Tremate, tremate, le streghe son rinate! Il rifacimento/omaggio che Guadagnino fa dell’originale di Argento non è un semplice remake; lo si sapeva da tempo. Dal cult del ’77 prende i personaggi principali (comprese le fondamentali tre madri), l’ambientazione della scuola di danza, talune situazioni para-horror auto-ridicolizzate da divertenti effetti speciali da b-movie anni ’50 (come la mano da alieno da scherzo di carnevale); e alla fine, da regista di classe, realizza un’opera del tutto originale e autonoma. Guadagnino ri-ambienta la storia nella Berlino del ’77, epoca di guerra fredda e di Muro ancora diametro divisivo di tutta la città e rilegge gli eventi che va a filmare alla luce degli scritti di Lacan, per altro esplicitamente citato sia in sceneggiatura che in un paio di scene. Ne risulta un’opera molto ricca, stratificata e complessa, che mette la maternità nelle varie sue forme alla base della narrazione, si focalizza sul senso femminile del sociale, indaga sulla creatività della donna. Si esce di sala con l’impressione di aver visto un’opera che necessita di più di una visione per essere apprezzata nel suo reale valore.
Di certo si percepisce di trovarsi davanti a un lavoro queer per lo spirito e per il barocco delle immagini più che a un film lesbico in senso specifico. In una sola scena si ascoltano le parole “ti amo” tra un’allieva e la direttrice della scuola, ma potrebbero essere anche frasi di semplice affetto e di rispetto senza alcuna valenza erotica, e del resto anche la tavolata di sole donne che bevono e si divertono tra abbracci e tenerezze rimandano più alla sorellanza e all’affiatamento femminista che non ai tirsi di menadi infoiate. Assai più camp risulta invece il coinvolgimento nel cast di interpreti icone di culto nel mondo gay come Tilda Swinton, Angela Winkler o Ingrid Caven (moglie di Fassbinder). Costei, a metà pellicola, canta a cappella una Ninna Nanna di Brahms da assoluto brivido. Questa sola sequenza vale il biglietto di ingresso sala al film. (Sandro Avanzo)
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