Il film, in concorso alla Mostra di Venezia 2013, è tratto dal romanzo omonimo della stessa regista, vincitore del Premio Vittorini nel 2009, che racconta una vicenda quasi grottesca che parte dall’incrocio tra due auto in via Castellana Bandiera a Palermo.Via Castellana Bandiera è una strada stretta tra il mare e la montagna, talmente piccola che due automobili non riescono a passare contemporaneamente. Samira (Elena Cotta), un’anziana albanese trapiantata nella famiglia palermitana dei Calafiore, con la sua macchina ostruisce il passaggio all’auto con cui si muovono Rosa (Emma Dante), palermitana trapiantata a Milano per via delle incomprensioni con il padre, e la compagna milanese Clara (Alba Rohrwacher), arrivate in città per il matrimonio di un amico. Poiché né Samira né Rosa vogliono arretrare, tra le due automobiliste si scatena una disputa che attira le attenzioni di tutti gli abitanti della via, subito pronti a intervenire con le loro osservazioni. A far da intermediatore ci prova senza troppo successo il giovane Nicolò Calafiore, l’unico di cui Samira si fida, mentre tra gli astanti si aprono le scommesse su chi cederà per prima. Stanca di rimanere sotto al sole in una situazione per lei inconcepibile, Clara chiede a Nicolò di accampagnarla con il suo scooter in un giro per Palermo… Emma Dante, intervistata da Maria Pia Fusco su La Repubblica, dice: “non è stato un passaggio traumatico [dal libro al film], è una storia che ho scritto io, legata alla metafora che appartiene al mio teatro, c’è la stessa immobilità , la stessa umanità che si scontra, anche se niente cambia. È una storia legata a Palermo, ma per raccontare il mondo“. Nel film la coppia lesbica, Rosa e Clara, è interpretata dalla stessa Emma Dante e da Alba Rohrwaher, così presentate da Emma: “Io e Alba, siamo una coppia e mi piace il divario di età tra due che convivono. Nel raccontare l’omosessualità c’è sempre il rischio di presentarla come una fuga da qualcosa, dall’assenza del maschio soprattutto, siccome non c’è il maschio facciamo i giochetti tra di noi. Tra noi non c’è ambiguità, è un rapporto maturo, consapevole. Samira è anziana, viene da Piana degli Albanesi, il paesino dove gli albanesi conservano le tradizioni. È forte, ha avuto una vita dura, vuole morire, non parla, è avvinghiata al volante, vuole ripartire e finire con l’auto nel burrone. Rosa interrompe la sua strada verso la morte… Per Rosa lo scontro con lei è anche l’occasione per riflettere, fare il punto con se stessa. Se ti fermi davanti ad un essere umano non puoi che guardarlo negli occhi, cosa che nella vita non facciamo più, non abbiamo tempo. Rosa ha tempo e, attraverso l’osservazione dell’altra, riscopre se stessa. E forse evoca l’immagine della madre, che non ha più visto da quando ha lasciato Palermo e la sua famiglia, che non accettava la sua omosessualità, non la capiva“.
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Un western contemporaneo, palermitano, dove sono le donne le protagoniste; gli uomini ci sono (adulti e minorenni, brutali e selvaggi) ma fanno solo da contorno. Un film alla fine del quale si resta attoniti e agghiacciati, fermi lì alla fine della strada a vedersi venire incontro tutta una variegata umanità. Il senso del grottesco permane per tutta la durata del film, non riesci a non pensare “no, è assurdo, non potrebbe mai succedere!”, eppure si finisce per farsi coinvolgere dalla plausibilità di questa follia, di questa tragedia che è personale (le vicende delle due donne e il loro fronteggiarsi/rispecchiarsi) ma anche collettiva. Non lo so se sia una metafora dell’Italia, una metafora dell’immobilismo e una metafora della pulsione di morte, così come ho capito invece che la strada che alla fine si “allarga” non è errore registico ma metafora appunto di qualcosa, una metafora forse troppo didascalica. La vicenda lesbica fa solo da sfondo; ci si potrebbe chiedere: cosa sarebbe cambiato se fosse stata una coppia etero? E invece mi accorgo che sarebbe cambiato, e molto. Non so perchè. Mi piace anche che le due donne amanti siano state tratteggiate in maniera non stereotipata, seppure senza troppo indugiare su di loro e sulla loro relazione. E’ un film – comunque difficile – che vale la pena vedere, se non altro per restare salvificamente sconcertati e farci smuovere qualcosa dentro.
Premetto che avevo prima letto il libro che mi era piaciuto moltissimo. Detto ciò il film mi ha delusa, perché vengono meno le personalità dei personaggi ben delineate nel libro. Sarà anche metaforico e con delle brave attrici (concordo sul premio vinto da Elena Cotta per il ruolo di Samira) ma me l’aspettavo diverso