L’ultimo film diretto dall’attore Robert Duvall (ormai 84enne) si collega tristemente alle cronache italiane di questi giorni (ottobre 2018) che ci raccontano di un uomo cacciato da casa perchè gay. Succede anche nel film, un western contemporaneo, “Wild Horses” (titolo poco attinente alla storia raccontata, sarebbe stato meglio Wild Texas) doppiato in italiano e distribuito dall’encomiabile Netflix.
Dobbiamo dire subito che il film, scritto diretto e interpretato da Robert Duvall, ha diverse lacune, a partire da una sceneggiatura frastagliata (sottotrame senza conclusioni), interpretazioni assai deboli (soprattutto quella di Luciana Pedraza, moglie di Duvall e anche di alcuni indigeni, questi giustificati) ma ha anche momenti felici, forse troppo pochi per riscattare un film in gran parte mancato.
Tra questi ultimi mettiamo anzitutto il soggetto, un’analisi impietosa dell’omofobia che ancora domina nell’America rurale seppur benestante dei nostri giorni. Il film, se non si fosse diviso tra troppi segmenti inutili, avrebbe potuto essere un moderno Brokeback Mountain. Duvall interpreta l’anziano proprietario di un grande e fiorente ranch (40 mila ettari), Scott Briggs, un patriarca cinico e crudele, vedovo e padre di tre figli ai quali sta per lasciare tutto in eredità (anche qui una divagazione con inutile sorpresa). Nella prima scena del film lo vediamo 15 anni prima che sorprende il figlio Ben (interpretato da un bravo James Franco nel suo ennesimo ruolo gay) in intimità col giovane Jimmy. La reazione è spasmodica, con tanto di pistola in pugno, deciso a rifiutare che nella sua famiglia possa trovare posto un omosessuale. Sapremo poi che anche la madre era d’accordo nella decisione di cacciare il figlio da casa (Vai a vivere la tua vita altrove). Dell’amichetto Jimmy non sappiamo nulla, solo che dopo quella sera è sparito dalla circolazione. Tornando all’oggi vediamo la madre di Jimmy che, affranta, chiede alla ranger Samantha di fare luce sulla scomparsa del figlio, un ragazzo per lei adorabile. Samantha (più un robot che una poliziotta) inizia le indagini che portano subito verso il burbero Scott… Con il ritorno a casa del figlio Ben, inizia la seconda trama, quella che entra nell’intimità di una famiglia di imprenditori agricoli che si sta avviando verso la disgregazione. Ben dopo 15 anni di assenza viene richiamato a casa dal padre che vuole annunciare la divisione della sua eredità. Per Ben sembra l’occasione giusta per riprendere rapporti famigliari dei quali ha sofferto la mancanza. Sicuramente una delle scene più belle e riuscite del film è il re-incontro dei tre fratelli, uno dei quali, KC è interpretato da un affascinante Josh Hartnett. Li vediamo in una locanda dove si confrontano con divertimento sull’omosessualità di Ben, in una logica moderna che contrasta con quella piena di pregiudizi sostenuta ancora dal vecchio padre, che però non è isolato, come dimostra la reazione di alcuni clienti del locale (segue furiosa lotta riparatrice). In questa trama un’altra scena coraggiosa ed efficace è il confronto tra Ben e il padre sullo stesso tema. Ben vuole capire se il padre sia cambiato, se cioè abbia superato o meno l’astio omofobico. Vorrebbe ricongiungersi al padre senza dover rinnegare nulla di se stesso. Così gli chiede se conosce quello che succede quando lui è a letto col suo amante, cosa fanno di preciso. Scott non vuole capire la domanda, troppo precisa ed intima, ma Ben insiste…
Come dicevamo peccato per alcune divagazioni, come un inseguimento con tragico finale ma senza seguito, o le scene di addestramento equestre dei figli di KC che sembrano degli intervalli, o le storie di immigrati che invadono la proprietà (che probabilmente servono solo a farci capire quanto sia reazionario il boss patriarca), o il riferimento alla corruzione nella polizia, o l’inutile storia di Maria, ecc. Una sceneggiatura che sembra il frutto di tanti tagli e che sembra incapace di concentrarsi, di avere una strada precisa da seguire (fino alla scena finale che risulta incomprensibile per la sua estraneità). Peccato perchè il soggetto era ottimo ed attuale, i protagonisti principali, Duvall, Franco e Hartnett eccellenti, una fotografia (Barry Markowitzche) che cattura assai bene l’atmosfera e l’ambiente di una piccola comunità texana dei nostri giorni (sebbene il film sia stato girato nello Utah).
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Maggio 2020, nel catalogo Netflix non trovo questo film. Perchè?
Perché fa troppo schifo, anche per netflix
Ma chi era l’uomo con la Ranger e il figlio nel finale?