una toccante versione della sua “I fell in love with a dead boy” sulle immagini del corpo nudo di Stéphanie, trattato con garbo e delicatezza dalla telecamera? Credo che sublime sia la parola adatta.
stupendo… da vedere!