“Vergine giurata”, opera prima di Laura Bispuri con protagonista Alba Rohrwacher, è l’unico film italiano in concorso alla 65esima edizione del Festival di Berlino. La pellicola, tratta dall’omonimo libro di Elvira Dones, è una coproduzione di Italia, Francia, Svizzera e Albania e racconta la storia di una ragazza albanese costretta a travestirsi da uomo per avere un po’ di libertà. Sinossi ufficiale: La storia ha inizio sulle ‘montagne maledette’ dell’Albania del nord, 30 anni fa. Un mondo a parte, una società patriarcale dove vige il codice Kanun che regola la vita di tutta la comunità delle montagne, basato sulla vendetta di sangue, sull’onore e sui clan familiari. Nel Kanun c’è scritto cha la donna è un otre che deve solo sopportare. Qui nasce Hana, una giovane che vorrebbe urlare al mondo ‘io sono libera, forte e donna’ e si scontra con questa società arcaica. Hana perde i genitori e viene adottata dagli zii dove cresce insieme alla loro figlia, la cugina Lila. Due ragazzine che hanno lo stesso spirito d’evasione, ma le cui strade si dividono. Lila scappa da un matrimonio combinato. Hana, legata alla famiglia che l’ha accolta, in particolare allo zio che avrebbe voluto un figlio maschio, non ha la forza di andarsene ma deve fare i conti con la sua natura ribelle in quel mondo così arcaico. Decide così di diventare una ‘vergine giurata’. La donna in quei paesi ha la possibilità di fare un giuramento davanti a 12 vecchi del villaggio: prendere il nome di un uomo, indossare i vestiti maschili e così essere libera come lo sono gli uomini, a condizione che neghi per sempre la sessualità e l’amore, rimanendo vergine per tutta la vita. Hana trascorre da sola ben 10 anni tra quelle montagne, ma un giorno, dopo aver perso entrambi gli zii, Hana raggiunge l’Italia dove c’è la cugina Lila e sua figlia Ionida, una ragazzina che fa nuoto sincronizzato, avendo un’idea della femminilità perfetta. Attraverso queste due figure Hana fa un percorso di micromovimenti per riprendersi la parte di femminilità che aveva rinnegato per tanti anni, fino ad avere un contatto con un uomo ed essere pronta ad amare… La regista, intervistata da La Repubblica, ha dichiarato: ” Alba, bravissima, nel film ha i capelli corti all’indietro (ma non volevo fare cose banali), veste abiti maschili, imbraccia il fucile… La storia affronta il tema della doppia identità ma al tempo stesso mi sembra una realtà poco conosciuta, con una sua forza, in cui ho potuto mettere tanto di me, con una forte emotività; i miei lavori hanno a che fare con personaggi femminili in rapporto all’identità e alla libertà. La preoccupazione era di toccare una cultura arcaica non propria. Quelle montagne sono un altro mondo rispetto a Tirana… In Albania si chiamano burnesha , vuol dire donna-uomo. La loro non è una scelta d’amore: è la negazione dell’amore. Una mi ha detto: per me l’amore è la morte. Sono uomini trattate come uomini, fedeli alla loro decisione, 200 anni fa chi la rinnegava finiva al rogo. Le loro storie sono tutte diverse, lo diventano perché non ci sono fratelli maschi in famiglia, o perché non accettano l’idea delle nozze combinate, altre ancora si sentono maschi dentro”.
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Film di denuncia e di riflessione, che non spettacolarizza il dolore ma lo culla, prende per mano lo spettatore e lo guida nel mondo di Hana, i suoi occhi diventano i nostri. Il viaggio di una combattente sulle strade di una sofferenza che lotta per ritrovare un corpo, un’identita’, una possibile gioia di vivere. Alba sei fantastica!!!! La più brava attrice drammatica che abbiamo oggi in Italia!