Varie
The story unfolds during the week prior to the arrival of aliens on the Earth. An arrival announced by the world’s governments. Late fringe news which doesn’t interest anyone. On arrival the aliens find a nation which is tired and disillusioned, steeped in economic crisis. The reaction caused by the arrival of these extra-terrestrials ranges from racism to bizarre mystic-religious interpretations. This is the setting which hosts the story. The film, however, is not about the population. It follows the life of Luca Bertacci; a man with huge relational problems, his only true friend is a transsexual he’s been knowing since his childhood, a bond fortified through the years, her (him, back then) being the only one in the neighborhood not to find the kid quirky and strange. After being abandoned by his mother when he was very young, he grew up hating women. Diffident, but above all, devoid of emotions. The presence of the extra-terrestrials changes everything. The arrival of these aliens is so like the “final judgement“ (to punish selfishness, greed, male chauvinism, transphobia) and yet, by the end of the film it’s almost impossible not to believe that they came to Earth just for him. Like a gift.
NOTE DI REGIA:
Ho sempre pensato che per raccontare la realtà in modo fedele la si dovesse tradire profondamente.
Sono pure convinto che sia quasi inutile tentare di descrivere la contemporaneità raccontando la contemporaneità, visto che i tempi di mutazione sono talmente rapidi che qualunque “oggi” diviene “ieri” nel tempo necessario a scriverne la parola.
Per ovviare a questa trappola la nostra storia è ambientata nel futuro.
Solo qualche anno in avanti. Diciamo tre. Non di più.
Un’Italia dopo l’Italia, insomma, che ci permetta di giocare a immaginare la deriva estrema che una condizione sociale potrebbe raggiungere, questo è l’intento.
Gian Alfonso Pacinotti
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Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, ha basato il suo L’ultimo terrestre, in concorso (con onore) alla Mostra del cinema di Venezia, su Nessuno mi farà del male di Giacomo Monti, fumettista come lui: una storia in cui gli alieni arrivano sulla terra per sistemare quello che non va, «come angeli redentori. Non mi interessa la fantascienza, per questo ho voluto i miei alieni come li hanno raffigurati gli ufologi, in modo banale e volutamente naif», dice Gipi.
Ma in Italia c’è bisogni di alieni redentori? «Affidare la speranza disperata che cambi qualcosa ad un avvenimento mistico mi sembra quantomeno infantile. Del resto da ragazzino ho ricevuto un imprinting di malvagità che ha condizionato tutta la mia visione del mondo: l’ho raccontato ne La mia vita disegnata male. E il protagonista de L’ultimo terrestre si salva solo perché, su un personaggio così infantile, è impossibile passare giudizio».
Perché è così passivo davanti agli eventi? «Tutti i miei personaggi lo sono, anche nei fumetti. È un mio vizio: racconto due occhi testimoni di ciò che succede intorno senza possibilità di intervento». Chi sono i suoi modelli cinematografici? «A 15 anni sono stato folgorato da Eraserhead di David Lynch. È in quel momento che ho cominciato a sperare di diventare un regista». Lei ha fatto teatro, disegna fumetti, dirige cortometraggi. Crede nella contaminazione delle arti? «Mi piacerebbe mettermi alla prova in tutti i campi artistici, ma non è tanto una scelta artistica quanto una questione di carattere: non sono mai stato capace di restare fermo». (Paola Casella, Europa)
CRITICA:
La regia di Gipi tenta immediatamente di istituire un regime dello sguardo alieno sulle cose del mondo, ma si ferma irrimediabilmente sulla soglia del cinema restando ancorata ad una fruizione filmica da graphic novel. Una prospettiva dall’alto verso il basso (il lettore che legge un libro) e mai a misura d’uomo (visione spettatoriale “proiettata” verso uno schermo vivo) che fatica terribilmente a far respirare un film rinchiuso in un’esperienza prettamente intellettuale e quasi mai emozionale (Pietro Masciullo, Sentieriselvaggi.it)
È un piccolo oggetto cinematografico non identificato questo esordio alla regia di Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, che di professione fa il fumettista ma ha qui scelto di adattare per il grande schermo una graphic novel in venti episodi dell’amico e “allievo” Giacomo Monti (Nessuno mi farà del male). L’Italia è ormai tanto anestetizzata sia al bene che al male (sic!) da non sussultare più nemmeno per l’annuncio di un evento tanto straordinario, anche perché questa, nel mondo immaginato dagli autori, è probabilmente solo una delle svariate crisi e catastrofi che hanno già ridotto il paese a uno scenario postapocalittico (ma, non trattandosi né di Indipendence Day né di Armageddon, i segnali della recessione sono, ad esempio e molto modestamente, l’impiego di preservativi non usa-e-getta…). Stavolta, però, gli umani non potranno restare insensibili, perché gli alieni porteranno un rinnovamento inaspettatamente simile a un giudizio universale o a una pagina evangelica, cosicché Luca, ultimo tra i terrestri, si ritroverà ad essere il primo abitante di un pianeta rigenerato. Detto così, in effetti può sembrare un po’ stucchevole e naïf, eppure il consesso che Gipi mette in scena è tanto credibile e fedele nella sua stralunata ripugnanza da tramutare l’arrivo degli alieni in una necessità civile. Poi, certo, Gipi vola basso e rimane addosso al dramma umano di Luca, senza pontificare oltre, così che L’ultimo terrestre rimane un piccolo film realizzato con cura ed entusiasmo – gli stessi con cui immaginiamo abbiano messo insieme la gommapiuma per fare l’alieno – da uomini non-di-cinema che se ne fregano del realismo spicciolo. Sono questi UFO che ci salveranno? (Elena Gipponi, Duellanti.com)
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