Il film vuole essere un omaggio del regista Steve Balderson al cinema noir di ambientazione carceraria femminile. Riproducendo fedelmente il genere con un moderno tocco ironico, il film rispetta tutti i luoghi topici del genere carcerario, compreso un’eroina ingiustamente accusata, prigioniere incattivite, alleanze diaboliche, amori proibiti, zuffe che coinvolgono dolci ragazze, custodi sadiche e guardie carcerarie corrotte. E’ la storia di Daisy, una giovane innocente donna accusata di aver ucciso la madre per la testimonianza oculare di una vicina di casa, mentre in realtà stava cercando di salvarla dal suicidio. Condannata dalla stampa e dal pubblico, viene ritenuta colpevole dalla giuria con una sentenza di morte per impiccagione. La vera storia che il film vuole raccontarci inizia ora, con Daisy dietro le sbarre in un accavallarsi di situazioni scopiettanti dove diventano protagoniste anche le sue compagne di carcere. Il film trasporta lo spettatore in un’altra era, usa la verbosità concisa tipica delle opere di Tennessee Williams, si dipana in un susseguirsi di azioni tra bad-girl, gelosie e qualche disssolutezza che impediscono allo spettatore di distinguere tra cosa è bene e cosa è male. Il film, tutto in bianco e nero meravigliosamente fotografato, ci regala una delle scene d’amore lesbico (tra Daisy e Dutch) più dolci e commoventi mai viste al cinema (e forse nella vita), nonostante le due donne siano vestite e arrivino solo a tenersi le mani. Un capolavoro nel suo genere.
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