“Tras el cristal” è un film maledetto, un film scomodo, paurosamente gelido
nel mostrare l’orrore e il bieco sentimento della vendetta. Klaus è un gerarca
nazista che nutre un’insana passione nell’abusare e nell’uccidere bambini.
Nella sua follia, con la guerra agli sgoccioli e la conseguente caduta del
reich, l’uomo decide di suicidarsi, dopo un ennesimo stupro ed assassinio di un
giovinetto, ma ottiene solo di restare paralizzato e di dover vivere
all’interno di un polmone d’acciaio per il resto della sua esistenza. La
moglie lo assiste, assieme alla figlioletta, in una villa dove la famiglia
tedesca si è rifugiata per sfuggire al tribunale di guerra. Un giorno,
d’improvviso, un giovane di nome Angelo si presenta nella casa e, spacciandosi
per infermiere, riesce ad infiltrarsi pretendendo di prendersi cura di Klaus.
Il giovane altri non è che una ex vittima di Klaus, stuprato da bambino, che
reca impressa nel viso, vicino ad un occhio, una cicatrice (forse la
conseguenza di una ferita ricevuta dall’uomo). Da questo momento in poi, si
scatenerà una progressiva spirale di orrore e di morte. Diretto e fotografato
in modo impeccabile e con predilezione assoluta per le tonalità fredde, “Tras
el cristal” è un film shockante, che colpisce gli occhi, la mente e lo stomaco.
La tematica scabrosa è materiale incandescente fra le mani del regista che con
eleganza e freddezza ci pone nella posizione di “dover/voler” guardare per
forza gli eventi. Nulla è particolarmente esplicito, ma ciò che viene celato, o
mostrato in modo più o meno velato, fa più male che se venisse sbandierato a
tutto schermo. L’atmosfera corrotta si muove di pari passo con la corruzione
delle anime dei personaggi, vittime e carnefici al tempo stesso, ognuno con un
passato crudo che li marchia a vita. Klaus, larva umana, orrido carnefice del
passato mai totalmente redento e Angelo, volto e corpo glabri, con un demonio
che si dibatte all’interno del cuore. (F.T.)
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