Il cinema queer australiano ci sta regalando degli ottimi film, come Holding the Man, Downriver, Cut Snake, 52 Tuesdays, Drown, ecc. e questo è senz’altro da considerare tra i migliori della lista. Si tratta di un debutto nel lungometraggio di un autore, Craig Boreham, che con diversi corti (tra i quali “Ostia – La notte finale” dedicato a Pasolini) é giá stato selezionato e premiato in diversi festival internazionali, come Cannes, Berlino, ecc.. La tematica del film è ancora quella dell’adolescenza e del passaggio all’età matura, ma vista con sfumature e agganci molto particolari, frutto anche dell’esperienza personale del regista che ha dichiarato che fare questo film ha significato anche un suo personale passaggio alla maturitá. Cosa non difficile da credere vista l’intensità e il realismo che il film ci comunicano. La storia è centrata su una famiglia d’immigrati ungheresi che vive nei sobborghi di Sydney. Nei primi minuti del film vediamo due amici, Miklós (Miles Szanto) e Dan (Daniel Webber) che si fanno con una pipa ad acqua e che si masturbano davanti ad un porno lesbico mentre il padre sta preparando la cena in cucina. Mik ha un fratello più anziano, Tomi (Nadim Kobeiss), che poco dopo vediamo morire in un incidente d’auto (legato anch’esso alla masturbazione), del quale Mik si sente responsabile. Tomi lascia nella disperazione, oltre alla famiglia, anche la fidanzata Annuska (Shari Sebbens), per di più in cinta. Mik entra in una crisi profonda, con la madre che gli ricorda di non valere nemmeno la metà del fratello e il padre che si allontana sempre più. Gli rimane l’amico Dan (Daniel Webber), col quale da sempre sognava di fuggire al nord con la sua macchina dove iniziare una nuova vita, piena d’avventure, e lontani dai genitori che li assillano. Ma Dan sembra diventare il suo vero problema, soprattutto quando Dan inizia a frequentare una nuova ragazza, Phaedra (Charlotte Best). Mik inizia a capire di essere innamorato dell’amico e di non polerlo perdere… Il regista ha dichiarato di essere partito con l’idea di fare un film sul risveglio sessuale di un adolescente, e quindi sul suo cammino verso la maturità, ma nel corso della progettazione ha capito che era più importante focalizzarsi sulla tematica del dolore e della perdita, elementi che prima o poi, in un modo o nell’altro, arrivano a toccare chiunque. “Spesso l’Australia vista sullo schermo è luminosa, bionda, occhi azzurri, ma in realtà le cose stanno diversamente, e io ho voluto essere più veritiero. Ho scelto il protagonista Mik anche perchè discendente da una famiglia d’immigrati ungheresi. Con lui e con gli altri membri del cast ho voluto discutere delle loro esperienze adolescenziali, di come vedevano il mondo al quale stavano affacciandosi, partendo dalla realtà di ambiente ed esperienze che hanno vissuto nel loro angolo di città. Sydney ha una forte comunità gay ma non bisogna andare molto lontano dal centro per trovare ragazzi che non possono fare nessuna esperienza gay, che non conoscono nulla di quanto la città potrebbe offrire loro. Nel film ho voluto mostrare questi angoli di città, che nessuno ha mai portato sullo schermo, con l’eccezione dell’Opera House, che è un piccolo cameo, ma del suo lato peggiore”. Ottime le interpretazioni e la fotografia (ci ricorda i film di Gus Van Sant). Premiato dal pubblico al Sydney Film Festival.
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