Folgorati sulla via di Caracas! Il film “Desde allà”, opera prima di Lorenzo Vigas, autore già segnalatosi per l’apprezzato corto “Los elefantes nunca olvidan“, nonché primo titolo venezuelano a partecipare in concorso alla Biennale Cinema di Venezia, ci ha letteralmente conquistati. Sapevamo che in fase di selezione aveva entusiasmato anche il direttore Alberto Barbera, ma ora che l’abbiamo potuto vedere di persona ne capiamo appieno le ragioni! Melò teso come un noir e al contempo straordinaria metafora dell’America Latina contemporanea si serve del tema omosessuale per narrare ben più di quanto non mostri. Al centro della vicenda troviamo Armando, tecnico odontoiatrico oltre i 50 che lavora in un appartato laboratorio della megalopoli, oasi di tranquillità nell’infernale caos della periferia cittadina. E’ single, di carattere solitario e chiuso, ha una sorella con cui è in disaccordo perché lei vuole adottare un figlio, si divide tra il lavoro e la casa, e si concede frequenti svaghi sessuali adescando a suon di bigliettoni ben esibiti i ragazzotti che bazzicano la stazione degli autobus. Li porta nel suo salotto, li mette al centro della stanza di schiena in modo che non possano vederlo, e mentre lui si posiziona sul divano li fa spogliare e si masturba ammirandone le nudità posteriori. Sempre a distanza (come suona il titolo del film) e assolutamente senza mai un contatto fisico. Talora va pedinando nei quartieri alti un ricco e anziano borghese che vediamo accompagnato ogni volta da un qualche bambino di età prescolare e al quale si intuisce è legato da un mistero del passato. Il fato lo mette in contatto con Elder, adolescente alfa dominante nel gruppo dei ragazzi del barrio, sfrontato e violento (l’attore 19enne Louis Silva che ha vissuto in prima persona la violenza della vita di strada), occasionale garzone d’autofficina, impegnato a sopravvivere con le sue sole forze, giorno dopo giorno, nella giungla della vita urbana. Dopo il primo drammatico incontro in cui il giovane deruba e massacra il volto dell’adulto, si instaura tra i due un rapporto travagliato e complesso che li porta passo passo ad aprirsi e confidarsi reciprocamente. Elder si dimostra un ragazzo in cerca di una figura adulta di riferimento, Armando di contro rivela che vorrebbe vedere morto il proprio anziano padre che ancora vive (è l’elegante borghese pedinato di nascosto). Fino a quando per dimostrargli il suo affetto e la sua gratitudine per avergli salvato la vita ed essersi sentito trattato per la prima volta da essere umano, il giovane si fa carico in segreto dell’omicidio del vecchio. Il dramma non può che essere dietro l’angolo e dopo il primo totale rapporto sessuale tra i due piomba un epilogo amarissimo che non è bene qui svelare, avendo già detto fin troppo della trama. L’aspetto gay si sviluppa in particolare nel percorso di avvicinamento reciproco tra l’adulto e il ragazzo, nella frantumazione del reciproco isolamento emotivo, ma non si pone come la forza trainante del film. Il tema fondante è il rapporto maschile tra generazioni, il rapporto padre-figlio. Armando vuole cancellare la figura paterna; il segreto della sua vita lasciato nell’ombra dal regista è un probabile abuso sessuale subìto nell’infanzia da parte del genitore. Da lì deriva il suo odio, da lì il desiderio di corpi maschili, da lì il timore consapevole di replicarne le azioni e le conseguenze su altri giovani. Elder viceversa va cercando la presenza di un padre adulto, che gli sia di guida e di sostegno; dunque la tragedia esplode proprio dallo scontro di tali opposte tensioni affettive. Il tutto calato in una Caracas mirabilmente filmata in ogni suo differente quartiere, i popolari, le faveals, i blindati residence per vip, e che si rivela vera protagonista della storia, ben più di un’ambientazione scenografica. Tra le sue strade e i suoi palazzi l’attuale generazione degli adulti vive una vita castrata avendo subito la totale violenza civile, economica e politica da parte della precedente generazione ed è consapevole di avere, come lascito per i propri figli, solo una totale miseria morale e materiale. E Caracas si fa l’intero Venezuela e il Venezuela si fa l’intero Latino-America. VOTO: 9/10 (Sandro Avanzo)
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Concordo … la storia è pessima.
Alla fine (scontatissima !!!) il tasso di noia ha prevalso.
Fa proprio mostra di Venezia questo film, fa bene agli etero bene che vogliono sentirsi bene nel loro mondo per bene : di gay non c’è nulla in questo film, di come i cosiddetti intellettuali etero vedono i gay c’è proprio tutto !
A chi scrive “E Caracas si fa l’intero Venezuela e il Venezuela si fa l’intero Latino-America” vorrei dire che a mio parere poteva proseguire la frase con ” e l’intera Latino-America si fa intero Occidente” … e sai che novità aggiungerei. Se una storia gay rabberciata serve a raccontare il rapporto padri-figli degli anni 2010, beh … speriamo che gli etero si estinguano in fretta !
Una grande regia per una storia che non mi ha convinto, e questo lo dico subito.
Quello che per i moltissimi che lo hanno apprezzato è solo un errore veniale, per me è stato fondamentale: la storia ha troppe falle. Per me è impossibile che un etero, un pasoliniano ragazzo di strada che vive facendo a botte, rubando e picchiando, si possa invaghire nel giro di qualche settimana di un uomo sulla sessantina. Baciandolo pure con passione. E’ un innamoramento troppo repentino che incrina il valore di questo racconto basato su una sorta di redenzione del ragazzo.
Armando, uomo maturo che vive a Caracas lavora in uno studio dove si costruiscono protesi dentali, conduce una vita piatta ed ha frequenti e fugaci incontri sessuali con ragazzini dai quali pretende solamente che si spoglino, si eccita guardandoli, niente effusioni e nessuno scambio di fluidi corporei. Ha un pessimo rapporto col padre – appena tornato in città – ma il motivo di questo odio non viene mai spiegato (dalle numerose foto della madre che ha in casa si può pensare che avesse con lei un rapporto speciale e che il padre l’abbia fatta soffrire, ma è solo un’intuizione).
In uno dei suoi soliti adescamenti conosce Elder, giovane poco più che adolescente (bravo l’attore) che conduce una vita sgangherata, un personaggio tipico nel cinema, soprattutto gay, perchè tipico anche nella realtà delle strada e delle metropoli, soprattutto nel sud del mondo.
Il loro rapporto lentamente si evolve grazie alla generosità di Armando che, dal pagare le prestazioni sessuali, passa ad occuparsi delle vita di Elder fino ad accudirlo e ospitarlo in casa dopo un pestaggio che lo aveva portato in fin di vita. Il finale è un’escalation di questo legame ed arriva ad un epilogo che, purtroppo, avevo immaginato già da metà film.
La regia di Vigas è strepitosa, quadri con fotografia ottima, primi piani di volti disperati che sottolineano la narrazione del film (bravo tutto il cast) ma resto dell’idea che la storia non funzioni, di storie simili e ben più credibili ce ne sono a bizzeffe, la Virgen de lo sicarios, su tutte, presentato a Venezia una ventina d’anni fa e in cui il rapporto, anche se approfondito, restava sempre realisticamente mercificato.