Nato con la gobba e abbandonato in un orfanotrofio, Jung è stato adottato da una donna che lo tiene nascosto in una soffitta e lo usa solo come uno schiavo nel suo negozio d’abbigliamento. La matrigna ha anche un figlio con il quale Jung ha un rapporto di odio e amore. Diventato adulto, Jung lavora presso l’obitorio, con il compito di ricomporre i cadaveri, in particolare deve vestire quelli che non hanno i soldi per pagarsi un funerale. Il suo è un lavoro nobile che giornalmente lo porta a essere l’ultimo essere vivente che in silenzio incontra i morti, in un misto di realtà e fantasia in cui i corpi senza vita si trasformano in amici e modelli per le composizioni che lui definisce opere d’arte. Jung deve prendere medicine in dosi massicce per combattere la tubercolosi e l’artrite. Nel frattempo assistiamo al dramma del fratellastro che si sente donna e vuole cambiare sesso. Jung vuole fare di tutto per aiutarlo e inizia la preparazione del suo capolavoro finale, un ultimo regalo che evidenzi il suo odio e amore… Il regista Jeon Kyu-hwan spiega così l’essenza del film: «Attraverso la figura di un gobbo di nome Jung, che sin dalla nascita prova un forte dolore, e quella dei vari personaggi che lo circondano, ognuno con i propri traumi, ho voluto raccontare il peso della vita che gli uomini si portano dentro, in forma di “fantasia grottesca”». Il film viene presentato in anteprima mondiale alla nona edizione delle Giornate degli Autori (un po’ l’equivalente di Directors’ Fortnight di Cannes) della Mostra di venezia 2012 dove rappresenta per la prima volta la Korea del Sud. Concorre anche per il Queer Lion Award.
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