“Londra. Carol Hammond sogna di uccidere la vicina Julia Durer dopo un amplesso lesbo. Quando quest’ultima viene assassinata, i sospetti convergono su Carol. Dopo il successo di Una sull’altra (1969), Fulci torna al genere su consiglio del produttore Edmondo Amati. Il budget è buono, la libertà creativa consistente, la co-produzione solida. Il “terrorista dei generi” scrive assieme a Roberto Gianviti e Ottavio Jemma (revisione) un copione che frantuma i canoni a beneficio di un approccio psicologico, condotto sprofondando la base familiare del sexy-giallo in un gorgo tutto individuale. La centralità dell’intreccio viene decostruita a beneficio dell’incoscio di Carol, personaggio il cui perenne conflitto – tra libertinismo psichedelico e rigore borghese – diventa riduzione in scala di una tensione socio-politica epocale. L’autore scrive addirittura un finale astratto, scartato dalla produzione a vantaggio della chiusa razionale. Poco importa, visto come lo script riesce a portare alla luce i numeri primi inconsci del genere: sesso e violenza, che nella messa in quadro deflagra in possenti vibrazioni splatter e gore. Per agganciare la neonata moda animalesca, all’iniziale titolo La gabbia Amati sostituisce La donna dalla pelle di serpente, a sua volta accantonato a beneficio di una più suadente lucertola. Il film, girato a Londra e dintorni in dieci settimane, segue però traiettorie molto diverse da quelle di Dario Argento ed epigoni, come testimoniato fin dal prologo in cui Carol si immagina assediata da corpi nudi e precipita in una caduta su fondo nero al rallentatore tra vertigini oniriche, pulsioni saffiche, sensi di colpa e sangue. Puro Fulci e vero cinema d’autore.” (Claudio Bartolini, FilmTv)
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